i 100 passi
21 Marzo 2010 Share

i 100 passi

 

LIBERA Molise continua gradualmente a fare i suoi 100 passi nella città di Campobasso e nella regione molisana con l’obiettivo dichiarato di potersi radicare in una realtà socio-economica una volta definita area prevalentemente democristiana e cattolica moderata – come a dire abitata da  “gente per bene”, religiosamente legata alla chiesa cattolica e politicamente al carrozzone del moderatismo e del perbenismo dominanti – ma oggi dichiaratamente omologata al resto del paese  sia sotto l’aspetto culturale (una specie di “reductio ad gravia limina inanis mentis”, che vuole indicare un atteggiamento verso la vita fondato sui dis-valori dominanti, come ad esempio il rifiuto dell’altro come “scarto umano”), sia sotto l’aspetto sociale e politico (disillusione nei confronti della politica indicata come uno strumento di interessi personali e di benessere economico); sia, infine, sotto il profilo etico per il quale il limite segnato tra il bene e il male, tra il lecito e l’illecito,  è stato annullato con la conseguenza di una illegalità dominante a tutto campo e di un utilitarismo personalistico ed egoistico che spaventa ormai tutti…

La cultura e la prassi della liceità di ogni cosa segnala ormai una minaccia mortale per la nostra società, pericolo che appare come una metastasi diffusa in tutto il corpo della società odierna.

L’agonia civile è determinata dal disinteresse crescente verso gli accadimenti quotidiani (“non m’interessano le faccende degli altri”, “penso soltanto ai fatti miei che devo assolutamente risolvere”, etc.), dalla disistima nei confronti di altri soggetti (ognuno di noi suppone di essere al centro dell’universo, mentre gli altri sono satelliti esangui che ruotano, appunto senza pulsioni, attorno alle orbite del “nostro pianeta”, della “nostra individualità”), dalla presunzione che gli “altri”, “gli altri da noi” cioè gli ultimi, gli indigenti, gli immigrati in buona sostanza, siano socialmente pericolosi e quindi da tenere sotto controllo con norme che sprigionano l’egoismo di classe, la paura, quindi l’intolleranza, l’odio fobico nei confronti di costoro che sopraggiungono in Italia e sono pretestuosamente indicati come individui che rubano il lavoro e la casa agli italiani (!), quindi come quelli che obbligherebbero le istituzioni a disperdere al vento le risorse economiche necessarie al raggiungimento di taluni obiettivi civili, che una società dovrebbe naturalmente perseguire.

Ed invece no! Dominano la paura e l’insofferenza per lo zingaro, per il rom, per l’europeo e l’extraeuropeo non abbiente, considerato contagioso, ostile, incapace di integrarsi nel tessuto sociale della nuova realtà.

In questo ambito necessariamente deve esprimersi e deve consistere la nostra battaglia culturale e civile; in questo ambito dobbiamo osare di riequilibrare i rapporti culturali fra le classi sociali e fra quanti desiderano stabilirsi in Italia, considerandola una nazione civile ed ospitale.

Ma perché siamo al fondo del barile, che contraddistingue l’atteggiamen- to di piena ostilità e di rancoroso odio nei confronti di tutti coloro che sono indicati come indesiderati?

La mondializzazione dei commerci e dell’economia ha abbattuto sì le barriere e gli steccati, ma nel contempo ci sentiamo come dinanzi ad un orizzonte sconfinato ed oscuro, dirigersi verso il quale suppone che andiamo incontro allo smarrimento come soggiogati dalle smisurate onde dell’oceano…

Di qui,  nasce una domanda: perché noi abbiamo bisogno sempre di protezione e di riparo?  Perché sopraggiungono le fobie legate alla scoperta di nuovi mondi e alla tessitura di nuovi rapporti sociali?  

È proprio necessario riprendere in mano il filo di Arianna e della Storia da questo punto; insieme agli altri dobbiamo immaginare che sia raggiungibile la sponda di un altro mondo, di un mondo diverso da quello nel quale viviamo oggi. ☺

bar.novelli@micso.net

 

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