La difficoltà del prendere posizione. Scegliere. Schierarsi. Assumersi le responsabilità delle proprie azioni accettando il rischio di sbagliare, di deludere, di rinunciare e sopportare l’eventuale senso di colpa o peggio l’infelicità. Manchiamo di rigore. Ci siamo inventati i movimenti per non usare le bandiere, le associazioni per sostituire le ideologie. Abbiamo il coraggio di fare delle scelte e sostenerle accettandone le rinunce o siamo degli individui pavidi o peggio ancora opportunisti?
Sempre più spesso ultimamente ho l’impressione che siamo diventati dei bravissimi avvocati difensori di noi stessi, il giudice severo è stato congedato e rottamato (ormai è di moda) e al suo posto istituito un commissario troppo attento a non irritare il nostro desiderio. Se tutti i nostri desideri sono realizzabili, per quanto incoerenti tra loro, allora che senso ha desiderare? Non esiste il bene senza il male, può esistere l’ES senza il SUPER IO? La nostra tolleranza verso noi stessi e le nostre incoerenze ci hanno portato ad accettare e ad adattarci a tutto, ormai giustifichiamo qualsiasi cosa, battaglie trasversali dentro e fuori di noi. Mi domando se tutto questo abbia senso o non sia solo il mantenimento del problema che oggi affrontiamo nella nostra società. Se la nostra morale è scesa a compromessi con il nostro desiderio, non stiamo forse barattando la nostra identità? Qualcuno parla di società liquida, il passo successivo sarà la società gassosa? A scuola ho imparato che certi elementi insieme non legano, ma oggi sembra possibile: l’acqua si mischia con l’olio fino a quando questo conviene ad entrambi, poi tutto torna ad essere il contrario di tutto; in altre parole stiamo riscrivendo la psicologia, la fisica e la chimica. Darwin diceva che sopravvive l’ animale che maggiormente si adatta al contesto, noi ci siamo adattati e ci stiamo adattando a tutto, ed è per questo che moriamo come società.
Cosa ci ha portato a perdere i punti di riferimento? Ho sempre sostenuto di poter essere qualsiasi cosa avessi voluto essere – in pratica -, tuttavia – in teoria – ho sempre avuto chiaro quale fosse il limite oltre il quale non spingermi, in quanto avrei messo in discussione le mie credenze, i miei valori oltre che la mia dignità; oggi non siamo più disposti a morire per una causa, per una crociata o per un’idea, se l’ISIS ci conquistasse probabilmente ci vorrebbero tre ore per imparare il corano e diventare musulmani, in fondo ciò che conta è andare avanti a prescindere, senza riflettere e senza pensare, di qui la mia riflessione: se non abbiamo un’idea dell’essere e del saper essere come facciamo ad esistere?
Tutto è strumentale e strumentalizzato, ciò che diciamo oggi domani può non essere vero, la nostra parola non conta nulla, parole prive di significato e dunque oratori senza senso; di qui l’esigenza crescente di notai, avvocati e psicologi, ovvero persone che suggellino i nostri patti, ci rassicurino sulle nostre cause e legittimino i nostri pensieri. Ci siamo venduti l’anima al diavolo, qualcuno sosterrebbe che il suddetto si sia incarnato nel capitalismo, altri ne individuerebbero l’esistenza nel progresso; in ogni caso credo non sia più il tempo delle rivoluzioni, perlomeno non quelle collettive. Le uniche rivoluzioni possibili, a mio avviso, al giorno d’oggi, sono quelle personali, ovvero quelle dentro di noi e per far questo dobbiamo recuperare il rigore attraverso la riesumazione dell’importanza della parola e dunque della fiducia in noi stessi e, di conseguenza, negli altri (e nella parola degli altri). Tutto questo non può prescindere, sempre a mio avviso, dalla restituzione al Super Io della sua funzione censoria.
Il mio discorso si guarda bene dal voler assumere sfumature moraliste, il principio di fondo è l’opposto: a differenza del parroco, non credo che tutti possano salvarsi; per me solo in pochi si salvano, ed è a quei pochi che mi rivolgo e nei quali vorrei suscitare un dubbio, magari una nostalgia del rigore, perché davvero mi piacerebbe il ritorno ad una società solida. ☺
La difficoltà del prendere posizione. Scegliere. Schierarsi. Assumersi le responsabilità delle proprie azioni accettando il rischio di sbagliare, di deludere, di rinunciare e sopportare l’eventuale senso di colpa o peggio l’infelicità. Manchiamo di rigore. Ci siamo inventati i movimenti per non usare le bandiere, le associazioni per sostituire le ideologie. Abbiamo il coraggio di fare delle scelte e sostenerle accettandone le rinunce o siamo degli individui pavidi o peggio ancora opportunisti?
Sempre più spesso ultimamente ho l’impressione che siamo diventati dei bravissimi avvocati difensori di noi stessi, il giudice severo è stato congedato e rottamato (ormai è di moda) e al suo posto istituito un commissario troppo attento a non irritare il nostro desiderio. Se tutti i nostri desideri sono realizzabili, per quanto incoerenti tra loro, allora che senso ha desiderare? Non esiste il bene senza il male, può esistere l’ES senza il SUPER IO? La nostra tolleranza verso noi stessi e le nostre incoerenze ci hanno portato ad accettare e ad adattarci a tutto, ormai giustifichiamo qualsiasi cosa, battaglie trasversali dentro e fuori di noi. Mi domando se tutto questo abbia senso o non sia solo il mantenimento del problema che oggi affrontiamo nella nostra società. Se la nostra morale è scesa a compromessi con il nostro desiderio, non stiamo forse barattando la nostra identità? Qualcuno parla di società liquida, il passo successivo sarà la società gassosa? A scuola ho imparato che certi elementi insieme non legano, ma oggi sembra possibile: l’acqua si mischia con l’olio fino a quando questo conviene ad entrambi, poi tutto torna ad essere il contrario di tutto; in altre parole stiamo riscrivendo la psicologia, la fisica e la chimica. Darwin diceva che sopravvive l’ animale che maggiormente si adatta al contesto, noi ci siamo adattati e ci stiamo adattando a tutto, ed è per questo che moriamo come società.
Cosa ci ha portato a perdere i punti di riferimento? Ho sempre sostenuto di poter essere qualsiasi cosa avessi voluto essere – in pratica -, tuttavia – in teoria – ho sempre avuto chiaro quale fosse il limite oltre il quale non spingermi, in quanto avrei messo in discussione le mie credenze, i miei valori oltre che la mia dignità; oggi non siamo più disposti a morire per una causa, per una crociata o per un’idea, se l’ISIS ci conquistasse probabilmente ci vorrebbero tre ore per imparare il corano e diventare musulmani, in fondo ciò che conta è andare avanti a prescindere, senza riflettere e senza pensare, di qui la mia riflessione: se non abbiamo un’idea dell’essere e del saper essere come facciamo ad esistere?
Tutto è strumentale e strumentalizzato, ciò che diciamo oggi domani può non essere vero, la nostra parola non conta nulla, parole prive di significato e dunque oratori senza senso; di qui l’esigenza crescente di notai, avvocati e psicologi, ovvero persone che suggellino i nostri patti, ci rassicurino sulle nostre cause e legittimino i nostri pensieri. Ci siamo venduti l’anima al diavolo, qualcuno sosterrebbe che il suddetto si sia incarnato nel capitalismo, altri ne individuerebbero l’esistenza nel progresso; in ogni caso credo non sia più il tempo delle rivoluzioni, perlomeno non quelle collettive. Le uniche rivoluzioni possibili, a mio avviso, al giorno d’oggi, sono quelle personali, ovvero quelle dentro di noi e per far questo dobbiamo recuperare il rigore attraverso la riesumazione dell’importanza della parola e dunque della fiducia in noi stessi e, di conseguenza, negli altri (e nella parola degli altri). Tutto questo non può prescindere, sempre a mio avviso, dalla restituzione al Super Io della sua funzione censoria.
Il mio discorso si guarda bene dal voler assumere sfumature moraliste, il principio di fondo è l’opposto: a differenza del parroco, non credo che tutti possano salvarsi; per me solo in pochi si salvano, ed è a quei pochi che mi rivolgo e nei quali vorrei suscitare un dubbio, magari una nostalgia del rigore, perché davvero mi piacerebbe il ritorno ad una società solida. ☺
La difficoltà del prendere posizione. Scegliere. Schierarsi. Assumersi le responsabilità delle proprie azioni accettando il rischio di sbagliare, di deludere, di rinunciare e sopportare l’eventuale senso di colpa o peggio l’infelicità. Manchiamo di rigore.
La difficoltà del prendere posizione. Scegliere. Schierarsi. Assumersi le responsabilità delle proprie azioni accettando il rischio di sbagliare, di deludere, di rinunciare e sopportare l’eventuale senso di colpa o peggio l’infelicità. Manchiamo di rigore. Ci siamo inventati i movimenti per non usare le bandiere, le associazioni per sostituire le ideologie. Abbiamo il coraggio di fare delle scelte e sostenerle accettandone le rinunce o siamo degli individui pavidi o peggio ancora opportunisti?
Sempre più spesso ultimamente ho l’impressione che siamo diventati dei bravissimi avvocati difensori di noi stessi, il giudice severo è stato congedato e rottamato (ormai è di moda) e al suo posto istituito un commissario troppo attento a non irritare il nostro desiderio. Se tutti i nostri desideri sono realizzabili, per quanto incoerenti tra loro, allora che senso ha desiderare? Non esiste il bene senza il male, può esistere l’ES senza il SUPER IO? La nostra tolleranza verso noi stessi e le nostre incoerenze ci hanno portato ad accettare e ad adattarci a tutto, ormai giustifichiamo qualsiasi cosa, battaglie trasversali dentro e fuori di noi. Mi domando se tutto questo abbia senso o non sia solo il mantenimento del problema che oggi affrontiamo nella nostra società. Se la nostra morale è scesa a compromessi con il nostro desiderio, non stiamo forse barattando la nostra identità? Qualcuno parla di società liquida, il passo successivo sarà la società gassosa? A scuola ho imparato che certi elementi insieme non legano, ma oggi sembra possibile: l’acqua si mischia con l’olio fino a quando questo conviene ad entrambi, poi tutto torna ad essere il contrario di tutto; in altre parole stiamo riscrivendo la psicologia, la fisica e la chimica. Darwin diceva che sopravvive l’ animale che maggiormente si adatta al contesto, noi ci siamo adattati e ci stiamo adattando a tutto, ed è per questo che moriamo come società.
Cosa ci ha portato a perdere i punti di riferimento? Ho sempre sostenuto di poter essere qualsiasi cosa avessi voluto essere – in pratica -, tuttavia – in teoria – ho sempre avuto chiaro quale fosse il limite oltre il quale non spingermi, in quanto avrei messo in discussione le mie credenze, i miei valori oltre che la mia dignità; oggi non siamo più disposti a morire per una causa, per una crociata o per un’idea, se l’ISIS ci conquistasse probabilmente ci vorrebbero tre ore per imparare il corano e diventare musulmani, in fondo ciò che conta è andare avanti a prescindere, senza riflettere e senza pensare, di qui la mia riflessione: se non abbiamo un’idea dell’essere e del saper essere come facciamo ad esistere?
Tutto è strumentale e strumentalizzato, ciò che diciamo oggi domani può non essere vero, la nostra parola non conta nulla, parole prive di significato e dunque oratori senza senso; di qui l’esigenza crescente di notai, avvocati e psicologi, ovvero persone che suggellino i nostri patti, ci rassicurino sulle nostre cause e legittimino i nostri pensieri. Ci siamo venduti l’anima al diavolo, qualcuno sosterrebbe che il suddetto si sia incarnato nel capitalismo, altri ne individuerebbero l’esistenza nel progresso; in ogni caso credo non sia più il tempo delle rivoluzioni, perlomeno non quelle collettive. Le uniche rivoluzioni possibili, a mio avviso, al giorno d’oggi, sono quelle personali, ovvero quelle dentro di noi e per far questo dobbiamo recuperare il rigore attraverso la riesumazione dell’importanza della parola e dunque della fiducia in noi stessi e, di conseguenza, negli altri (e nella parola degli altri). Tutto questo non può prescindere, sempre a mio avviso, dalla restituzione al Super Io della sua funzione censoria.
Il mio discorso si guarda bene dal voler assumere sfumature moraliste, il principio di fondo è l’opposto: a differenza del parroco, non credo che tutti possano salvarsi; per me solo in pochi si salvano, ed è a quei pochi che mi rivolgo e nei quali vorrei suscitare un dubbio, magari una nostalgia del rigore, perché davvero mi piacerebbe il ritorno ad una società solida. ☺
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