“Fin da quando era piccolo, Prometeo aveva sentito dire da suo padre Giapeto, e dagli altri Titani: Non fidarti di Zeus, Prometeo. Guarda sempre più in alto di lui, oppure più in basso.
Prometeo aveva tenuto conto di quel consiglio, ma poiché a guardare più in alto di Zeus non riusciva, guardò più in basso, e vide l’uomo. … Gli spiaceva veder(lo) sbandare di qua e di là sulla terra…era convinto che c’era del buono nell’umanità, e che bisognava aiutarla.
Così cominciò ad aggirarsi per la terra, e ad insegnare agli uomini le arti della caccia e della pesca, della costruzione dei vasi e della tessitura; insegnò loro anche le regole della vita in comune, quelle almeno che bastavano per impedire di scannarsi a vicenda. E un po’ perché Prometeo era buon maestro, un po’ perché gli uomini sapevano imparare, ci fu tra la gente più ordine e pace, si videro cose decenti e si ascoltarono parole ben dette: insomma si cominciò a vedere e gustare la civiltà.
A quel punto Zeus si infastidì”…
Non è il greco Esiodo a narrare, ma Roberto Piumini, considerato oggi tra i più noti affabulatori di storie per ragazzi. A confermare che le figure del mito attraversano le strade del mondo, artefici del loro e del nostro destino. Per offrire della realtà un fondamento stabile ed immutabile, per rendere sacri e legittimi modelli di comportamento ed istituzioni, per condividere riti e mentalità.
Ed ecco dunque farsi strada, tra gli uomini dei tempi antichissimi, la figura di questo eroe “civilizzatore” che, pur di liberare l’umanità dalla miseria, dalla barbarie e dalla paura, osa sfidare l’onnipotente Zeus: Prometeo, “colui che pensa prima”, il titano che concepì l’idea che tra il cosmo degli dei e il caos degli umani poteva esservi conciliazione.
Dell’amicizia e del favore degli dei Prometeo godette a lungo; Atena, dea della Sapienza e della Conoscenza, ne apprezzò più degli altri l’acuta intelligenza e volle perciò insegnargli tutti i principi delle scienze, dall’astronomia all’architettura alla matematica, all’arte di forgiare i metalli.
Fu proprio lei, Atena, che gli permise di entrare di nascosto nell’Olimpo. Lì, rubata una torcia al carro del Sole, Prometeo ne fece dono agli uomini.
Vincere la paura e avvicinarsi al fuoco non sarà stata impresa facile neanche per il gigante buono ma, una volta realizzata, l’azione risultava di una potenza inaudita: poneva fine al monopolio del potere da parte degli dei. Prima di tale gesto tutto avveniva per volontà di un dio, niente affatto disposto a consentire all’uomo uno spazio progettuale.
Il mito di Prometeo rappresenta il superamento di questa condizione, la fine per l’uomo della passività totale, l’inizio della sperimentazione e della intuizione creativa. Divino e umano si avvicinano generando nell’uno e nell’altro la necessità irresistibile di appartenersi o per lo meno di scoprirsi in parte simili.
Ma Zeus, il re degli dei, non si rassegna a condividere con alcuno il suo immenso potere e decide di punire Prometeo, ordinando di incatenare il Titano ribelle ad una roccia del Caucaso; lì un’aquila, simbolo del potere a cui si è ribellato, gli mangerà perennemente il fegato.
Oggi il mito è funzionale a rintracciare nella società chi, nuovo Prometeo, compie spontaneamente i suoi doveri e accetta liberamente le regole e i vincoli del vivere associato, avendo acquistato piena consapevolezza della propria dignità, del proprio ruolo e delle propria responsabilità. Ed ha il coraggio e l’ostinazione di agire, anche se tutto, nei tempi che viviamo, sembra indirizzare alla completa inazione, spegnendo qualunque forma di indignata reazione. È un’oppressione nuova quella che si insinua nei rapporti sociali, celata da un’atmosfera ovattata e gentile, che ha come unico fine quello di livellare le coscienze e costringerle ad un acquiescente silenzio. Tacere vorrebbe dire adeguarsi all’apatia generale e rinunciare alla propria libertà di critica.
Non lasciamo che si spenga dunque il fuoco divino che Prometeo ha coraggiosamente donato agli uomini; perché esso, molto più che la fiamma che consente di difendersi dalle bestie e di cuocere il cibo, è la capacità progettuale, la consapevolezza dell’agire; appunto, il “pensare prima”. ☺
annama.mastropietro@tiscali.it
“Fin da quando era piccolo, Prometeo aveva sentito dire da suo padre Giapeto, e dagli altri Titani: Non fidarti di Zeus, Prometeo. Guarda sempre più in alto di lui, oppure più in basso.
Prometeo aveva tenuto conto di quel consiglio, ma poiché a guardare più in alto di Zeus non riusciva, guardò più in basso, e vide l’uomo. … Gli spiaceva veder(lo) sbandare di qua e di là sulla terra…era convinto che c’era del buono nell’umanità, e che bisognava aiutarla.
Così cominciò ad aggirarsi per la terra, e ad insegnare agli uomini le arti della caccia e della pesca, della costruzione dei vasi e della tessitura; insegnò loro anche le regole della vita in comune, quelle almeno che bastavano per impedire di scannarsi a vicenda. E un po’ perché Prometeo era buon maestro, un po’ perché gli uomini sapevano imparare, ci fu tra la gente più ordine e pace, si videro cose decenti e si ascoltarono parole ben dette: insomma si cominciò a vedere e gustare la civiltà.
A quel punto Zeus si infastidì”…
Non è il greco Esiodo a narrare, ma Roberto Piumini, considerato oggi tra i più noti affabulatori di storie per ragazzi. A confermare che le figure del mito attraversano le strade del mondo, artefici del loro e del nostro destino. Per offrire della realtà un fondamento stabile ed immutabile, per rendere sacri e legittimi modelli di comportamento ed istituzioni, per condividere riti e mentalità.
Ed ecco dunque farsi strada, tra gli uomini dei tempi antichissimi, la figura di questo eroe “civilizzatore” che, pur di liberare l’umanità dalla miseria, dalla barbarie e dalla paura, osa sfidare l’onnipotente Zeus: Prometeo, “colui che pensa prima”, il titano che concepì l’idea che tra il cosmo degli dei e il caos degli umani poteva esservi conciliazione.
Dell’amicizia e del favore degli dei Prometeo godette a lungo; Atena, dea della Sapienza e della Conoscenza, ne apprezzò più degli altri l’acuta intelligenza e volle perciò insegnargli tutti i principi delle scienze, dall’astronomia all’architettura alla matematica, all’arte di forgiare i metalli.
Fu proprio lei, Atena, che gli permise di entrare di nascosto nell’Olimpo. Lì, rubata una torcia al carro del Sole, Prometeo ne fece dono agli uomini.
Vincere la paura e avvicinarsi al fuoco non sarà stata impresa facile neanche per il gigante buono ma, una volta realizzata, l’azione risultava di una potenza inaudita: poneva fine al monopolio del potere da parte degli dei. Prima di tale gesto tutto avveniva per volontà di un dio, niente affatto disposto a consentire all’uomo uno spazio progettuale.
Il mito di Prometeo rappresenta il superamento di questa condizione, la fine per l’uomo della passività totale, l’inizio della sperimentazione e della intuizione creativa. Divino e umano si avvicinano generando nell’uno e nell’altro la necessità irresistibile di appartenersi o per lo meno di scoprirsi in parte simili.
Ma Zeus, il re degli dei, non si rassegna a condividere con alcuno il suo immenso potere e decide di punire Prometeo, ordinando di incatenare il Titano ribelle ad una roccia del Caucaso; lì un’aquila, simbolo del potere a cui si è ribellato, gli mangerà perennemente il fegato.
Oggi il mito è funzionale a rintracciare nella società chi, nuovo Prometeo, compie spontaneamente i suoi doveri e accetta liberamente le regole e i vincoli del vivere associato, avendo acquistato piena consapevolezza della propria dignità, del proprio ruolo e delle propria responsabilità. Ed ha il coraggio e l’ostinazione di agire, anche se tutto, nei tempi che viviamo, sembra indirizzare alla completa inazione, spegnendo qualunque forma di indignata reazione. È un’oppressione nuova quella che si insinua nei rapporti sociali, celata da un’atmosfera ovattata e gentile, che ha come unico fine quello di livellare le coscienze e costringerle ad un acquiescente silenzio. Tacere vorrebbe dire adeguarsi all’apatia generale e rinunciare alla propria libertà di critica.
Non lasciamo che si spenga dunque il fuoco divino che Prometeo ha coraggiosamente donato agli uomini; perché esso, molto più che la fiamma che consente di difendersi dalle bestie e di cuocere il cibo, è la capacità progettuale, la consapevolezza dell’agire; appunto, il “pensare prima”. ☺
“Fin da quando era piccolo, Prometeo aveva sentito dire da suo padre Giapeto, e dagli altri Titani: Non fidarti di Zeus, Prometeo. Guarda sempre più in alto di lui, oppure più in basso.
Prometeo aveva tenuto conto di quel consiglio, ma poiché a guardare più in alto di Zeus non riusciva, guardò più in basso, e vide l’uomo. … Gli spiaceva veder(lo) sbandare di qua e di là sulla terra…era convinto che c’era del buono nell’umanità, e che bisognava aiutarla.
Così cominciò ad aggirarsi per la terra, e ad insegnare agli uomini le arti della caccia e della pesca, della costruzione dei vasi e della tessitura; insegnò loro anche le regole della vita in comune, quelle almeno che bastavano per impedire di scannarsi a vicenda. E un po’ perché Prometeo era buon maestro, un po’ perché gli uomini sapevano imparare, ci fu tra la gente più ordine e pace, si videro cose decenti e si ascoltarono parole ben dette: insomma si cominciò a vedere e gustare la civiltà.
A quel punto Zeus si infastidì”…
Non è il greco Esiodo a narrare, ma Roberto Piumini, considerato oggi tra i più noti affabulatori di storie per ragazzi. A confermare che le figure del mito attraversano le strade del mondo, artefici del loro e del nostro destino. Per offrire della realtà un fondamento stabile ed immutabile, per rendere sacri e legittimi modelli di comportamento ed istituzioni, per condividere riti e mentalità.
Ed ecco dunque farsi strada, tra gli uomini dei tempi antichissimi, la figura di questo eroe “civilizzatore” che, pur di liberare l’umanità dalla miseria, dalla barbarie e dalla paura, osa sfidare l’onnipotente Zeus: Prometeo, “colui che pensa prima”, il titano che concepì l’idea che tra il cosmo degli dei e il caos degli umani poteva esservi conciliazione.
Dell’amicizia e del favore degli dei Prometeo godette a lungo; Atena, dea della Sapienza e della Conoscenza, ne apprezzò più degli altri l’acuta intelligenza e volle perciò insegnargli tutti i principi delle scienze, dall’astronomia all’architettura alla matematica, all’arte di forgiare i metalli.
Fu proprio lei, Atena, che gli permise di entrare di nascosto nell’Olimpo. Lì, rubata una torcia al carro del Sole, Prometeo ne fece dono agli uomini.
Vincere la paura e avvicinarsi al fuoco non sarà stata impresa facile neanche per il gigante buono ma, una volta realizzata, l’azione risultava di una potenza inaudita: poneva fine al monopolio del potere da parte degli dei. Prima di tale gesto tutto avveniva per volontà di un dio, niente affatto disposto a consentire all’uomo uno spazio progettuale.
Il mito di Prometeo rappresenta il superamento di questa condizione, la fine per l’uomo della passività totale, l’inizio della sperimentazione e della intuizione creativa. Divino e umano si avvicinano generando nell’uno e nell’altro la necessità irresistibile di appartenersi o per lo meno di scoprirsi in parte simili.
Ma Zeus, il re degli dei, non si rassegna a condividere con alcuno il suo immenso potere e decide di punire Prometeo, ordinando di incatenare il Titano ribelle ad una roccia del Caucaso; lì un’aquila, simbolo del potere a cui si è ribellato, gli mangerà perennemente il fegato.
Oggi il mito è funzionale a rintracciare nella società chi, nuovo Prometeo, compie spontaneamente i suoi doveri e accetta liberamente le regole e i vincoli del vivere associato, avendo acquistato piena consapevolezza della propria dignità, del proprio ruolo e delle propria responsabilità. Ed ha il coraggio e l’ostinazione di agire, anche se tutto, nei tempi che viviamo, sembra indirizzare alla completa inazione, spegnendo qualunque forma di indignata reazione. È un’oppressione nuova quella che si insinua nei rapporti sociali, celata da un’atmosfera ovattata e gentile, che ha come unico fine quello di livellare le coscienze e costringerle ad un acquiescente silenzio. Tacere vorrebbe dire adeguarsi all’apatia generale e rinunciare alla propria libertà di critica.
Non lasciamo che si spenga dunque il fuoco divino che Prometeo ha coraggiosamente donato agli uomini; perché esso, molto più che la fiamma che consente di difendersi dalle bestie e di cuocere il cibo, è la capacità progettuale, la consapevolezza dell’agire; appunto, il “pensare prima”. ☺
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.