La strada per l’inclusione delle persone con disabilità è lastricata di buone intenzioni e pochi fatti. È pavimentata di parole, illuminata da luci blu, ma ha fondamenta poco solide ed è segnata da buche ed insidie. Assomiglia ad alcune strade delle cittadine molisane, che a volerle percorrere con un passeggino, fanno diventare pazzi, perché si è costretti a dover far lo slalom tra marciapiedi sgangherati ed erbacce incolte. Abbiamo smesso di prenderci cura gli uni degli altri, di amare le cose che appartengono a tutti. L’apatia dimostrata da tanti italiani nei confronti del referendum sulle trivellazioni in mare la dice lunga… abbiamo poca voglia di occuparci ed informarci sulle cose che appartengono a tutti. Alziamo costantemente muri per nasconderci mentre ci aggrappiamo a ciò che è nostro, senza renderci conto che il senso di quello che ci appartiene è strettamente legato al benessere di chi ci è vicino.
Il 2 Aprile si è celebrata la giornata mondiale per la consapevolezza dell’autismo e giù tutti a parlare di inclusione, ad accendere luci blu, a spendere belle parole. Meno di due settimane dopo ad Isernia, un ragazzo autistico di 15 anni veniva di fatto escluso da una gita per un “difetto di comunicazione” nel plesso scolastico, che aveva “dimenticato” di avvisare i genitori del ragazzo in questione. Notizie come questa si sono succedute, nei giorni scorsi a Livorno, a Lignano (Mi), e in tutti i casi è emerso l’imbarazzo e l’incapacità della scuola di saper gestire situazioni delicate. Eppure la scuola dovrebbe essere il posto per eccellenza in cui si insegna l’inclusione. Troppo facile però dare la colpa (soltanto) alla scuola. Non dimentichiamo che la scuola appartiene a tutti, e se fallisce la scuola è perché ha fallito lo Stato. I fondi per l’ inclusione scolastica non a caso sono scarni ed inadeguati alle esigenze della società. Le statistiche parlano di un aumento dei bambini e ragazzi in età scolare con disabilità e bisogni speciali. A quest’aumento lo Stato non ha saputo dare risposte adeguate. Perciò possiamo accendere tutte le luci blu che vogliamo, serviranno soltanto ad aumentare la consapevolezza dell’inadeguatezza delle nostre risposte verso i soggetti più fragili.
Non è tappandoci le orecchie e gli occhi che risolveremo i problemi, non è facendo finta che non ci coinvolgano che smetteranno di esistere, dobbiamo pretendere uno Stato ed una politica più giusta per tutti, e considerare la fragilità, la malattia, la vecchiaia, la condizione di disabilità una parte del nostro essere uomini, e dobbiamo pretendere che lo Stato si prenda cura delle situazioni di difficoltà.
In Molise quotidianamente vengono tagliati servizi; a Termoli la situazione è particolarmente drammatica perché è a rischio lo stesso funzionamento dell’ospedale, i servizi di riabilitazione sul territorio diminuiscono, ma non possiamo commettere l’errore di pensare che tutto questo sia lontano da noi. Dobbiamo pretendere che le nostre risorse vengano utilizzate per ampliare i servizi ed il benessere collettivo.
Anche la casa più bella ed il giardino più rigoglioso perdono di valore se inseriti in un contesto degradato, e allo stesso modo gli uomini si arricchiscono e si impoveriscono insieme.☺
La strada per l’inclusione delle persone con disabilità è lastricata di buone intenzioni e pochi fatti. È pavimentata di parole, illuminata da luci blu, ma ha fondamenta poco solide ed è segnata da buche ed insidie. Assomiglia ad alcune strade delle cittadine molisane, che a volerle percorrere con un passeggino, fanno diventare pazzi, perché si è costretti a dover far lo slalom tra marciapiedi sgangherati ed erbacce incolte. Abbiamo smesso di prenderci cura gli uni degli altri, di amare le cose che appartengono a tutti. L’apatia dimostrata da tanti italiani nei confronti del referendum sulle trivellazioni in mare la dice lunga… abbiamo poca voglia di occuparci ed informarci sulle cose che appartengono a tutti. Alziamo costantemente muri per nasconderci mentre ci aggrappiamo a ciò che è nostro, senza renderci conto che il senso di quello che ci appartiene è strettamente legato al benessere di chi ci è vicino.
Il 2 Aprile si è celebrata la giornata mondiale per la consapevolezza dell’autismo e giù tutti a parlare di inclusione, ad accendere luci blu, a spendere belle parole. Meno di due settimane dopo ad Isernia, un ragazzo autistico di 15 anni veniva di fatto escluso da una gita per un “difetto di comunicazione” nel plesso scolastico, che aveva “dimenticato” di avvisare i genitori del ragazzo in questione. Notizie come questa si sono succedute, nei giorni scorsi a Livorno, a Lignano (Mi), e in tutti i casi è emerso l’imbarazzo e l’incapacità della scuola di saper gestire situazioni delicate. Eppure la scuola dovrebbe essere il posto per eccellenza in cui si insegna l’inclusione. Troppo facile però dare la colpa (soltanto) alla scuola. Non dimentichiamo che la scuola appartiene a tutti, e se fallisce la scuola è perché ha fallito lo Stato. I fondi per l’ inclusione scolastica non a caso sono scarni ed inadeguati alle esigenze della società. Le statistiche parlano di un aumento dei bambini e ragazzi in età scolare con disabilità e bisogni speciali. A quest’aumento lo Stato non ha saputo dare risposte adeguate. Perciò possiamo accendere tutte le luci blu che vogliamo, serviranno soltanto ad aumentare la consapevolezza dell’inadeguatezza delle nostre risposte verso i soggetti più fragili.
Non è tappandoci le orecchie e gli occhi che risolveremo i problemi, non è facendo finta che non ci coinvolgano che smetteranno di esistere, dobbiamo pretendere uno Stato ed una politica più giusta per tutti, e considerare la fragilità, la malattia, la vecchiaia, la condizione di disabilità una parte del nostro essere uomini, e dobbiamo pretendere che lo Stato si prenda cura delle situazioni di difficoltà.
In Molise quotidianamente vengono tagliati servizi; a Termoli la situazione è particolarmente drammatica perché è a rischio lo stesso funzionamento dell’ospedale, i servizi di riabilitazione sul territorio diminuiscono, ma non possiamo commettere l’errore di pensare che tutto questo sia lontano da noi. Dobbiamo pretendere che le nostre risorse vengano utilizzate per ampliare i servizi ed il benessere collettivo.
Anche la casa più bella ed il giardino più rigoglioso perdono di valore se inseriti in un contesto degradato, e allo stesso modo gli uomini si arricchiscono e si impoveriscono insieme.☺
Le statistiche parlano di un aumento dei bambini e ragazzi in età scolare con disabilità e bisogni speciali. A quest’aumento lo Stato non ha saputo dare risposte adeguate. Perciò possiamo accendere tutte le luci blu che vogliamo, serviranno soltanto ad aumentare la consapevolezza dell’inadeguatezza delle nostre risposte verso i soggetti più fragili.
La strada per l’inclusione delle persone con disabilità è lastricata di buone intenzioni e pochi fatti. È pavimentata di parole, illuminata da luci blu, ma ha fondamenta poco solide ed è segnata da buche ed insidie. Assomiglia ad alcune strade delle cittadine molisane, che a volerle percorrere con un passeggino, fanno diventare pazzi, perché si è costretti a dover far lo slalom tra marciapiedi sgangherati ed erbacce incolte. Abbiamo smesso di prenderci cura gli uni degli altri, di amare le cose che appartengono a tutti. L’apatia dimostrata da tanti italiani nei confronti del referendum sulle trivellazioni in mare la dice lunga… abbiamo poca voglia di occuparci ed informarci sulle cose che appartengono a tutti. Alziamo costantemente muri per nasconderci mentre ci aggrappiamo a ciò che è nostro, senza renderci conto che il senso di quello che ci appartiene è strettamente legato al benessere di chi ci è vicino.
Il 2 Aprile si è celebrata la giornata mondiale per la consapevolezza dell’autismo e giù tutti a parlare di inclusione, ad accendere luci blu, a spendere belle parole. Meno di due settimane dopo ad Isernia, un ragazzo autistico di 15 anni veniva di fatto escluso da una gita per un “difetto di comunicazione” nel plesso scolastico, che aveva “dimenticato” di avvisare i genitori del ragazzo in questione. Notizie come questa si sono succedute, nei giorni scorsi a Livorno, a Lignano (Mi), e in tutti i casi è emerso l’imbarazzo e l’incapacità della scuola di saper gestire situazioni delicate. Eppure la scuola dovrebbe essere il posto per eccellenza in cui si insegna l’inclusione. Troppo facile però dare la colpa (soltanto) alla scuola. Non dimentichiamo che la scuola appartiene a tutti, e se fallisce la scuola è perché ha fallito lo Stato. I fondi per l’ inclusione scolastica non a caso sono scarni ed inadeguati alle esigenze della società. Le statistiche parlano di un aumento dei bambini e ragazzi in età scolare con disabilità e bisogni speciali. A quest’aumento lo Stato non ha saputo dare risposte adeguate. Perciò possiamo accendere tutte le luci blu che vogliamo, serviranno soltanto ad aumentare la consapevolezza dell’inadeguatezza delle nostre risposte verso i soggetti più fragili.
Non è tappandoci le orecchie e gli occhi che risolveremo i problemi, non è facendo finta che non ci coinvolgano che smetteranno di esistere, dobbiamo pretendere uno Stato ed una politica più giusta per tutti, e considerare la fragilità, la malattia, la vecchiaia, la condizione di disabilità una parte del nostro essere uomini, e dobbiamo pretendere che lo Stato si prenda cura delle situazioni di difficoltà.
In Molise quotidianamente vengono tagliati servizi; a Termoli la situazione è particolarmente drammatica perché è a rischio lo stesso funzionamento dell’ospedale, i servizi di riabilitazione sul territorio diminuiscono, ma non possiamo commettere l’errore di pensare che tutto questo sia lontano da noi. Dobbiamo pretendere che le nostre risorse vengano utilizzate per ampliare i servizi ed il benessere collettivo.
Anche la casa più bella ed il giardino più rigoglioso perdono di valore se inseriti in un contesto degradato, e allo stesso modo gli uomini si arricchiscono e si impoveriscono insieme.☺
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