la provocazione del potere
30 Aprile 2011 Share

la provocazione del potere

 

Summum ius, summa iniuria è una locuzione latina il cui significato letterale è "somma giustizia, somma ingiustizia", oppure "il massimo del diritto, il massimo dell'ingiustizia". Cicerone la cita come espressione proverbiale (De officiis, I – 10,33). Indica che una applicazione acritica del diritto, che non tenga conto delle circostanze cui le sue norme devono essere applicate nel singolo caso, e delle finalità a cui esse dovrebbero tendere, ne uccide lo spirito e può facilmente portare a commettere ingiustizie o addirittura costituire strumento per perpetrare l'ingiustizia (da Wikipedia, l'enciclopedia libera).

Nelle circostanze attuali dove il Diritto viene spesso piegato ad esigenze di comodo, vuoi di chi dovrebbe governare la Democrazia e vuoi di chi dovrebbe nell'educativo applicare le norme, la citazione di cui sopra, appare, per chi scrive, una buona occasione di riflessione. Il tempo pasquale, tra l'altro, che caratterizza questa fase dell'anno solare e liturgico, rappresenta quel tempo di "crisi" e di "esodo" che include un passaggio da una sponda ad un'altra, da una stagione ad un'altra, che è caratteristico dell'educativo ed appassiona educatori antichi e nuovi.

Molto spesso si parla di difficoltà educativa, di giovani che mancano di "valori", di quelle "liturgie", cioè, che coprono tutti quegli spazi della nostra vita che per noi tutti hanno acquistato "valori"o riteniamo che siano tali. Ma ogni potere, legittimato a governare l'esistente, ha dovuto determinare dei codici di riferimento per la collettività sottoposta al proprio territorio di "governance". Il potere politico nel tempo ha determinato territori-stati, nei quali una forma di governo, anche quello democratico, si è dato delle Costituzioni e delle Leggi. Ormai è evidente a tutti che una legge può prevedere, e deve farlo per essere tale, una forma di universalità della norma, cioè valida per tutti i governati; può prevedere sanzioni, etc., ma non potrà mai esistere una legge che impedisca ad un ladro di rubare! Spesso, giuridicamente parlando, "ha ragione chi ha torto e torto chi ha ragione". Cioè, il Giudice nel contestualizzare i fatti, valutando le circostanze che hanno determinato il fatto illecito, tenuto conto dello spirito delle norme nonché delle finalità a cui esse dovrebbero tendere, dovendo tenere conto "anche" degli elementi di prova, dei codici, codicilli e quant'altro, sicuramente, in tale contesto, rischia di confermare il detto popolare richiamato da Cicerone: summum ius, summa iniuria.

Nelle scuole, per esempio, il rispetto della Legge sul divieto di fumare si traduce in una tolleranza della illegalità manifestata apertamente dai "fumatori", perché "purtroppo i giovani fumano"… chissà perché, tale tolleranza viene meno e si concretizza in "sospensioni, note, richiami, linciaggi virtuali di condotta, letture virtuose coatte…", quando riguardano altre aree espressive come il cappello in testa, l'orecchino, il pantaloncino corto o la brutta risposta data al docente! Si potrebbe affermare quindi che il potere espresso dai Docenti e/o dal Dirigente, evidenzia l'altra allocuzione: Cicero pro domo sua  (Cice- rone /De domo sua ad pontifices), cioè secondo le convenienze del caso o l'utilità soggettiva.

E forse, è qui la contraddizione dell'educazione, nonché del Diritto medesimo: nell'incoerenza di chi esercita la funzione di guida e garante. L'educazione ha in sé due radici: educo-educare=allevare, addestrare; educo-educere=tirar fuori, cioè ha in sé i due momenti: uno addestrativo, l'altro prettamente educativo; uno normativo, l'altro descrittivo; uno definito, l'altro indefinito; uno riguarda la norma, l'altra la Persona … e la Persona è oltre il tempo, si realizza nelle relazioni, ovvero si caratterizza da una regola: non avere regole, non perché neghi le regole, ma perché afferma la superiorità della vita rispetto ad esse; non perché sia assoluta, ma proprio perché la Persona è relativa ed interdipendente; non perché la regola venga piegata all'interesse soggettivo, ma perché essa si coniughi con la coerenza dell'esistere consapevole, solidale ed uguale per tutti. ".. nos te, nos facimus, Fortuna, deam caeloque locamus.." (Giovenale X satira), siamo noi o Fortuna che ti facciamo dea e ti innalziamo agli astri…, siamo noi che applichiamo le norme e determiniamo comportamenti: "Longum iter est per praecepta, breve et efficax per exempla" (Seneca epist. 6,5)… ma con questo discorso non acquistò Solone il favore di Creso (Erodoto, Creso e Solone).☺

polsmile@tin.it

 

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