la regione commissaria l’acqua
21 Marzo 2010 Share

la regione commissaria l’acqua

 

La proposta di legge regionale n.113 del 2008, approvata il 18 febbraio, relativa alla riorganizzazione del servizio idrico integrato (depurazione, fognatura ed acqua dai serbatoi comunali alle singole utenze) riveste un’importanza fondamentale per il futuro di questo bene comune e presenta alcuni aspetti controversi e a dubbio di legittimità. Partiamo dall’articolo 3 che attribuisce alla regione medesima tutte le funzioni, assegnate dalla legge Galli del 5 gennaio 1994, n. 36, dalla legge regionale n.5/1999 e dal decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 (testo unico sull’ambiente), all’AATO (autorità d’ambito territoriale ottimale). L’articolo 148  del dlgs 152/06, vigente, recita: “L'Autorità d'ambito è una struttura dotata di personalità giuridica costituita in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente regione, alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale è trasferito l'esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche. Le regioni e le province autonome possono disciplinare le forme ed i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorità d'ambito, cui è demandata l'organizzazione, l'affidamento e il controllo della gestione del servizio idrico integrato. Ferma restando la partecipazione obbligatoria all'Autorità d'ambito di tutti gli enti locali, l'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato è facoltativa per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane, a condizione che gestiscano l'intero servizio idrico integrato, e previo consenso della Autorità d'ambito competente”.

Perché allora la Regione Molise attribuisce a sé questi compiti? Probabilmente perché l’inerzia colpevole che gli enti locali hanno dimostrato, riportata in una lettera del 27 novembre 2008, dell’AATO Molise alla regione Molise, i costi ingenti e le carenti risorse comunali, a carico dei quali grava l’Autorità, non consentono il procrastinarsi della situazione. Ma cancellare l’AATO e soprattutto ridimensionare fortemente il ruolo dei comuni non è legittimo. Infatti una recente sentenza del T.A.R. Sicilia, Catania, del 24 novembre 2008 riporta addirittura che: la previsione delle competenze in materia di servizio idrico all’ATO non spoglia il Comune dei propri poteri di intervento e controllo delle matrici ambientali di interesse diretto della propria popolazione, perché gli ATO sono funzionali ad una delega di esercizio del potere, la cui titolarità viene sempre mantenuta in capo ai Comuni. Depongono in tal senso le disposizioni del dlgs 152/06, ai sensi delle quali la titolarità del servizio idrico resta ai Comuni che compongono territorialmente l’A.T.O, legittimandoli alla tutela, e quindi alla relativa azione in giudizio, dei diritti e degli interessi che attengono all’uso delle risorse idriche. Infatti, l’art. 148 del dlgs 152/06 che istituisce l’Autorità d’Ambito, attribuisce a tale organismo, avente personalità giuridica, il solo “esercizio” del servizio idrico integrato, mantenendone i costi di funzionamento, integralmente, in capo ai Comuni che sono chiamati a farne parte (anche obbligatoriamente, e salvo gli enti di minori dimensioni che possono continuare a gestire il servizio idrico autonomamente), in “proporzione” alla loro partecipazione. Il rapporto tra attribuzione della sola “gestione” del servizio e ripartizione dei relativi costi tra i Comuni che compongono l’Autorità d’Ambito, evidenzia che il legislatore ha mantenuto agli Enti locali territoriali la “responsabilità” della funzione attinente alla titolarità del servizio idrico, disciplinando coattivamente solamente alcune delle forme di esercizio del potere, che i Comuni adesso sono chiamati a curare per il tramite della loro partecipazione all’organismo associativo, senza quindi perdere la propria legittimazione (che anzi viene viepiù confermata) a disporre della distribuzione delle risorse idriche. La responsabilità sull’uso delle risorse, si connota, dunque, in funzione della partecipazione alla gestione dell’Autorità d’ambito, ma non esclude in alcun modo la sussistenza di un preciso interesse legittimo dell’Ammini- strazione comunale relativamente all’uso ed alla tutela delle risorse idriche destinate alla propria popolazione.

Alla luce di tali disposizioni, confermate dalla giurisprudenza, appare non percorribile la strada tracciata negli articoli 4 e seguenti della legge regionale. In particolare ivi si prefigura un “comitato di ambito” con la partecipazione anche dei tre comuni più popolosi e di altri 14, ma al quale comitato è demandato solo il compito di esprimere il parere alla Giunta regionale in materie fondamentali all’organizzazione e sulla scelta della forma di gestione del servizio idrico integrato. Addirittura viene stabilito che eventuali discostamenti dai pareri espressi dal comitato di ambito sono puntualmente motivati dalla Giunta regionale. Quest’ultima potrebbe fare tutto anche contrariamente a quanto proposto e consigliato dal comitato d’ambito, basta motivarlo. Infine l’articolo 12, rinvia ad una successiva legge regionale la disciplina della forma di gestione del servizio idrico integrato in base però ai principi sanciti dalla legge regionale 2 ottobre 2006 n. 38 che, grazie al movimento della società civile molisana ed all’interessamento di un consigliere dell’epoca, recita, all’articolo 1: l'acqua è una risorsa primaria essenziale alla vita. La disponibilità e l'accesso universale all'acqua sono obiettivi da perseguire in quanto garanzia di un diritto inalienabile. La conservazione della risorsa acqua va perseguita anche a beneficio delle generazioni future, che hanno diritto ad un ecosistema equilibrato. In funzione del preminente interesse generale per un servizio pubblico essenziale, con situazione di monopolio naturale (articolo 43 della Costituzione), la Regione si prefigge la gestione interamente pubblica del servizio idrico integrato e la promozione della partecipazione popolare alla stessa.

In definitiva, la nuova legge regionale sull’acqua altro non è che lo svuotamento di funzioni e compiti dei comuni ai quali è stata, ricordato nel recente convegno del 16 gennaio, tolta l’Ici, ed ora, anche la gestione dell’acqua, restando ben poco da amministrare. Ma i comuni non sembrano comprendere il rischio che corrono. Le modifiche irrinunciabili, necessarie ed urgenti alla proposta di legge erano quindi sostanziali. L’obiettivo dovrebbe essere quello di consentire ai comuni la costituzione di un’azienda speciale consortile, sempre possibile anche in base all’art.23 bis della l.133 del 2008, (la stessa che ha tagliato i fondi all’università), la quale prevede una deroga alla gara ed all’affidamento diretto. Preciso: le regioni possono disciplinare le forme ed i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, ma non cancellare l’AATO attribuendo a quello che si vorrebbe restasse, il comitato di ambito, solo compiti consultivi. Un vero commissariamento dell’acqua. Il vero potere ce l’avrebbe la Giunta regionale ed in particolare l’assessore competente. Può un diritto alla vita essere, di fatto, attribuito ad una sola persona? E questo non è in contrasto con il principio della legge regionale della promozione della partecipazione popolare alla stessa? ☺

adelellis@virgilio.it

 

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