Oltre i comuni polvere
1 Marzo 2014 Share

Oltre i comuni polvere

Dati statistici registrati un decennio addietro riportavano un quadro significativo sul numero dei comuni italiani con meno di 5 mila abitanti. Il panorama si ampliava con il raffronto numerico tra i 5.836 di piccoli centri e la totalità degli 8.101 comuni dell’intera Italia. Dal panorama tracciato da esperti di alto livello, si ricavava l’etichetta di comuni polvere. Geograficamente essi si rintracciano a tutt’oggi in ogni contesto geografico del nostro Paese e sono particolarmente diffusi nelle valli alpine, nel territorio appenninico ma anche negli entroterra costieri.

Il Molise, di certo, in questo quadro palesa un suo specifico indice nella presenza dei residenti stabili, e scopre nell’intero territorio un continuo calo delle nascite e una crescita dei decessi; ma anche una fuga migratoria delle giovani generazioni in cerca di lavoro e di modelli più attivanti di vita in altri paesi. Dai dati raccolti nella sede dell’ Archivio di Stato di Campobasso si assume la consapevolezza che il numero delle nascite dal 2006 al 2012 cala da 2.600 a 2.332 mentre quello dei decessi cresce da 3.400 a 3.627. Come a dire che, così procedendo, ogni sei anni viene cancellato uno dei piccoli centri con circa cinquecento abitanti tanto diffusi da noi.

Si va sperimentando da tempo in molteplici territori del meridione, ma non solo, il fenomeno della riduzione degli indici nell’anagrafe delle presenze di cittadini dalla provenienza locale che viene attenuato dalla crescita dell’onda migratoria proveniente dal terzo e quarto mondo. Non a caso nell’arco di tempo già accennato, dal 2006 al 2012 mentre in Molise venivano cancellati dall’ anagrafe 8.000 nomi ne venivano reinseriti altrettanti provenienti dall’estero.

Si registra su questo fronte l’impatto con un razzismo che da sempre imperversa nella storia alimentando il rigetto all’ accoglienza dei “diversi”, così come si scoprono sul fronte opposto correnti di pensiero e schiere di popolo che agevolano il processo di integrazione dei migranti sul proprio territorio.

Anche nel quadro storico che si delinea oggi sul fenomeno, un po’ dappertutto, si colgono le due dinamiche derivate da culture di opposta provenienza: il processo di integrazione dei migranti da parte delle popolazioni già residenti sul territorio e, di contro, il rigetto dei nuovi arrivati alimentato dall’ arcaica e sempre presente inclinazione al razzismo diffuso in molti angoli dell’universo.

“Tra le ineguaglianze di fatto non può esservi uguale rispetto verso tutti se non concerne qualcosa che è identico in tutti. In tutte le relazioni che li legano alle cose di questo mondo, gli uomini sono differenti, senza eccezione alcuna. Di identico in tutti loro c’è soltanto la presenza di un legame con l’altra realtà”. Pensiero seducente eticamente di una donna che all’idea di comunità universale ha radicato la propria esistenza: Simone Weil. È questa una delle rare voci su cui si intrecciano le radici delle culture del dialogo e della intesa tra individui e popoli anche dalla provenienza più diversa. In altro scritto la grande donna ebbe ad affermare: “chi è sradicato sradica”. Come a dire: chi è solo non dissemina vita.

La politica dovrebbe attingere a queste fonti per uscire dalle logiche correnti centrate sul dissidio e sull’isolamento che non si tradurranno mai in processi di connessione per accedere a soluzioni compartecipate e condivise dalla polis che nella storia ha lasciato segnali di efficienza comunitaria di cui si vanno perdendo le impronte.

A proporsi di porre rimedio anche in Molise al problema dei comuni polvere possono giovare iniziative già in corso in altri contesti territoriali d’Italia. E non si tratta di sognare nel proporsi l’obiettivo di dare spazio a famiglie e gruppi di diversa provenienza continentale e culturale e aggiungere a tali obiettivi umanitari anche la volontà di rivitalizzare e rianimare territori e comuni della nostra terra che posseggono risorse in ambito culturale, storico, artistico, paesaggistico e agroalimentare. Solo per accenno possiamo rifarci a esperienze consimili in regioni, anche del meridione, in cui ancor oggi si respira aria diversa da quando l’accoglienza dei migranti si è tradotta in progetto di ripopolamento e di rilancio di comuni, come avvenuto in Calabria.

Il paese di Badolato Superiore nel 1997 ha visto raddoppiare il numero dei suoi 651 abitanti allorché da “paese in vendita” si è trasformato in “paese albergo” con l’accoglienza di ben 837 persone provenienti dal Kurdistan. La ricchezza di intreccio tra culture, lingue, tradizioni e anche l’ approccio di diverse fedi religiose ha posto il municipio di Calabria come modello di integrazione tra i popoli e di modello di riferimento per la rivitalizzazioni di piccoli comuni promuovendo l’accoglienza agli immigrati. Cosa che accadde per i nostri padri e nonni nell’intero corso del novecento soprattutto a fine 1945.  ☺

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