la partita è aperta
16 Aprile 2010 Share

la partita è aperta

 

            Ha ragione Barak Obama quando incita gli americani a credere nell’impossibi -le. La sua grinta trasmessa con una passione straordinaria genera un entusiasmo che si propaga, avvolge e coinvolge persone di ogni razza e dei più disparati ceti sociali. Gente comune, disillusa da decenni di tran tran politico incolore, si ritrova protagonista di un sogno collettivo. L’America, progressista e democratica, finalmente si rialza e dopo decenni di oscurantismo dominato dagli ultra-conservatori delle lobby affaristiche e guerrafondaie, torna a essere un riferimento positivo per il Mondo. Non so se Barak ce la farà, né se il suo sogno sarà stroncato come accadde con John e Bob Kennedy o Martin Luther King. Ma sta di fatto che oggi Obama ha già vinto. Ha sconfitto i pronostici, ha battuto la macchina colma di dollari di Hillary Clinton, ha stracciato i sondaggi, ha riavvicinato alla bella politica migliaia di giovani e di persone semplici. È partito da solo, col colore della pelle scura, a 46 anni, senza famiglie potenti alle spalle, e ha osato pensare di concorrere alla carica istituzionale più importante del Mondo. Un pazzo a cui nessuno dava credito. Eppure nel giro di pochi mesi ha ribaltato la partita. È stato capace di vincere senza rinunciare alle sue idee e oggi ha la possibilità di essere indicato come il candidato del Partito Democratico alle Presidenziali e già il settantaduenne repubblicano McCain dorme con l’incubo di un Nero alla Casa Bianca. Si può fare. È possibile. La partita è aperta.

Lo stesso vale per l’Italia. Gli opinionisti più avveduti hanno smesso di pronosticare una facile vittoria del Cavaliere Berlusconi. Anche i giornalisti di casa non decantano più la prova elettorale di aprile come un campionato alla Moggi, dove fai finta di giocare sapendo in anticipo come va a finire. Fronte corrucciata, contorsione facciale e imbarazzo serpeggia nel prototipo di Berluscones spiazzato dalla pacatezza con cui Veltroni si rivolge direttamente agli italiani parlando di cose concrete con proposte comprensibili, chiare e coerenti. Finita la rendita di posizione che gli avversari erano tutti comunisti e giustizialisti che lo volevano minimo in galera, il vecchio venditore di pubblicità televisiva non sa né che dire né come dirlo. Sorpreso dal coraggio di Veltroni di andare da solo, per coerenza programmatica, anche con questa pessima legge elettorale, l’anziano Silvio, ha provato a emularlo chiamando a raccolta 18 partiti e partitini nell’unico contenitore del Popolo della Libertà. Sta lì piegato da una contrattazione infinita per la spartizione dei posti nei collegi sicuri tra i circoli della Brambilla, la Dc di Rotondi, il PRI, il buongoverno di Dell’Utri, le correnti di AN, la Mussolini, gli amici di Giovanardi, Mara Carfagna, Bondi e Cicchitto. Un assemblaggio di potere che col fido Bossi mira al premio di maggioranza alla Camera. Niente di più. Come se Veltroni avesse utilizzato il marchio del P.D. per candidare Diliberto, Pecoraro, Pannella e Pezzotta.

Non c’è paragone tra un percorso di anni che ha visto nascere il Partito Democratico attraverso più congressi con centinaia di migliaia di iscritti e un corollario finale di 3,5 milioni di cittadini alle primarie del 14 ottobre  e un’operazione che imbarca Gianfranco Fini che non più tardi di un mese fa imprecava contro le volontà annessionistiche di Forza Italia. La partita è aperta. Il PD apparentato con Di Pietro può vincere concretamente le elezioni di primavera. Santanchè e Storace a destra si difenderanno bene. Al centro, il trio Mastella-Casini-Tabacci, correndo in solitudine toglierà voti e sostegni al Partito della Libertà. La somma dei consensi delle liste di destra e centro potrà avvicinarsi al 10% che aggiunto al 10% della Sinistra Arcobaleno e al 3 o 4% di altre liste arriva al 23, 24%. Resta un 76% di voti che in partenza possono vedere qualche punto percentuale di vantaggio per il Popolo della Libertà, ma il risultato certo non è in tasca a nessuno.

Quanto influirà l’età di Berlusconi? Sempre lui dal 1994. E per sette anni Presidente del Consiglio. E non propone nulla di nuovo. Quanto inciderà il coraggio di Veltroni? La coerenza programmatica, la capacità di guardare avanti, la calma e pacatezza di un messaggio veramente innovativo che coniuga il meglio delle esperienze riformiste e democratiche del secolo scorso e indica in Barak Obama il futuro. Una società plurale, laica e solidale, basata sul merito e sulle competenze, che accoglie il diverso e include chi è ai margini, valorizza il lavoro senza demonizzare l’impresa. Già dai primi cenni noto che il messaggio arriva e allora è vero che insieme ce la possiamo fare. E Veltroni Presidente del Consiglio in Italia non potrà che agevolare e sostenere la possibile vittoria del Partito Democratico Americano alle Presidenziali di novembre. We Can! ☺

 petraroia.michele@virgilio.it

 

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