Nel complesso ed articolato panorama dell’educazione degli adulti, il rinnovo del contratto metalmeccanico del 1969 segnò una tappa fondamentale nel riconoscimento del diritto allo studio; per la prima volta, nella storia dell’Italia repubblicana, uomini e donne si videro garantire nuovi spazi di alfabetizzazione attraverso l’istituto delle 150 ore.
Un diritto di cittadinanza che oggi non sempre risulta essere esigibile: nei fatti l’assolutizzazione del commercio internazionale ha indotto le imprese a snellire l’organico ed a introdurre, nel contempo, condizioni occupazionali più flessibili, come ad esempio i contratti a termine e il lavoro a somministrazione. Una dinamica che, nel rispondere a fattori di esclusivo interesse economico-finanziario, ha consentito una drastica diminuzione delle spese legate ai salari, ma anche una profonda frammentazione della realtà lavorativa: questa, assorbita e permeata completamente dai processi di globalizzazione, risulta ormai divisa tra una ristretta élite di lavoratori, assunti a tempo indeterminato e garantita, e un cospicuo gruppo di cittadini, in gran parte poco tutelati e impegnati per lo più in lavori precari. Un insieme di persone e di sensibilità che divengono attori e protagonisti di un processo di esclusione sociale e professionale di vasta portata. Una sofferenza alla quale va anche aggiunto il disagio di tutti coloro che risultano lavorare senza alcun contratto formalizzato: nella sua specificità il lavoro sommerso investe in Italia 4 milioni di uomini e di donne. Cittadini italiani e stranieri ai quali vengono negati i fondamentali diritti sanciti dalla normativa vigente e dai contratti collettivi di lavoro: di riflesso ogni agevolazione, dalla maternità alla malattia, dai congedi parentali a quelli concernenti il diritto allo studio, cessano di esistere dinanzi ad una dimensione di vera e propria illegalità. Ne consegue una forma di disarticolazione sociale e civile, resa ancora più complessa dalle problematiche congiunte alla forte precarizzazione del mercato del lavoro.
Si è così venuto a determinare un processo di dolorosa instabilità economica e psicologica: uno squilibrio che, nel corso degli ultimi anni, a fronte soprattutto delle spinte neo-liberiste e della globalizzazione dei mercati, ha fortemente rinforzato la frantumazione della realtà sociale e lavorativa. Il tutto in nome di una competitività, che non ha comunque reso il Paese più attivo e dinamico; permangono, al contrario, gravi deficit di ordine sociale, culturale ed economico. Molti dati, di tipo statistico, evidenziano una Nazione con livelli di scolarizzazione bassi rispetto a quelli registrati dal Nord-Europa e dagli Stati Uniti; va inoltre evidenziato il fragile rapporto che intercorre tra gli adulti ed il mondo della formazione: un deficit, questo, reso ancora più grave dai dati particolarmente negativi del Sud e dallo scarso coinvolgimento delle fasce sociali più deboli e meno secolarizzate.
Più in generale, il riconoscimento del diritto di cittadinanza trova ulteriori ostacoli nella scarsa diffusione dei processi di orientamento scolastico e professionale. Un limite alla crescita civile ulteriormente rinforzato dai fattori di analfabetismo di ritorno e dalla fragilità del rapporto instaurato con il mondo dell’informazione stampata e dei libri.
Nella sua complessa articolazione la povertà dei saperi assume un rilievo negativo, soprattutto per quei cittadini e per quei lavoratori che, a causa del loro modesto livello di istruzione, saranno costretti a registrare un continuo e progressivo impoverimento delle proprie conoscenze di base. Il che, oggettivamente, limita di molto la capacità di leggere e gestire i rapidi e molteplici mutamenti che investono la società contemporanea. Ma accanto ai soggetti scarsamente alfabetizzati, in considerazione dello sviluppo storico-sociale del proprio tempo, vanno anche aggiunti tutti coloro che, pur essendo in possesso del diploma, risultano ugualmente investiti da gravi forme di analfabetismo funzionale: queste sono date soprattutto dalle difficoltà espressive, ma anche dalla mancanza di una valida conoscenza delle lingue, dell’informatica e dei principali aspetti giuridici che regolano la società e il mondo del lavoro.
Per molti cittadini si pone insomma la necessità di acquisire una maggiore alfabetizzazione che, sia essa di natura professionale, scolastica o universitaria, impone in primo luogo la costruzione di una progettualità formativa, capace di favorire l’accesso ai vari livelli di conoscenza: dal recupero del sapere di base all'interazione con i percorsi della formazione professionale, dall'accesso agli istituti superiori allo sviluppo dell'istruzione a distanza.
Ma si tratta anche di offrire l’opportunità di leggere e studiare al di fuori degli organismi scolastici ed universitari: si valuti, ad esempio, l’importanza di avere a disposizione teatri, biblioteche, centri culturali, centri di ricerca, associazioni. Tutte strutture che, soprattutto nel Mezzogiorno, risultano essere scarsamente diffuse: il che, nei fatti, rende ancora più difficile avvicinare i soggetti verso dimensioni sociali e culturali capaci di garantire una più elevata crescita civile e personale.
Tutti i cittadini dovrebbero inoltre poter contare, in forma continuativa, su un valido ed efficiente servizio di orientamento: strumento necessario per guidare i soggetti verso la modifica della propria situazione professionale e culturale.
Agenzie per l’impiego, scuole, università, istituti specializzati e sindacati, sono chiamati a sensibilizzare i cittadini, rispetto all'importanza di ricercare nuovi percorsi di formazione e nuove opportunità di crescita.
Un processo dinamico e complesso che impone di rivedere continuamente i saperi acquisiti entro un’ottica di educazione permanente: ogni singola persona deve esser posta nelle condizioni di far propria la capacità di inserirsi da protagonista nella vita sociale e in quella produttiva. Giacché la possibilità di conoscere e di scegliere deve costituire la base per evitare atteggiamenti tanto passivi e alienanti, da escludere la persona da quel processo di sviluppo e di prevenzione, inteso come unico mezzo per sconfiggere l’emarginazione dei lavoratori e dei cittadini più deboli; non si può in alcun modo prescindere da interventi tesi a valorizzare il cittadino adulto nella sua dimensione affettiva, psicologica e professionale.
Un insieme di bisogni per i quali, negli anni '70 lavoratori e studenti seppero lottare rispetto ad un Paese arretrato nelle sue strutture sociali ed educative, e che, anche all’interno di un mercato internazionale sempre più competitivo e deregolamentato, non devono mai perdere il diritto di essere dignitosamente rappresentati. ☺
a.miccoli@cgilmolise.it
Nel complesso ed articolato panorama dell’educazione degli adulti, il rinnovo del contratto metalmeccanico del 1969 segnò una tappa fondamentale nel riconoscimento del diritto allo studio; per la prima volta, nella storia dell’Italia repubblicana, uomini e donne si videro garantire nuovi spazi di alfabetizzazione attraverso l’istituto delle 150 ore.
Un diritto di cittadinanza che oggi non sempre risulta essere esigibile: nei fatti l’assolutizzazione del commercio internazionale ha indotto le imprese a snellire l’organico ed a introdurre, nel contempo, condizioni occupazionali più flessibili, come ad esempio i contratti a termine e il lavoro a somministrazione. Una dinamica che, nel rispondere a fattori di esclusivo interesse economico-finanziario, ha consentito una drastica diminuzione delle spese legate ai salari, ma anche una profonda frammentazione della realtà lavorativa: questa, assorbita e permeata completamente dai processi di globalizzazione, risulta ormai divisa tra una ristretta élite di lavoratori, assunti a tempo indeterminato e garantita, e un cospicuo gruppo di cittadini, in gran parte poco tutelati e impegnati per lo più in lavori precari. Un insieme di persone e di sensibilità che divengono attori e protagonisti di un processo di esclusione sociale e professionale di vasta portata. Una sofferenza alla quale va anche aggiunto il disagio di tutti coloro che risultano lavorare senza alcun contratto formalizzato: nella sua specificità il lavoro sommerso investe in Italia 4 milioni di uomini e di donne. Cittadini italiani e stranieri ai quali vengono negati i fondamentali diritti sanciti dalla normativa vigente e dai contratti collettivi di lavoro: di riflesso ogni agevolazione, dalla maternità alla malattia, dai congedi parentali a quelli concernenti il diritto allo studio, cessano di esistere dinanzi ad una dimensione di vera e propria illegalità. Ne consegue una forma di disarticolazione sociale e civile, resa ancora più complessa dalle problematiche congiunte alla forte precarizzazione del mercato del lavoro.
Si è così venuto a determinare un processo di dolorosa instabilità economica e psicologica: uno squilibrio che, nel corso degli ultimi anni, a fronte soprattutto delle spinte neo-liberiste e della globalizzazione dei mercati, ha fortemente rinforzato la frantumazione della realtà sociale e lavorativa. Il tutto in nome di una competitività, che non ha comunque reso il Paese più attivo e dinamico; permangono, al contrario, gravi deficit di ordine sociale, culturale ed economico. Molti dati, di tipo statistico, evidenziano una Nazione con livelli di scolarizzazione bassi rispetto a quelli registrati dal Nord-Europa e dagli Stati Uniti; va inoltre evidenziato il fragile rapporto che intercorre tra gli adulti ed il mondo della formazione: un deficit, questo, reso ancora più grave dai dati particolarmente negativi del Sud e dallo scarso coinvolgimento delle fasce sociali più deboli e meno secolarizzate.
Più in generale, il riconoscimento del diritto di cittadinanza trova ulteriori ostacoli nella scarsa diffusione dei processi di orientamento scolastico e professionale. Un limite alla crescita civile ulteriormente rinforzato dai fattori di analfabetismo di ritorno e dalla fragilità del rapporto instaurato con il mondo dell’informazione stampata e dei libri.
Nella sua complessa articolazione la povertà dei saperi assume un rilievo negativo, soprattutto per quei cittadini e per quei lavoratori che, a causa del loro modesto livello di istruzione, saranno costretti a registrare un continuo e progressivo impoverimento delle proprie conoscenze di base. Il che, oggettivamente, limita di molto la capacità di leggere e gestire i rapidi e molteplici mutamenti che investono la società contemporanea. Ma accanto ai soggetti scarsamente alfabetizzati, in considerazione dello sviluppo storico-sociale del proprio tempo, vanno anche aggiunti tutti coloro che, pur essendo in possesso del diploma, risultano ugualmente investiti da gravi forme di analfabetismo funzionale: queste sono date soprattutto dalle difficoltà espressive, ma anche dalla mancanza di una valida conoscenza delle lingue, dell’informatica e dei principali aspetti giuridici che regolano la società e il mondo del lavoro.
Per molti cittadini si pone insomma la necessità di acquisire una maggiore alfabetizzazione che, sia essa di natura professionale, scolastica o universitaria, impone in primo luogo la costruzione di una progettualità formativa, capace di favorire l’accesso ai vari livelli di conoscenza: dal recupero del sapere di base all'interazione con i percorsi della formazione professionale, dall'accesso agli istituti superiori allo sviluppo dell'istruzione a distanza.
Ma si tratta anche di offrire l’opportunità di leggere e studiare al di fuori degli organismi scolastici ed universitari: si valuti, ad esempio, l’importanza di avere a disposizione teatri, biblioteche, centri culturali, centri di ricerca, associazioni. Tutte strutture che, soprattutto nel Mezzogiorno, risultano essere scarsamente diffuse: il che, nei fatti, rende ancora più difficile avvicinare i soggetti verso dimensioni sociali e culturali capaci di garantire una più elevata crescita civile e personale.
Tutti i cittadini dovrebbero inoltre poter contare, in forma continuativa, su un valido ed efficiente servizio di orientamento: strumento necessario per guidare i soggetti verso la modifica della propria situazione professionale e culturale.
Agenzie per l’impiego, scuole, università, istituti specializzati e sindacati, sono chiamati a sensibilizzare i cittadini, rispetto all'importanza di ricercare nuovi percorsi di formazione e nuove opportunità di crescita.
Un processo dinamico e complesso che impone di rivedere continuamente i saperi acquisiti entro un’ottica di educazione permanente: ogni singola persona deve esser posta nelle condizioni di far propria la capacità di inserirsi da protagonista nella vita sociale e in quella produttiva. Giacché la possibilità di conoscere e di scegliere deve costituire la base per evitare atteggiamenti tanto passivi e alienanti, da escludere la persona da quel processo di sviluppo e di prevenzione, inteso come unico mezzo per sconfiggere l’emarginazione dei lavoratori e dei cittadini più deboli; non si può in alcun modo prescindere da interventi tesi a valorizzare il cittadino adulto nella sua dimensione affettiva, psicologica e professionale.
Un insieme di bisogni per i quali, negli anni '70 lavoratori e studenti seppero lottare rispetto ad un Paese arretrato nelle sue strutture sociali ed educative, e che, anche all’interno di un mercato internazionale sempre più competitivo e deregolamentato, non devono mai perdere il diritto di essere dignitosamente rappresentati. ☺
Nel complesso ed articolato panorama dell’educazione degli adulti, il rinnovo del contratto metalmeccanico del 1969 segnò una tappa fondamentale nel riconoscimento del diritto allo studio; per la prima volta, nella storia dell’Italia repubblicana, uomini e donne si videro garantire nuovi spazi di alfabetizzazione attraverso l’istituto delle 150 ore.
Un diritto di cittadinanza che oggi non sempre risulta essere esigibile: nei fatti l’assolutizzazione del commercio internazionale ha indotto le imprese a snellire l’organico ed a introdurre, nel contempo, condizioni occupazionali più flessibili, come ad esempio i contratti a termine e il lavoro a somministrazione. Una dinamica che, nel rispondere a fattori di esclusivo interesse economico-finanziario, ha consentito una drastica diminuzione delle spese legate ai salari, ma anche una profonda frammentazione della realtà lavorativa: questa, assorbita e permeata completamente dai processi di globalizzazione, risulta ormai divisa tra una ristretta élite di lavoratori, assunti a tempo indeterminato e garantita, e un cospicuo gruppo di cittadini, in gran parte poco tutelati e impegnati per lo più in lavori precari. Un insieme di persone e di sensibilità che divengono attori e protagonisti di un processo di esclusione sociale e professionale di vasta portata. Una sofferenza alla quale va anche aggiunto il disagio di tutti coloro che risultano lavorare senza alcun contratto formalizzato: nella sua specificità il lavoro sommerso investe in Italia 4 milioni di uomini e di donne. Cittadini italiani e stranieri ai quali vengono negati i fondamentali diritti sanciti dalla normativa vigente e dai contratti collettivi di lavoro: di riflesso ogni agevolazione, dalla maternità alla malattia, dai congedi parentali a quelli concernenti il diritto allo studio, cessano di esistere dinanzi ad una dimensione di vera e propria illegalità. Ne consegue una forma di disarticolazione sociale e civile, resa ancora più complessa dalle problematiche congiunte alla forte precarizzazione del mercato del lavoro.
Si è così venuto a determinare un processo di dolorosa instabilità economica e psicologica: uno squilibrio che, nel corso degli ultimi anni, a fronte soprattutto delle spinte neo-liberiste e della globalizzazione dei mercati, ha fortemente rinforzato la frantumazione della realtà sociale e lavorativa. Il tutto in nome di una competitività, che non ha comunque reso il Paese più attivo e dinamico; permangono, al contrario, gravi deficit di ordine sociale, culturale ed economico. Molti dati, di tipo statistico, evidenziano una Nazione con livelli di scolarizzazione bassi rispetto a quelli registrati dal Nord-Europa e dagli Stati Uniti; va inoltre evidenziato il fragile rapporto che intercorre tra gli adulti ed il mondo della formazione: un deficit, questo, reso ancora più grave dai dati particolarmente negativi del Sud e dallo scarso coinvolgimento delle fasce sociali più deboli e meno secolarizzate.
Più in generale, il riconoscimento del diritto di cittadinanza trova ulteriori ostacoli nella scarsa diffusione dei processi di orientamento scolastico e professionale. Un limite alla crescita civile ulteriormente rinforzato dai fattori di analfabetismo di ritorno e dalla fragilità del rapporto instaurato con il mondo dell’informazione stampata e dei libri.
Nella sua complessa articolazione la povertà dei saperi assume un rilievo negativo, soprattutto per quei cittadini e per quei lavoratori che, a causa del loro modesto livello di istruzione, saranno costretti a registrare un continuo e progressivo impoverimento delle proprie conoscenze di base. Il che, oggettivamente, limita di molto la capacità di leggere e gestire i rapidi e molteplici mutamenti che investono la società contemporanea. Ma accanto ai soggetti scarsamente alfabetizzati, in considerazione dello sviluppo storico-sociale del proprio tempo, vanno anche aggiunti tutti coloro che, pur essendo in possesso del diploma, risultano ugualmente investiti da gravi forme di analfabetismo funzionale: queste sono date soprattutto dalle difficoltà espressive, ma anche dalla mancanza di una valida conoscenza delle lingue, dell’informatica e dei principali aspetti giuridici che regolano la società e il mondo del lavoro.
Per molti cittadini si pone insomma la necessità di acquisire una maggiore alfabetizzazione che, sia essa di natura professionale, scolastica o universitaria, impone in primo luogo la costruzione di una progettualità formativa, capace di favorire l’accesso ai vari livelli di conoscenza: dal recupero del sapere di base all'interazione con i percorsi della formazione professionale, dall'accesso agli istituti superiori allo sviluppo dell'istruzione a distanza.
Ma si tratta anche di offrire l’opportunità di leggere e studiare al di fuori degli organismi scolastici ed universitari: si valuti, ad esempio, l’importanza di avere a disposizione teatri, biblioteche, centri culturali, centri di ricerca, associazioni. Tutte strutture che, soprattutto nel Mezzogiorno, risultano essere scarsamente diffuse: il che, nei fatti, rende ancora più difficile avvicinare i soggetti verso dimensioni sociali e culturali capaci di garantire una più elevata crescita civile e personale.
Tutti i cittadini dovrebbero inoltre poter contare, in forma continuativa, su un valido ed efficiente servizio di orientamento: strumento necessario per guidare i soggetti verso la modifica della propria situazione professionale e culturale.
Agenzie per l’impiego, scuole, università, istituti specializzati e sindacati, sono chiamati a sensibilizzare i cittadini, rispetto all'importanza di ricercare nuovi percorsi di formazione e nuove opportunità di crescita.
Un processo dinamico e complesso che impone di rivedere continuamente i saperi acquisiti entro un’ottica di educazione permanente: ogni singola persona deve esser posta nelle condizioni di far propria la capacità di inserirsi da protagonista nella vita sociale e in quella produttiva. Giacché la possibilità di conoscere e di scegliere deve costituire la base per evitare atteggiamenti tanto passivi e alienanti, da escludere la persona da quel processo di sviluppo e di prevenzione, inteso come unico mezzo per sconfiggere l’emarginazione dei lavoratori e dei cittadini più deboli; non si può in alcun modo prescindere da interventi tesi a valorizzare il cittadino adulto nella sua dimensione affettiva, psicologica e professionale.
Un insieme di bisogni per i quali, negli anni '70 lavoratori e studenti seppero lottare rispetto ad un Paese arretrato nelle sue strutture sociali ed educative, e che, anche all’interno di un mercato internazionale sempre più competitivo e deregolamentato, non devono mai perdere il diritto di essere dignitosamente rappresentati. ☺
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