Il sensazionale
1 Maggio 2017
La Fonte (351 articles)
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Il sensazionale

Un anno che si chiude porta inevitabilmente con sé valutazioni, bilanci e l’obbligo, quasi, di porre in evidenza ciò che nel corso dei mesi appena trascorsi è apparso degno di rilievo. Vi segnalo, ove mai ce ne fosse bisogno, che il dizionario inglese dell’Università di Oxford ha proclamato parola dell’anno il termine post-truth, in italiano post-verità, con la seguente definizione: “relativo a circostanze in cui i fatti oggettivi influenzano meno l’opinione pubblica rispetto alle reazioni emotive ed i convincimenti personali”. Su di un ipotetico piatto della bilancia a pesare di più sarebbe dunque l’emozione e non l’oggettività.
Secondo il sociologo Aldo Bonomi si tratterebbe di verità posticcia, basata più che altro su di una “dimensio- ne emotiva, spiazzante e ondivaga”. Qualcosa che ha a che fare con il gioco, il divertimento? Solo un’azione innocua, dunque, per richiamare l’attenzione? Non sembrerebbe, dati alcuni precedenti ben più seri e pericolosi.
Fa bene dunque la filosofa Gloria Origgi a ricordarci che “nel 2003 un’intera coalizione di stati occidentali, Italia compresa, andò in guerra per smantellare l’arsenale inesistente di armi di distruzione di massa di Saddam Hussein contro ogni evidenza presentata dagli esperti come Hans Blix, lo svedese capo dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica, che aveva redatto un rapporto a chiare lettere sostenendo di non aver trovato nessun’arma di questo tipo nelle sue ripetute ispezioni” (il fatto quotidiano, novembre 2016).
Una questione non di poco conto, cui vorrei aggiungere qualche considerazione a partire da un vocabolo inglese, noto soprattutto agli utenti della rete: il termine fake [pronuncia feich].
Quanti frequentano i social media li conoscono bene: sono infatti quegli utenti che non si presentano con le proprie vere generalità, ma costruiscono profili falsi o inventati; protetti così dall’anonimato, possono seguire le conversazioni, carpire informazioni, provocare fraintendimenti o burle, in breve “spiare” gli altri senza essere a loro volta osservati.
Da sempre la rete informatica, una delle “invenzioni” più innovative e confortevoli del nostro tempo – direi irrinunciabile – favorisce purtroppo questi mascheramenti, nonostante tutti i sistemi di accesso controllato, password e codici. Spesso il fake non è altro che uno scherzo, un gioco oppure un metodo per impedire che il pubblico della rete o eventuali malintenzionati conoscano la nostra vera identità e si impossessino dei nostri dati personali. Moltissimi utenti nei social network prendono nomi di fantasia per evitare di essere riconosciuti, magari dal datore di lavoro oppure dai genitori, se minorenni.
Ma fake è diventato anche sinonimo di “falso, fittizio” in riferimento a notizie o narrazioni che hanno qualche o nessun fondamento reale; in gergo vengono dette “bufale”, quindi “post verità”.
Il problema non è nuovo, e non riguarda soltanto la contemporaneità. “Il fatto che la politica fosse il dominio delle emozioni, delle passioni civiche, dei valori, e non della verità, lo sapevano già gli antichi”, rileva sempre Gloria Origgi. Aristotele, in aperta polemica con i sofisti, retori e ”comunicatori” dell’antichità, osservava invece che “ciò che dico è vero solo se corrisponde ai fatti del mondo”. A contraddirlo la post verità ed anche il nuovo universo dell’informazione: esso ha compreso – ahinoi – che per catturare consenso ed attenzione è necessario ricorrere ad altre modalità di comunicazione, come costruire notizie che spesso poco hanno a che fare con la verità. L’obiettivo è quello di offrire “potenziale successo comunicativo” a fatti che, veri o presunti tali, siano in grado di raggiungere un determinato scopo. Paradossalmente circola di più, rimbalza da un canale ad un social, riceve apprezzamento (i famigerati “mi piace”), l’informazione sorprendente, sensazionale; poco importa se quella stessa informazione non corrisponde a verità. Tutti rischiamo di venire intrappolati in questa “rete” che ci autorizza ad emettere qualsiasi tipo di giudizio. È il trionfo del senso comune. Esempi? Ognuno trovi i propri!
Con l’augurio che sappia distinguere tra realtà e post verità e si orienti tra così tante contraddizioni.

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