Il sorbo domestico (Sorbus domestica), della famiglia delle Rosacee, appartiene a quel vasto genere di piante dimenticate, che in passato hanno caratterizzato il paesaggio agrario di ampie zone del nostro Paese. La sua presenza, oggi, nel nostro territorio, si è ridotta a qualche esemplare. Viene per lo più coltivato a scopo ornamentale per la sua bellezza, in quanto, a primavera, è carico di fiori bianchi, sebbene poco appariscenti, e poi di frutti che, sul finire dell’estate o all’inizio dell’autunno, spiccano a mazzetti, all’inizio gialli e successivamente un po’ rossicci. Il sorbo domestico cresce allo stato spontaneo in tutte le nostre regioni, ma soprattutto in quelle mediterranee, dove è diffuso nei boschi e nei boschetti, dalla riva del mare fino a circa 800 m di altitudine. La famiglia del sorbo annovera altre specie – diffuse anch’esse allo stato spontaneo – di interesse forestale e ornamentale, come il sorbo montano o farinaccio, il sorbo degli uccellatori e il ciavardello.
Il sorbo domestico è facilissimo da coltivare, poco soggetto alle malattie e agli insetti nocivi. Perciò è una pianta che, soprattutto nel piccolo frutteto di famiglia, può essere coltivata senza trattamenti antiparassitari. Non vi sono problemi per la propagazione di piante di sorbo attraverso i semi: basta avere pazienza. Ma se si vuole che la pianta assuma uno sviluppo contenuto, ideale nei piccoli giardini o negli orti familiari, è bene innestarla su biancospino o su cotogno.
Le caratteristiche del frutto, un piccolo pomo dal sapore piuttosto allappante, hanno trasformato il sorbo domestico in una semplice curiosità, priva di utilità economica. Ma il forte potere astringente delle sorbe, dovuto all’elevata concentrazione di acido malico, un tempo, ne favoriva l’assunzione sotto forma di decotti contro ogni tipo di dissenteria. Nella civiltà contadina, poi, il sorbo aveva addirittura un preciso ruolo nell’alimentazione autunnale ed invernale.
I frutti, le cosiddette sorbe, se destinate al consumo fresco, immediato, vanno raccolte in piena maturazione, cioè subito prima che comincino a cadere spontaneamente. Se si anticipa la raccolta, quando sono ancora acerbe, esse risultano dure e aspre per l’elevato contenuto di tannino. In questo caso, prima del consumo esse vanno conservate in dispensa sino a quando assumono una consistenza molliccia e un colore tendente al bruno. Solo in questo stato di maturazione è possibile finalmente gustare il sapore dolce e gradevole di questi piccoli frutti dal lieve e duraturo profumo che fa pensare al bosco. Se invece si vogliono conservare le sorbe per consumarle nei mesi invernali, bisogna anticiparne un po’ la raccolta rispetto alla maturazione fisiologica. Per un miglior ammezzimento (cioè la maturazione dopo la raccolta, che provoca un cambiamento di consistenza, colore e sapore dei frutti), si consiglia inoltre di raccoglierle conservando interi i mazzetti, che vanno disposti, assieme ad alcune foglie, sulla paglia, come si usava un tempo nelle campagne. I contadini, per una più lunga conservazione del frutto, raccoglievano le sorbe ancora acerbe, e, dopo averle tagliate a metà, con ago e filo ne facevano delle collane (’i f’lacce), e le essiccavano al sole: erano buonissime anche a distanza di tempo.
Nella tradizione contadina, le sorbe rappresentavano una preziosa scorta di riserva di vitamine e zuccheri naturali durante la brutta stagione; nel periodo invernale, e soprattutto nel periodo natalizio, quelle collane di sorbe appese in dispensa o in cucina diventavano delle vere e proprie leccornie per i bambini, alla stregua delle moderne caramelle. Di qui forse l’espressione «sorbole!», che spesso sentiamo pronunciare, e che sta a indicare stupore e meraviglia.
Il frutto, oltre ad essere essiccato, può essere trasformato in confetture dal gusto raro, anche in combinazione con le mele; in questa veste può essere utilizzato per la confezione di originali dessert, diventando un prezioso elemento nella caratterizzazione della gastronomia agrituristica. ☺
giannotti.gildo@gmail.com
Il sorbo domestico (Sorbus domestica), della famiglia delle Rosacee, appartiene a quel vasto genere di piante dimenticate, che in passato hanno caratterizzato il paesaggio agrario di ampie zone del nostro Paese. La sua presenza, oggi, nel nostro territorio, si è ridotta a qualche esemplare. Viene per lo più coltivato a scopo ornamentale per la sua bellezza, in quanto, a primavera, è carico di fiori bianchi, sebbene poco appariscenti, e poi di frutti che, sul finire dell’estate o all’inizio dell’autunno, spiccano a mazzetti, all’inizio gialli e successivamente un po’ rossicci. Il sorbo domestico cresce allo stato spontaneo in tutte le nostre regioni, ma soprattutto in quelle mediterranee, dove è diffuso nei boschi e nei boschetti, dalla riva del mare fino a circa 800 m di altitudine. La famiglia del sorbo annovera altre specie – diffuse anch’esse allo stato spontaneo – di interesse forestale e ornamentale, come il sorbo montano o farinaccio, il sorbo degli uccellatori e il ciavardello.
Il sorbo domestico è facilissimo da coltivare, poco soggetto alle malattie e agli insetti nocivi. Perciò è una pianta che, soprattutto nel piccolo frutteto di famiglia, può essere coltivata senza trattamenti antiparassitari. Non vi sono problemi per la propagazione di piante di sorbo attraverso i semi: basta avere pazienza. Ma se si vuole che la pianta assuma uno sviluppo contenuto, ideale nei piccoli giardini o negli orti familiari, è bene innestarla su biancospino o su cotogno.
Le caratteristiche del frutto, un piccolo pomo dal sapore piuttosto allappante, hanno trasformato il sorbo domestico in una semplice curiosità, priva di utilità economica. Ma il forte potere astringente delle sorbe, dovuto all’elevata concentrazione di acido malico, un tempo, ne favoriva l’assunzione sotto forma di decotti contro ogni tipo di dissenteria. Nella civiltà contadina, poi, il sorbo aveva addirittura un preciso ruolo nell’alimentazione autunnale ed invernale.
I frutti, le cosiddette sorbe, se destinate al consumo fresco, immediato, vanno raccolte in piena maturazione, cioè subito prima che comincino a cadere spontaneamente. Se si anticipa la raccolta, quando sono ancora acerbe, esse risultano dure e aspre per l’elevato contenuto di tannino. In questo caso, prima del consumo esse vanno conservate in dispensa sino a quando assumono una consistenza molliccia e un colore tendente al bruno. Solo in questo stato di maturazione è possibile finalmente gustare il sapore dolce e gradevole di questi piccoli frutti dal lieve e duraturo profumo che fa pensare al bosco. Se invece si vogliono conservare le sorbe per consumarle nei mesi invernali, bisogna anticiparne un po’ la raccolta rispetto alla maturazione fisiologica. Per un miglior ammezzimento (cioè la maturazione dopo la raccolta, che provoca un cambiamento di consistenza, colore e sapore dei frutti), si consiglia inoltre di raccoglierle conservando interi i mazzetti, che vanno disposti, assieme ad alcune foglie, sulla paglia, come si usava un tempo nelle campagne. I contadini, per una più lunga conservazione del frutto, raccoglievano le sorbe ancora acerbe, e, dopo averle tagliate a metà, con ago e filo ne facevano delle collane (’i f’lacce), e le essiccavano al sole: erano buonissime anche a distanza di tempo.
Nella tradizione contadina, le sorbe rappresentavano una preziosa scorta di riserva di vitamine e zuccheri naturali durante la brutta stagione; nel periodo invernale, e soprattutto nel periodo natalizio, quelle collane di sorbe appese in dispensa o in cucina diventavano delle vere e proprie leccornie per i bambini, alla stregua delle moderne caramelle. Di qui forse l’espressione «sorbole!», che spesso sentiamo pronunciare, e che sta a indicare stupore e meraviglia.
Il frutto, oltre ad essere essiccato, può essere trasformato in confetture dal gusto raro, anche in combinazione con le mele; in questa veste può essere utilizzato per la confezione di originali dessert, diventando un prezioso elemento nella caratterizzazione della gastronomia agrituristica. ☺
Il sorbo domestico (Sorbus domestica), della famiglia delle Rosacee, appartiene a quel vasto genere di piante dimenticate, che in passato hanno caratterizzato il paesaggio agrario di ampie zone del nostro Paese. La sua presenza, oggi, nel nostro territorio, si è ridotta a qualche esemplare. Viene per lo più coltivato a scopo ornamentale per la sua bellezza, in quanto, a primavera, è carico di fiori bianchi, sebbene poco appariscenti, e poi di frutti che, sul finire dell’estate o all’inizio dell’autunno, spiccano a mazzetti, all’inizio gialli e successivamente un po’ rossicci. Il sorbo domestico cresce allo stato spontaneo in tutte le nostre regioni, ma soprattutto in quelle mediterranee, dove è diffuso nei boschi e nei boschetti, dalla riva del mare fino a circa 800 m di altitudine. La famiglia del sorbo annovera altre specie – diffuse anch’esse allo stato spontaneo – di interesse forestale e ornamentale, come il sorbo montano o farinaccio, il sorbo degli uccellatori e il ciavardello.
Il sorbo domestico è facilissimo da coltivare, poco soggetto alle malattie e agli insetti nocivi. Perciò è una pianta che, soprattutto nel piccolo frutteto di famiglia, può essere coltivata senza trattamenti antiparassitari. Non vi sono problemi per la propagazione di piante di sorbo attraverso i semi: basta avere pazienza. Ma se si vuole che la pianta assuma uno sviluppo contenuto, ideale nei piccoli giardini o negli orti familiari, è bene innestarla su biancospino o su cotogno.
Le caratteristiche del frutto, un piccolo pomo dal sapore piuttosto allappante, hanno trasformato il sorbo domestico in una semplice curiosità, priva di utilità economica. Ma il forte potere astringente delle sorbe, dovuto all’elevata concentrazione di acido malico, un tempo, ne favoriva l’assunzione sotto forma di decotti contro ogni tipo di dissenteria. Nella civiltà contadina, poi, il sorbo aveva addirittura un preciso ruolo nell’alimentazione autunnale ed invernale.
I frutti, le cosiddette sorbe, se destinate al consumo fresco, immediato, vanno raccolte in piena maturazione, cioè subito prima che comincino a cadere spontaneamente. Se si anticipa la raccolta, quando sono ancora acerbe, esse risultano dure e aspre per l’elevato contenuto di tannino. In questo caso, prima del consumo esse vanno conservate in dispensa sino a quando assumono una consistenza molliccia e un colore tendente al bruno. Solo in questo stato di maturazione è possibile finalmente gustare il sapore dolce e gradevole di questi piccoli frutti dal lieve e duraturo profumo che fa pensare al bosco. Se invece si vogliono conservare le sorbe per consumarle nei mesi invernali, bisogna anticiparne un po’ la raccolta rispetto alla maturazione fisiologica. Per un miglior ammezzimento (cioè la maturazione dopo la raccolta, che provoca un cambiamento di consistenza, colore e sapore dei frutti), si consiglia inoltre di raccoglierle conservando interi i mazzetti, che vanno disposti, assieme ad alcune foglie, sulla paglia, come si usava un tempo nelle campagne. I contadini, per una più lunga conservazione del frutto, raccoglievano le sorbe ancora acerbe, e, dopo averle tagliate a metà, con ago e filo ne facevano delle collane (’i f’lacce), e le essiccavano al sole: erano buonissime anche a distanza di tempo.
Nella tradizione contadina, le sorbe rappresentavano una preziosa scorta di riserva di vitamine e zuccheri naturali durante la brutta stagione; nel periodo invernale, e soprattutto nel periodo natalizio, quelle collane di sorbe appese in dispensa o in cucina diventavano delle vere e proprie leccornie per i bambini, alla stregua delle moderne caramelle. Di qui forse l’espressione «sorbole!», che spesso sentiamo pronunciare, e che sta a indicare stupore e meraviglia.
Il frutto, oltre ad essere essiccato, può essere trasformato in confetture dal gusto raro, anche in combinazione con le mele; in questa veste può essere utilizzato per la confezione di originali dessert, diventando un prezioso elemento nella caratterizzazione della gastronomia agrituristica. ☺
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