la pluralità
25 Aprile 2010 Share

la pluralità

 

 

Cattiva maestra pubblicità!… Ogni volta che, nel tentativo di veicolare qualcosa di più profondo sulla cultura anglosassone, parlo agli allievi del melting pot, i loro sguardi sorpresi mi ripropongono bruscamente l’amara constatazione di quanto sia ormai arido il clima della nostra società occidentale, che pure la civiltà anglofona ha contribuito a formare!

Per i più giovani, infatti, quel termine viene associato ad una nota marca di abbigliamento – casual, direbbero. Ed è vero! Identica sorte per l’altra espressione che voglio citare e che si affianca alla prima per comunanza di significato: united colors [pronuncia: iunaitid colors], vale a dire “colori uniti”.

Tralasciando ogni riferimento alla pervasività del linguaggio pubblicitario, di cui ognuno di noi credo abbia fatto esperienza, mi soffermo su queste due espressioni inglesi, più esattamente americane.

Quando si dice melting pot, negli Stati Uniti, si indica chiaramente la società americana che per definizione è chiamata così. Il vocabolo, formato dal sostantivo pot (recipiente, vaso) e dal gerundio del verbo melt (sciogliere, fondere), è tradotto in italiano con “crogiuolo”, la parte di un altoforno dove si raccolgono i metalli fusi. L’immagine, seppure un po’ tecnica, rende l’idea del miscuglio in cui è difficile ritrovare gli elementi singoli che gli hanno dato vita: la lega dei metalli, quando si solidifica, è un blocco unico!

Il motivo per cui la società americana è denominata in questo modo va ricercato nella sua storia di nazione con pochi secoli di vita, un paese del “Nuovo Mondo” che è stato meta per popoli, etnie e culture, che nella ricerca di condizioni migliori e di “opportunità” – come amano dire gli americani – sono giunti negli Stati Uniti. Questo insieme di differenti tradizioni, credi religiosi, tratti somatici si è tradotto in una mescolanza o, meglio, nazione multiculturale. Ed il motto stesso della Federazione U.S.A., in lingua latina, “E pluribus unum” (da molti, uno) ribadisce l’importante valore su cui si fonda questo grande Paese.

Pilastro e simbolo della civiltà occidentale l’America è più nota per il liberismo, il pragmatismo ed il consumismo, aspetti che la espongono a non poche critiche. Inoltre non le sono estranei ulteriori elementi negativi, che hanno condizionato la sua pur breve storia. Il primo esempio di una violenta politica di oppressione è stato lo sterminio dei nativi americani. Il difficile riscatto della popolazione di colore dalla schiavitù si è trasformato fino a pochi decenni fa nella politica della segregazione razziale contro cui ha lottato, e perso la vita, Martin Luther King. Il “suo sogno americano”, diverso da quello usuale di realizzazione egoistica di sé, era proprio nella linea del riconoscere dignità ad ogni essere umano.

Oggi non si è giunti ancora ad una piena convivenza, e non soltanto tra bianchi e neri; terra di immigrazioni, gli U.S.A. sono diventati, e continuano ad essere, meta di altri gruppi di migranti dall’America latina, dall’ Asia, dall’Europa orientale. E il melting pot  sembra non avere senso. Al di là delle barriere etniche permangono disparità sul piano sociale: ne è esempio la difficile battaglia del presidente Obama per far approvare la riforma sanitaria.

Mentre nella Federazione gli Stati sono “uniti”, nonostante la frase pubblicitaria ad effetto, i colori non lo sono ancora. Ma la strada all’accoglienza e all’integrazione forse appare più facile se si riconosce quale fondamento della società la pluralità delle culture, e non ci si arrocca sull’affermazione della propria “unica” identità nazionale.☺

dario.carlone@tiscali.it

 

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