Nella vita quotidiana e nei rapporti con gli altri ci chiediamo spesso perché facciamo ricorso alle leggi e alla loro osservanza e perché il concetto di legalità sia essenziale per la collettività nazionale, o per una piccola realtà, nella costruzione di un rapporto reciprocamente rispettoso fra le classi che la caratterizzano e ne alimentano la capacità di crescita culturale, economica, scientifica, civile, spirituale.
In questo momento non intendiamo affrontare i grandi temi relativi alla trasformazione “violenta” o “non violenta” della società nella prospettiva di una realtà diversa, migliore, estranea alle sperequazioni economico-culturali che stanno riducendo più dei 4/5 dell’umanità nella condizione di schiavitù nei confronti del capitalismo internazionale.
In una fase molto delicata della vita nazionale, dove sta dilagando la cultura della superficialità e del qualunquismo favoriti dalla disinformazione che alimenta un clima politico ostile verso l’educazione alla giustizia, alla solidarietà, al bene comune; in un momento altrettanto critico della storia internazionale, dove la globalizzazione negativa ed antidemocratica ha la meglio; in una realtà, dicevamo, nella quale l’individualismo più sfrenato si sta impossessando delle persone, modificandone la filosofia dei comportamenti e rendendole egoistiche, avare, ingannatrici, millantatrici, in un contesto storico-culturale in cui non ha valore quello che si è ma quello che si fa vedere, in questo momento l’individuo rischia di vedere affievolita la tensione verso la legalità e l’elementare rispetto dell’altro.
L’egoismo utilitaristico spinge a considerare gli altri come “nemici” e quindi persone da “ignorare” o attraverso la eliminazione propriamente fisica – per esempio, gli omicidi mafiosi, le violenze della ‘ndrangheta, etc. – o attraverso gli strumenti del dileggio, del dubbio che sgretolano antiche certezze fondate sulla deferenza reciproca e sul rispetto fiducioso degli altri.
In fondo, a ben riflettere, il mondo moderno, cioè l’età rinascimentale, in Italia e in Europa, assiste alla nascita e all’affermazione di due filosofie speculari: lo studio machiavelliano dell’arte politica fondata sull’analisi concretamente della realtà effettuale – di qui, appena dopo, anche la rivoluzione copernicana e galileiana fondate sulla sperimentazione e sullo studio della realtà delle cose -, e la tensione verso l’utopia, ossia la consapevolezza di ritenere concretamente realizzabile un mondo nel quale le regole potrebbero non esserci (come, appunto, l’Utopia di Tommaso Moro, di Tommaso Campanella hanno lasciato immaginare).
Un mondo, quindi, organizzato concretamente, come quello “effettuale” della politica e dell’economia, ed una società immaginata che funziona senza leggi: questo è il mondo duale fondato sulla “sofia” dell’uomo e sulla “concretezza” del suo agire politico.
Questa duplice tensione la troviamo egualmente operante nell’età dell’industrializzazione moderna, tra la fine del XVIII e il XIX secolo, durante i quali le prefigurazioni concettuali degli economisti e dei legislatori hanno puntato sulla estensione della “legge” come strumento di nascita, di affermazione e di rispetto di una comunità nazionale i cui componenti rinunciano a qualcosa di personale per realizzare il bene comune che è lo stato hegeliano.
Una seconda strada è ipotizzata da un’altra generazione di pensatori illuministi, come Jean Jacques Rousseau ed altri, che hanno supposto che potesse concretizzarsi una società i cui valori consistessero nell’estremo rispetto della “natura”, che funziona ben oltre le regolamentazioni che l’uomo codifica; in essa, infatti, si realizza in maniera completa e naturale il “bene di tutti”.
Di qui, il sogno, l’utopia che un mondo, non sottoposto alla legge, sia possibile, se l’uomo, in quanto essere raziocinante, applica verosimilmente la propria naturale inclinazione verso il bene; nello stesso momento, però, si fa strada la consapevolezza che tale principio ideale non possa realizzarsi, in quanto da sempre l’uomo è “lupus homini”!
Il conflitto fra queste due tendenze genera le perplessità e i dubbi che accompagnano da sempre il cammino dell’uma- nità e di conseguenza sottolinea la bontà del discorso “marsilia- no”, per il quale l’uomo sceglie autonomamente di darsi delle regole – “leggi” -, la cui applicazione è la sua storia progressivamente tesa al bene della collettività.
La legge, però, è eguale per tutti? e poi tutti obbediscono alle leggi?
No di certo, ed allora ecco che possiamo far ricorso all’esperienza di “LIBERA”, ossia a quell’associazione, che, nata nel 1995, ha lo scopo di sollecitare la società civile al rispetto della legalità, alla salvaguardia solidale della legge, che è il sale della democrazia e della giustizia, alla lotta contro ogni atteggiamento oltraggioso delle norme, atteggiamento che noi conosciamo con la definizione di “comportamenti mafiosi”. Di qui, la mafia nella realtà e nella storia dell’uomo.
Ma la “mafia” cosa è, in concreto? È – questa è la nostra opinione – per un verso
un atteggiamento culturale consapevolmente delittuoso dell’uomo nei confronti della legge che viene dileggiata prima e non applicata dopo, ma anche, per un altro verso, la mafia è l’individuo stesso che si pone fuori e sopra le norme, a loro sostituendosi, presumendo che le leggi non gli servano per realizzare quanto ha deciso di poter realizzare.
Perché “Libera”
Per questa ragione l’uomo necessita di supporti che favoriscano l’educazione alla legalità democratica.
Uno di questi strumenti è dal 1995 “LIBERA”.
“Libera” è un coordinamento di circa 1300 associazioni, scuole, gruppi, realtà di base impegnate sul territorio allo scopo di costruire “reti” e/o “sinergie” politico-culturali e organizzative per diffondere la cultura della legalità. Per questa ragione noi constatiamo – ad oggi, in Occidente, per intenderci – il fallimento di qualsivoglia progettualità “rousseauviana” o, diremmo anche, “alternativa”allo sfrenato capitalismo che contribuisce a far dilagare la mentalità del vitello d’oro, della superiorità tacitiana o maltusiana dell’uomo civilizzato ( = occidentale!) su quello “incivile” – nero o giallo o di altro colore o rom -.
“LIBERA” si impegna concretamente a mettere in atto la legge sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, a favorire l’educazione alla legalità democratica, a sostenere l’impegno contro ogni tipo di corruzione, a organizzare campi d’informazione antimafia, a sostenere progetti sul lavoro e lo sviluppo, a incoraggiare le attività anti-usura, a promuovere progetti di formazione politica.
Nel Molise la presenza operativa di LIBERA è richiesta come supporto necessario alla divulgazione dell’idea che la legge è un bene di tutti, se essa è usata vantaggiosamente e coerentemente dal legislatore e dai giudici per tutti indistintamente e senza vantaggi personali, come invece le cosiddette “leges ad personam”, richieste dall’unto del Signore, fanno facilmente immaginare.
Presto le notizie utili ed operative su “LIBERA” del Molise saranno fornite anche dalle pagine de “La Fonte” per tutti quegli operatori e quell’associazionismo in generale che vi hanno già aderito o che intendono farlo a breve. ☺
bar.novelli@micso.net
Nella vita quotidiana e nei rapporti con gli altri ci chiediamo spesso perché facciamo ricorso alle leggi e alla loro osservanza e perché il concetto di legalità sia essenziale per la collettività nazionale, o per una piccola realtà, nella costruzione di un rapporto reciprocamente rispettoso fra le classi che la caratterizzano e ne alimentano la capacità di crescita culturale, economica, scientifica, civile, spirituale.
In questo momento non intendiamo affrontare i grandi temi relativi alla trasformazione “violenta” o “non violenta” della società nella prospettiva di una realtà diversa, migliore, estranea alle sperequazioni economico-culturali che stanno riducendo più dei 4/5 dell’umanità nella condizione di schiavitù nei confronti del capitalismo internazionale.
In una fase molto delicata della vita nazionale, dove sta dilagando la cultura della superficialità e del qualunquismo favoriti dalla disinformazione che alimenta un clima politico ostile verso l’educazione alla giustizia, alla solidarietà, al bene comune; in un momento altrettanto critico della storia internazionale, dove la globalizzazione negativa ed antidemocratica ha la meglio; in una realtà, dicevamo, nella quale l’individualismo più sfrenato si sta impossessando delle persone, modificandone la filosofia dei comportamenti e rendendole egoistiche, avare, ingannatrici, millantatrici, in un contesto storico-culturale in cui non ha valore quello che si è ma quello che si fa vedere, in questo momento l’individuo rischia di vedere affievolita la tensione verso la legalità e l’elementare rispetto dell’altro.
L’egoismo utilitaristico spinge a considerare gli altri come “nemici” e quindi persone da “ignorare” o attraverso la eliminazione propriamente fisica – per esempio, gli omicidi mafiosi, le violenze della ‘ndrangheta, etc. – o attraverso gli strumenti del dileggio, del dubbio che sgretolano antiche certezze fondate sulla deferenza reciproca e sul rispetto fiducioso degli altri.
In fondo, a ben riflettere, il mondo moderno, cioè l’età rinascimentale, in Italia e in Europa, assiste alla nascita e all’affermazione di due filosofie speculari: lo studio machiavelliano dell’arte politica fondata sull’analisi concretamente della realtà effettuale – di qui, appena dopo, anche la rivoluzione copernicana e galileiana fondate sulla sperimentazione e sullo studio della realtà delle cose -, e la tensione verso l’utopia, ossia la consapevolezza di ritenere concretamente realizzabile un mondo nel quale le regole potrebbero non esserci (come, appunto, l’Utopia di Tommaso Moro, di Tommaso Campanella hanno lasciato immaginare).
Un mondo, quindi, organizzato concretamente, come quello “effettuale” della politica e dell’economia, ed una società immaginata che funziona senza leggi: questo è il mondo duale fondato sulla “sofia” dell’uomo e sulla “concretezza” del suo agire politico.
Questa duplice tensione la troviamo egualmente operante nell’età dell’industrializzazione moderna, tra la fine del XVIII e il XIX secolo, durante i quali le prefigurazioni concettuali degli economisti e dei legislatori hanno puntato sulla estensione della “legge” come strumento di nascita, di affermazione e di rispetto di una comunità nazionale i cui componenti rinunciano a qualcosa di personale per realizzare il bene comune che è lo stato hegeliano.
Una seconda strada è ipotizzata da un’altra generazione di pensatori illuministi, come Jean Jacques Rousseau ed altri, che hanno supposto che potesse concretizzarsi una società i cui valori consistessero nell’estremo rispetto della “natura”, che funziona ben oltre le regolamentazioni che l’uomo codifica; in essa, infatti, si realizza in maniera completa e naturale il “bene di tutti”.
Di qui, il sogno, l’utopia che un mondo, non sottoposto alla legge, sia possibile, se l’uomo, in quanto essere raziocinante, applica verosimilmente la propria naturale inclinazione verso il bene; nello stesso momento, però, si fa strada la consapevolezza che tale principio ideale non possa realizzarsi, in quanto da sempre l’uomo è “lupus homini”!
Il conflitto fra queste due tendenze genera le perplessità e i dubbi che accompagnano da sempre il cammino dell’uma- nità e di conseguenza sottolinea la bontà del discorso “marsilia- no”, per il quale l’uomo sceglie autonomamente di darsi delle regole – “leggi” -, la cui applicazione è la sua storia progressivamente tesa al bene della collettività.
La legge, però, è eguale per tutti? e poi tutti obbediscono alle leggi?
No di certo, ed allora ecco che possiamo far ricorso all’esperienza di “LIBERA”, ossia a quell’associazione, che, nata nel 1995, ha lo scopo di sollecitare la società civile al rispetto della legalità, alla salvaguardia solidale della legge, che è il sale della democrazia e della giustizia, alla lotta contro ogni atteggiamento oltraggioso delle norme, atteggiamento che noi conosciamo con la definizione di “comportamenti mafiosi”. Di qui, la mafia nella realtà e nella storia dell’uomo.
Ma la “mafia” cosa è, in concreto? È – questa è la nostra opinione – per un verso
un atteggiamento culturale consapevolmente delittuoso dell’uomo nei confronti della legge che viene dileggiata prima e non applicata dopo, ma anche, per un altro verso, la mafia è l’individuo stesso che si pone fuori e sopra le norme, a loro sostituendosi, presumendo che le leggi non gli servano per realizzare quanto ha deciso di poter realizzare.
Perché “Libera”
Per questa ragione l’uomo necessita di supporti che favoriscano l’educazione alla legalità democratica.
Uno di questi strumenti è dal 1995 “LIBERA”.
“Libera” è un coordinamento di circa 1300 associazioni, scuole, gruppi, realtà di base impegnate sul territorio allo scopo di costruire “reti” e/o “sinergie” politico-culturali e organizzative per diffondere la cultura della legalità. Per questa ragione noi constatiamo – ad oggi, in Occidente, per intenderci – il fallimento di qualsivoglia progettualità “rousseauviana” o, diremmo anche, “alternativa”allo sfrenato capitalismo che contribuisce a far dilagare la mentalità del vitello d’oro, della superiorità tacitiana o maltusiana dell’uomo civilizzato ( = occidentale!) su quello “incivile” – nero o giallo o di altro colore o rom -.
“LIBERA” si impegna concretamente a mettere in atto la legge sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, a favorire l’educazione alla legalità democratica, a sostenere l’impegno contro ogni tipo di corruzione, a organizzare campi d’informazione antimafia, a sostenere progetti sul lavoro e lo sviluppo, a incoraggiare le attività anti-usura, a promuovere progetti di formazione politica.
Nel Molise la presenza operativa di LIBERA è richiesta come supporto necessario alla divulgazione dell’idea che la legge è un bene di tutti, se essa è usata vantaggiosamente e coerentemente dal legislatore e dai giudici per tutti indistintamente e senza vantaggi personali, come invece le cosiddette “leges ad personam”, richieste dall’unto del Signore, fanno facilmente immaginare.
Presto le notizie utili ed operative su “LIBERA” del Molise saranno fornite anche dalle pagine de “La Fonte” per tutti quegli operatori e quell’associazionismo in generale che vi hanno già aderito o che intendono farlo a breve. ☺
Nella vita quotidiana e nei rapporti con gli altri ci chiediamo spesso perché facciamo ricorso alle leggi e alla loro osservanza e perché il concetto di legalità sia essenziale per la collettività nazionale, o per una piccola realtà, nella costruzione di un rapporto reciprocamente rispettoso fra le classi che la caratterizzano e ne alimentano la capacità di crescita culturale, economica, scientifica, civile, spirituale.
In questo momento non intendiamo affrontare i grandi temi relativi alla trasformazione “violenta” o “non violenta” della società nella prospettiva di una realtà diversa, migliore, estranea alle sperequazioni economico-culturali che stanno riducendo più dei 4/5 dell’umanità nella condizione di schiavitù nei confronti del capitalismo internazionale.
In una fase molto delicata della vita nazionale, dove sta dilagando la cultura della superficialità e del qualunquismo favoriti dalla disinformazione che alimenta un clima politico ostile verso l’educazione alla giustizia, alla solidarietà, al bene comune; in un momento altrettanto critico della storia internazionale, dove la globalizzazione negativa ed antidemocratica ha la meglio; in una realtà, dicevamo, nella quale l’individualismo più sfrenato si sta impossessando delle persone, modificandone la filosofia dei comportamenti e rendendole egoistiche, avare, ingannatrici, millantatrici, in un contesto storico-culturale in cui non ha valore quello che si è ma quello che si fa vedere, in questo momento l’individuo rischia di vedere affievolita la tensione verso la legalità e l’elementare rispetto dell’altro.
L’egoismo utilitaristico spinge a considerare gli altri come “nemici” e quindi persone da “ignorare” o attraverso la eliminazione propriamente fisica – per esempio, gli omicidi mafiosi, le violenze della ‘ndrangheta, etc. – o attraverso gli strumenti del dileggio, del dubbio che sgretolano antiche certezze fondate sulla deferenza reciproca e sul rispetto fiducioso degli altri.
In fondo, a ben riflettere, il mondo moderno, cioè l’età rinascimentale, in Italia e in Europa, assiste alla nascita e all’affermazione di due filosofie speculari: lo studio machiavelliano dell’arte politica fondata sull’analisi concretamente della realtà effettuale – di qui, appena dopo, anche la rivoluzione copernicana e galileiana fondate sulla sperimentazione e sullo studio della realtà delle cose -, e la tensione verso l’utopia, ossia la consapevolezza di ritenere concretamente realizzabile un mondo nel quale le regole potrebbero non esserci (come, appunto, l’Utopia di Tommaso Moro, di Tommaso Campanella hanno lasciato immaginare).
Un mondo, quindi, organizzato concretamente, come quello “effettuale” della politica e dell’economia, ed una società immaginata che funziona senza leggi: questo è il mondo duale fondato sulla “sofia” dell’uomo e sulla “concretezza” del suo agire politico.
Questa duplice tensione la troviamo egualmente operante nell’età dell’industrializzazione moderna, tra la fine del XVIII e il XIX secolo, durante i quali le prefigurazioni concettuali degli economisti e dei legislatori hanno puntato sulla estensione della “legge” come strumento di nascita, di affermazione e di rispetto di una comunità nazionale i cui componenti rinunciano a qualcosa di personale per realizzare il bene comune che è lo stato hegeliano.
Una seconda strada è ipotizzata da un’altra generazione di pensatori illuministi, come Jean Jacques Rousseau ed altri, che hanno supposto che potesse concretizzarsi una società i cui valori consistessero nell’estremo rispetto della “natura”, che funziona ben oltre le regolamentazioni che l’uomo codifica; in essa, infatti, si realizza in maniera completa e naturale il “bene di tutti”.
Di qui, il sogno, l’utopia che un mondo, non sottoposto alla legge, sia possibile, se l’uomo, in quanto essere raziocinante, applica verosimilmente la propria naturale inclinazione verso il bene; nello stesso momento, però, si fa strada la consapevolezza che tale principio ideale non possa realizzarsi, in quanto da sempre l’uomo è “lupus homini”!
Il conflitto fra queste due tendenze genera le perplessità e i dubbi che accompagnano da sempre il cammino dell’uma- nità e di conseguenza sottolinea la bontà del discorso “marsilia- no”, per il quale l’uomo sceglie autonomamente di darsi delle regole – “leggi” -, la cui applicazione è la sua storia progressivamente tesa al bene della collettività.
La legge, però, è eguale per tutti? e poi tutti obbediscono alle leggi?
No di certo, ed allora ecco che possiamo far ricorso all’esperienza di “LIBERA”, ossia a quell’associazione, che, nata nel 1995, ha lo scopo di sollecitare la società civile al rispetto della legalità, alla salvaguardia solidale della legge, che è il sale della democrazia e della giustizia, alla lotta contro ogni atteggiamento oltraggioso delle norme, atteggiamento che noi conosciamo con la definizione di “comportamenti mafiosi”. Di qui, la mafia nella realtà e nella storia dell’uomo.
Ma la “mafia” cosa è, in concreto? È – questa è la nostra opinione – per un verso
un atteggiamento culturale consapevolmente delittuoso dell’uomo nei confronti della legge che viene dileggiata prima e non applicata dopo, ma anche, per un altro verso, la mafia è l’individuo stesso che si pone fuori e sopra le norme, a loro sostituendosi, presumendo che le leggi non gli servano per realizzare quanto ha deciso di poter realizzare.
Perché “Libera”
Per questa ragione l’uomo necessita di supporti che favoriscano l’educazione alla legalità democratica.
Uno di questi strumenti è dal 1995 “LIBERA”.
“Libera” è un coordinamento di circa 1300 associazioni, scuole, gruppi, realtà di base impegnate sul territorio allo scopo di costruire “reti” e/o “sinergie” politico-culturali e organizzative per diffondere la cultura della legalità. Per questa ragione noi constatiamo – ad oggi, in Occidente, per intenderci – il fallimento di qualsivoglia progettualità “rousseauviana” o, diremmo anche, “alternativa”allo sfrenato capitalismo che contribuisce a far dilagare la mentalità del vitello d’oro, della superiorità tacitiana o maltusiana dell’uomo civilizzato ( = occidentale!) su quello “incivile” – nero o giallo o di altro colore o rom -.
“LIBERA” si impegna concretamente a mettere in atto la legge sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, a favorire l’educazione alla legalità democratica, a sostenere l’impegno contro ogni tipo di corruzione, a organizzare campi d’informazione antimafia, a sostenere progetti sul lavoro e lo sviluppo, a incoraggiare le attività anti-usura, a promuovere progetti di formazione politica.
Nel Molise la presenza operativa di LIBERA è richiesta come supporto necessario alla divulgazione dell’idea che la legge è un bene di tutti, se essa è usata vantaggiosamente e coerentemente dal legislatore e dai giudici per tutti indistintamente e senza vantaggi personali, come invece le cosiddette “leges ad personam”, richieste dall’unto del Signore, fanno facilmente immaginare.
Presto le notizie utili ed operative su “LIBERA” del Molise saranno fornite anche dalle pagine de “La Fonte” per tutti quegli operatori e quell’associazionismo in generale che vi hanno già aderito o che intendono farlo a breve. ☺
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