Riflessioni su autonomia differenziata
18 Febbraio 2020
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Riflessioni su autonomia differenziata

Le relazioni fra le regioni del nord e quelle del Meridione del nostro Paese non sempre sono state serene e distese a cominciare dall’unità risorgimentale, quando il sud è stato letteralmente deprivato delle sue eccezionali prerogative, del suo entusiastico fervore culturale, se pensiamo alla stagione dell’Illuminismo napoletano o alla brutale repressione di quello che viene definito il “brigantaggio”. La lotta serrata e cruenta ai “briganti”, considerati delinquenti e criminali, l’emarginazione e il brutale sfruttamento delle popolazioni rurali (coscrizione obbligatoria, ingiustificata tassa sul macinato ossia alla tassa sulla povertà, successiva e obbligata emigrazione verso il nord del paese), queste ragioni ed altre hanno determinato la diffusione amplificata delle mafie e della subcultura della sopraffazione, ma anche un arretramento sociale/economico del Sud d’Italia, cui si sono accompagnate le voci insistenti sulla corruzione, sulla incapacità amministrativa del ceto politico meridionale, sulla tenace contrapposizione della cultura contadina e della civiltà rurale al mondo dell’industrializzazione che in seguito avrebbe cambiato il volto del nord del paese, piegandolo alla cinica e fredda programmazione del ceto imprenditoriale/finanziario nascente, proteso essenzialmente, fatte salve rare eccezioni!, ad applicare i princìpi ed i teoremi finanziari dei paesi del nord d’Europa e dell’America settentrionale.

Questa rincorsa ha acuito il divario tra nord e sud d’Italia, quest’ultimo definito, nel suo complesso, immobile, inetto, incapace di progredire secondo la praxis neoliberista. A ciò va aggiunta l’affermazione di cordate finanziarie private e di gruppi partitici che hanno espresso la volontà dei ceti imprenditoriali del nord, di quello politico e di parte della società civile di sganciarsi dal sud d’Italia, accusato di essere sprecone, scialacquatore ed insufficiente. Questa situazione si delinea chiaramente a partire dal 2001, quando sulla spinta della Lega Nord di Bossi, il centro/sinistra ha acconsentito, favorendola, ad una riforma abnorme, superficiale e, quindi, capestro del Titolo V della nostra Costituzione, che dal nefasto “federalismo fiscale” ci ha condotto, quasi scortandoci, diritto alla cosiddetta “Autono- mia differenziata”, ovvero alla “secessione dei ricchi”, come il prof. Gianfranco Viesti scrive nel suo saggio sulla “Autonomia differenziata”.  Tutto questo disastro civile, culturale e politico, devastante a danno del Sud, è stato sicuramente favorito anche dalla scomparsa dei partiti tradizionali che hanno avuto, in effetti, il compito di fare sintesi condivise, coordinando le pur differenti esigenze fra il nord ed il sud del Paese. Da queste premesse prorompe e deflagra la “questione settentrionale”, facendo scomparire dall’agenda del ceto politico di questi ultimi decenni lo sviluppo del Meridione d’Italia.

Di conseguenza, alcune regioni del nord (Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, cui si accompagna in successione il Piemonte) cominciano ad esprimere a gran voce (ma attraverso incontri segreti, come è capitato sotto il governo ballerino di Gentiloni), anche attraverso referendum regionali, la volontà di utilizzare per sé tutte le risorse finanziarie regionali e di volersi “sganciare”, nel concreto, dal resto del Paese. Questo sarebbe, ma è!, un passo davvero pericoloso, al quale è necessario contrapporre una tenace e ferrea avversione, pena la morte dichiarata ed annunciata dell’unità d’Italia, ed una palese sconfessione della nostra Carta Costituzionale. A questo punto si apre lo scenario di quella che è stata definita l’“Autonomia differenziata”, ovvero la “secessione dei ricchi”. Con essa ci troviamo di fronte ad una insensibile e beffarda aggressione all’unità nazionale e alla brutale ed inflessibile minaccia di demolizione del principio fondante della nostra Costituzione, ossia la solidarietà fra le classi sociali (artt. 2/3/5). Le diseguaglianze saranno ancora più brutali, se pensiamo all’aggressione frontale al Servizio Sanitario Nazionale, nato e basato su princìpi di universalità e solidarietà, che garantiscono a tutti i cittadini eguali diritti nella prevenzione, nell’accesso alle cure e nella sicurezza sul lavoro. Ci sarà sicuramente il rischio di un peggioramento nella salvaguardia dell’ambiente, del territorio. E che dire del diritto allo studio? E delle infrastrutture (strade, autostrade, aeroporti, ponti, porti, viadotti, gallerie, ferrovie, ecc.)? Le competenze sarebbero soltanto regionali col conseguente scollamento dei rapporti interregionali. Di qui, scaturirà, necessariamente e concretamente, l’attuazione di quel principio dogmatico della dottrina neoliberista, che addirittura esige la “punizione” per chi rimane indietro ed il premio per chi coltiva quei princìpi competitivi che sicuramente recherebbero conseguenze devastanti per le popolazioni del sud d’Italia.

Di qui, esprimiamo opposizione e dissidio verso qualunque forma di autonomia differenziata. Ma noi siamo chi? Questa posizione di ferma e decisa critica dell’autonomia differenziata è espressa a chiare lettere dalla Rete de I Numeri Pari, con le sue 700 adesioni, legata a Libera contro le mafie, ma anche esposta e formulata da associazioni (Laboratorio del Sud), network (Officina dei saperi) e gruppi di cittadini responsabili e partecipi alla vita della polis. L’attuale governo giallo/rosso (5S e PD) ha presentato nella persona del ministro Boccia (docente alla UniMol) una bozza di Legge Quadro, affermando che essa sarà lo strumento che garantirebbe la tutela, ossia la preservazione del principio di coesione nazionale e di solidarietà. Ma non è proprio così, perché la Legge Quadro del ministro Boccia promuove, incoraggia, alimenta la regionalizzazione delle materie richieste dalle regioni (istruzione, sanità, ricerca scientifica, ambiente e territorio, infrastrutture, lavoro, rapporti internazionali e con la UE). Inoltre, non ci sarebbero più i contratti collettivi nazionali a tutela dei diritti dei lavoratori che sarebbero trascinati in una feroce e disumana concorrenza al ribasso. Le regioni avrebbero la possibilità di sostituire la sanità pubblica con quella privata attraverso fondi integrativi e polizze assicurative. Non esisterebbe più la scuola della Repubblica, ma tante scuole regionali, diverse tra loro e controllate dai governi regionali attraverso la loro esclusiva programmazione, la stipendialità regionale difforme rispetto ai contratti collettivi nazionali, il controllo politico/ideologico dei governi regionali a tutto discapito della libertà d’insegnamento e dell’ impronta democratico/civile che ha ancora, nonostante tutto!, la scuola pubblica nel nostro Paese. Inoltre, la frammentazione della normativa determinerebbe politiche scollegate con conseguenze negative e drammatiche tra le altre sul territorio, sull’ambiente, sull’inquinamento e sulle bonifiche. Per queste ragioni contrastiamo con caparbio rigore la Legge Quadro Boccia, chiedendo il ritiro di qualunque autonomia differenziata, che determini la fine dell’unità della nostra Nazione e della bellezza, invidiataci nel mondo, della nostra civiltà mediterranea.☺

 

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