La nonviolenza è lotta come amore, ovvero conflitto, suscitamento e gestione del conflitto, inteso sempre come comunicazione, dialogo, processo di riconoscimento di umanità. La nonviolenza è lotta o non è nulla; essa vive solo nel suo incessante contrapporsi alla violenza. Ed insieme è quella specifica, peculiare forma di lotta che vuole non solo vincere, ma con-vincere, vincere insieme (Vinoba coniò il motto, stupendo, vittoria al mondo; un motto dei militanti afroamericani dice all’incirca lo stesso: potere al popolo); la nonviolenza è quella specifica forma di lotta il cui fine è il riconoscimento di umanità di tutti gli esseri umani: è lotta di liberazione che include tra i soggetti da liberare gli stessi oppressori contro il cui agire si solleva a combattere. Essa è dunque eminentemente responsabilità: rispondere all’appello dell’altro, del volto muto e sofferente dell’altro. È la responsabilità di ognuno per l’umanità intera e per il mondo.
Ed essendo responsabilità è anche sempre non menzogna: amore della verità come amore per l’altra persona la cui dignità di essere senziente e pensante, quindi capace di comprendere, non deve essere violata (e mentire è violare la dignità altrui in ciò che tutti abbiamo di più caro: la nostra capacità di capire). Non è dunque una ideologia ma un appello, non un dogma ma una prassi. Ed essendo una prassi, ovvero un agire concreto e processuale, si dà sempre in situazioni e dinamiche dialettiche e contestuali, e giammai in astratto.
Non esiste una nonviolenza meramente teorica, poiché la teoria nonviolenta è sempre e solo la riflessione e l’autocoscienza della nonviolenza come prassi. La nonviolenza o è in cammino, vale da dire lotta nel suo farsi, o semplicemente non è.
La nonviolenza è lotta come amore, ovvero conflitto, suscitamento e gestione del conflitto, inteso sempre come comunicazione, dialogo, processo di riconoscimento di umanità. La nonviolenza è lotta o non è nulla; essa vive solo nel suo incessante contrapporsi alla violenza. Ed insieme è quella specifica, peculiare forma di lotta che vuole non solo vincere, ma con-vincere, vincere insieme (Vinoba coniò il motto, stupendo, vittoria al mondo; un motto dei militanti afroamericani dice all’incirca lo stesso: potere al popolo); la nonviolenza è quella specifica forma di lotta il cui fine è il riconoscimento di umanità di tutti gli esseri umani: è lotta di liberazione che include tra i soggetti da liberare gli stessi oppressori contro il cui agire si solleva a combattere. Essa è dunque eminentemente responsabilità: rispondere all’appello dell’altro, del volto muto e sofferente dell’altro. È la responsabilità di ognuno per l’umanità intera e per il mondo.
Ed essendo responsabilità è anche sempre non menzogna: amore della verità come amore per l’altra persona la cui dignità di essere senziente e pensante, quindi capace di comprendere, non deve essere violata (e mentire è violare la dignità altrui in ciò che tutti abbiamo di più caro: la nostra capacità di capire). Non è dunque una ideologia ma un appello, non un dogma ma una prassi. Ed essendo una prassi, ovvero un agire concreto e processuale, si dà sempre in situazioni e dinamiche dialettiche e contestuali, e giammai in astratto.
Non esiste una nonviolenza meramente teorica, poiché la teoria nonviolenta è sempre e solo la riflessione e l’autocoscienza della nonviolenza come prassi. La nonviolenza o è in cammino, vale da dire lotta nel suo farsi, o semplicemente non è.
La nonviolenza è lotta come amore, ovvero conflitto, suscitamento e gestione del conflitto, inteso sempre come comunicazione, dialogo, processo di riconoscimento di umanità.
La nonviolenza è lotta come amore, ovvero conflitto, suscitamento e gestione del conflitto, inteso sempre come comunicazione, dialogo, processo di riconoscimento di umanità. La nonviolenza è lotta o non è nulla; essa vive solo nel suo incessante contrapporsi alla violenza. Ed insieme è quella specifica, peculiare forma di lotta che vuole non solo vincere, ma con-vincere, vincere insieme (Vinoba coniò il motto, stupendo, vittoria al mondo; un motto dei militanti afroamericani dice all’incirca lo stesso: potere al popolo); la nonviolenza è quella specifica forma di lotta il cui fine è il riconoscimento di umanità di tutti gli esseri umani: è lotta di liberazione che include tra i soggetti da liberare gli stessi oppressori contro il cui agire si solleva a combattere. Essa è dunque eminentemente responsabilità: rispondere all’appello dell’altro, del volto muto e sofferente dell’altro. È la responsabilità di ognuno per l’umanità intera e per il mondo.
Ed essendo responsabilità è anche sempre non menzogna: amore della verità come amore per l’altra persona la cui dignità di essere senziente e pensante, quindi capace di comprendere, non deve essere violata (e mentire è violare la dignità altrui in ciò che tutti abbiamo di più caro: la nostra capacità di capire). Non è dunque una ideologia ma un appello, non un dogma ma una prassi. Ed essendo una prassi, ovvero un agire concreto e processuale, si dà sempre in situazioni e dinamiche dialettiche e contestuali, e giammai in astratto.
Non esiste una nonviolenza meramente teorica, poiché la teoria nonviolenta è sempre e solo la riflessione e l’autocoscienza della nonviolenza come prassi. La nonviolenza o è in cammino, vale da dire lotta nel suo farsi, o semplicemente non è.
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