Spazi di vita con o per i vecchi?
22 Marzo 2023
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Spazi di vita con o per i vecchi?

Gli spazi sono ambiti in cui ciascuno di noi vive, agisce, interagisce e in cui trovano soddisfazione i bisogni materiali e immateriali e si usufruisce di attività ludico-ricreative e culturali. Vivono in tali spazi anche i vecchi. Il loro ‘mondo’ è, però, cambiato e continua a cambiare per cui anche i loro spazi di vita, ammesso che questi fossero stati, in passato, sempre vivibili e anche ora, devono essere ripensati e, poi, riprogettati.

Va ripensata la vecchiaia per cui si deve andare oltre le tradizionali riflessioni e porsi in direzione di un suo ripensamento che veda coinvolti assieme sia chi la sta vivendo, sia chi non la sta ancora vivendo e che, quasi certamente, la vivrà ma che, oggi, forse avendone paura, l’allontana o la nega. Sono necessari concetti e strumenti nuovi per poterla comprendere, per entrare dentro questo ‘mondo’ e conoscerne i suoi ‘abitanti’, i loro bisogni, le loro abitudini, i loro comportamenti. Si deve, perciò, rifuggire dagli stereotipi, ancora presenti e forti, come quelli del vecchio povero, malato e dipendente. Esistono vecchi poveri, ma non tutti i vecchi sono poveri. Moltissimi hanno una pensione, anche se questa, forse,non è sempre ‘ricca’. L’aumento della durata della vita media ha incrementato il rischio di malattie croniche e di dipendenza. Non tutti i vecchi, però, sono tali; anzi lo sono sempre di meno e, i ‘nuovi’ vecchi, rivendicano diritti, spesso ancora loro negati. Ripensare la vecchiaia impone di prendere coscienza che non esiste il vecchio, ma che esistono tante “persone” che invecchiano attraverso una propria e unica storia di vita. Le vecchiaie e i vecchi sono diverse/i proprio perché legate/i alle singole storie di vita. Sono storie di vita vissute dentro contesti socio-culturali diversificati e portatrici di bisogni diversificati, anche se apparentemente tali bisogni sembrano mostrarsi uguali. La loro semplificazione fa cogliere solo ciò che li accomuna e non ciò che li diversifica.

I “luoghi” della vecchiaia

Le vecchiaie si ‘costruiscono’ dentro un ‘territorio’ geografico, economico, sociale e culturale ed è in quello specifico territorio che i vecchi devono poter continuare a vivere con chi vi abita. Il territorio non è, però, sempre tale da poter garantire loro una vita dignitosa e soddisfacente i loro bisogni. Esso è, spesso, un territorio ostile, ‘nemico’, irto di ostacoli (architettonici, socio-ambientali e culturali) impedenti la conduzione di una vivibile e gratificante vita sociale e, se ciò non fosse più possibile, il diritto di scegliere dove poterla condurre. Necessita, perciò, un ripensamento degli spazi di vita non solo dal punto di vista fisico-architetto- nico ma, e soprattutto, socio-culturale in cui sia possibile vivere dignitosamente i diversi momenti della vita, specie in vecchiaia. La ri-costruzione di una rete socio-sanitaria e relazionale deve, perciò, partire dentro il territorio e dalla conoscenza di tutte le persone, che in quello specifico territorio si trovano a vivere, e dei loro bisogni.

Gli spazi in cui si vive o, forse più correttamente, in cui si “sta” o si “abita” sono, normalmente, spazi dati-e-costruiti. Sono spazi ‘chiusi’, ‘confinati’ per cui più correttamente si dovrebbe parlare di luoghi di vita in cui bisogni da soddisfare, attività da svolgere, servizi da usufruire e comportamenti sono pre-determinati. Gli spazi, per loro natura, non possono essere ‘chiusi’, ‘delimitati’, ma ambiti in cui si vive, si agisce e si interagisce, si soddisfano bisogni materiali e immateriali e si usufruisce di attività ludico-ricreative e culturali. Bisogni e attività hanno un loro tempo, non sono mai statici, mutano, si stemperano, spariscono. Le persone cambiano comportamenti e abitudini. Non è, perciò, possibile ‘costringere’ persone, bisogni, attività e comportamenti entro luoghi o, se si vuole, entro spazi ‘confinati’. Si deve ‘sconfinare’, abbattere i ‘confini’ che impediscono di disperdersi nei vari spazi di vita alla ricerca di occasioni e di opportunità che, favorenti la scelta, rispondano e soddisfino al meglio bisogni e attività socio- ricreative e ludico-culturali individuali e collettive, che in quel momento e in quel contesto si vanno ponendo, e favoriscano comportamenti. Non è dove soddisfare bisogni, attività e comportamenti che va messo in discussione, ma la sua pietrificazione. Serve un dove mobile che garantisca, sfruttando occasioni e opportunità offerte, il diritto di scegliere dove poter soddisfare bisogni, attività e comportamenti. Si vive in una società che, per quanto riguarda i vecchi (ma non solo), tende a fissare con una certa rigidità i luoghi di vita ‘confinandoli’ spazialmente e culturalmente: case riposo, residenze sanitarie, case albergo, centri anziani e altro ancora.

Costruire “spazi” con le persone

Gli spazi possono essere costruiti per l’uomo o con l’uomo. Si chiarisce che, parlando di costruzione non si fa riferimento, riduttivamente, sola alla progettazione e alla costruzione ingegneristico-architettonica, ma piuttosto all’idea di spazio che sta dietro e che dovrebbe guidare tali attività. Lo spazio per l’uomo è pensato, dato, costruito per l’uomo: un uomo ideale. È un costruire pre-pensato, pianificato che tende a fissare e a imporre comportamenti, che individua, a priori, in tali costruzioni la risposta a bisogni e attività. È un costruire in cui persone, diversità e diversificazioni sia dei bisogni che delle loro modalità di soddisfazione godono di scarso peso o interessano marginalmente. Si è in presenza di una sorta di determinismo ambientale che porta a sopravvalutare le variabili fisico-architettonico-ambien tali. Costruire spazi con l’uomo vede l’uomo ‘vero’ protagonista. Costruisce il ‘suo’ spazio e lo plasma partendo dalla persona, dai suoi bisogni concreti, dalle sue attività e dalle modalità di come poterli/e soddisfare. Costruire con l’uomo ha come riferimento non tanto e non solo dati tecnico-architettonici, importanti e necessari, quanto quelli socio-culturali. È un costruire attribuente peso alle esperienze delle persone fissate nei loro comportamenti. Sono un pensare, un progettare e, poi, un costruire orientati alla persona, al ‘come’ costruire e non al ‘che cosa’ costruire. E cioè al ‘come’ pensare, progettare e costruire spazi che diano risposte ai bisogni che le persone avanzano e alle attività che propongono e, quindi, a far sì che le stesse possano percepire e, poi, esperire concretamente la necessità e l’utilità di tali spazi proprio perché in essi possono soddisfare i loro bisogni e svolgere le loro attività: continuare a vivere la propria vita. Se si pone l’accento sul ‘come’, assume peso la necessità di conoscere ‘dal vivo’ le persone, i loro comportamenti, i loro bisogni e le loro attività così come si manifestano, si concretizzano e si diversificano nei vari territori. È un approccio che dà peso alle regole socio-culturali e che tiene in debita considerazione il bisogno di spazi e di spazialità, le reazioni alle violazioni e/o alla restrizione dello spazio personale.

Sono le ‘regole’ ferree, quelle di cui si è fatto cenno, che hanno costantemente guidato il “Progetto Monte”, voluto dall’ amministrazione comunale, che ha portato a ripensare e, poi, ricostruire Monte, una piccola frazione in Valle di Muggio (Canton Ticino). È stata una ricostruzione che ha visto ‘costruttori’ gli abitanti e i tecnici. Assieme hanno ricostruito spazi di vita in cui bisogni, attività e comportamenti dei vecchi potessero trovare soddisfazione assieme a quelli/e di tutta la popolazione.

Il “Progetto Monte” è approfondito nel volume Guglielmo Giumelli, Dieter Schurch, Vecchi e spazi di vita, Il melangolo, Genova 2022.☺

 

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