l’assessore risponde
4 Ottobre 2013 Share

l’assessore risponde

 

Quali prospettive e quale futuro per l’università del Molise?

 

Il Molise è chiamato ad avviare una riflessione di merito sul futuro della propria Università, superando i posizionamenti provinciali a favore o contro il nuovo o il vecchio Rettore, e misurandosi con concretezza e responsabilità sulle prospettive di sviluppo dell’Ateneo, sul potenziamento delle attività di ricerca e sul miglioramento delle valutazioni sistemiche e/o per singolo Dipartimento fatte dalla preposta Agenzia Nazionale rintracciabili sul sito del Ministero della Pubblica Istruzione ed ovviamente imparziali ed al di sopra delle parti. A distanza di 30 anni dall’avvio dei corsi di laurea, dobbiamo decidere se insistere su un’Università generalista che pensa di essere competitiva su tutte le discipline, o se puntare su poli di eccellenza che sappiano esaltare le vocazioni territoriali, i talenti locali ed un intreccio virtuoso con un modello di sviluppo innovativo in cui le competenze rappresentino il perno su cui poggiare il rilancio della regione.

Ad eccezione degli Atenei delle grandi città che possono permettersi un’organizzazione didattica ed un’attività scientifica che copre l’intera gamma dei corsi di studio, nei centri minori le Università che troviamo ben posizionate nella classifica ministeriale dell’Agenzia di Valutazione sono quelle che hanno selezionato poche Facoltà su cui investire in termini di qualità per raggiungere un’eccellenza e quindi una credibilità nazionale ed internazionale. Trento, Siena, Padova, Urbino, Salerno, Modena, L’Aquila, Perugia o Trieste rappresentano un riferimento per gli studenti italiani e per tanti giovani di ogni parte del mondo, per specifiche materie, per singoli Dipartimenti e in qualche caso anche per corsi di laurea mirati. La nostra Università ha disperso energie umane, economiche ed accademiche, nella strutturazione di un modello che replica in scala ridotta un qualsiasi Ateneo di una grande città, ovviamente in condizioni di disparità di mezzi tali che al di là della buona volontà dei docenti e della preparazione dei dirigenti, è arduo ipotizzare di attrarre studenti battendo la concorrenza di Bari, Napoli, Roma, Firenze o Bologna. La classifica dell’ANVUR traduce questa considerazione e, pur non volendo assumere a riferimento assoluto i criteri scientifici adottati dagli esperti del Ministero per analizzare e valutare tutte le Università italiane, non possiamo ignorare che quella statistica è il primo parametro di orientamento dei ragazzi alle prese con la scelta dell’Ateneo in cui iscriversi.

Per il futuro, quindi, è nostro dovere accantonare polemiche sterili ed inconcludenti che esulano dal ruolo strategico che deve giocare la ricerca, l’innovazione e l’alta formazione sul nostro territorio, per concentrarci su un approfondimento istruttorio che ci aiuti a capire i costi dell’attuale organizzazione universitaria comparandoli ai benefici e alle attese dei giovani laureati. Se sono stati tagliati i trasferimenti nazionali agli enti locali, e alle regioni, manca la possibilità di sostenere finanziariamente le spese logistiche e di sostegno al funzionamento dell’Ateneo. Se a ciò si sommano i tagli diretti assestati dal Ministero alle singole Università ne consegue che il bilancio non è più in equilibrio, le spese diventano insostenibili con le tasse che si innalzano ed i servizi  che si riducono. Non è una questione nominalistica legata al nome del Rettore o alla cordata che lo sostiene, ma più banalmente trattasi di conti economici che non tornano. Per questo è necessario riflettere insieme alle rappresentanze studentesche e alle associazioni giovanili, come stiamo facendo in Assessorato, su come rimettere mano al modello costruito negli ultimi decenni, preservando ciò che funziona, valorizzando quello che eccelle e superando con coraggio una strategia generalista assolutamente insostenibile in termini finanziari in un periodo di crisi devastante come quello che stiamo attraversando.

Le istituzioni sono chiamate a rivedere il rapporto con l’Università cominciando a discutere sul numero dei laureati che hanno trovato un impiego e in quanto tempo, sul numero dei brevetti registrati, sul numero e sulla qualità delle pubblicazioni scientifiche, sull’attività di supporto al mondo delle imprese e sulle ragioni che vedono gran parte del corpo docente lontano dal territorio e dalle sue esigenze. La questione non è legata alla provenienza, per lo più extra-regionale dei titolari di cattedra, ma al fatto che gli stessi vivono l’esperienza professionale in Molise seguendo la regola del minimo sforzo per il massimo risultato. Per il futuro sarà necessario specializzarsi in alcune discipline investendo risorse su campus circoscritti sul modello di quelli americani, senza confondere gli studi universitari con una qualsiasi scuola media. Bisognerà rivedere la legge sul diritto allo studio, riformare l’ESU, garantire servizi di qualità agli studenti, aiutare i più bravi che non hanno i mezzi per proseguire i corsi di laurea, porre termine ad una pletora di organismi poco utili e sfoltire la platea di coloro che percepiscono fitti, consulenze o emolumenti per attività non essenziali dell’Ateneo.

Se saremo in grado di confrontarci con senso di responsabilità e rigore saremo capaci, tutti insieme, di riformare l’Università del Molise potenziandola e innalzandone il livello di qualità e attrazione per i giovani del Molise e del Mondo.☺

 

 

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