un ramo di mandorlo   di Michele Tartaglia
2 Febbraio 2013 Share

un ramo di mandorlo di Michele Tartaglia

 

C’è una caratteristica dei profeti, che li rende diversi dagli altri: la capacità di vedere prima, attraverso dei segni, anche apparentemente banali, il cambiamento di una situazione sociale, religiosa o politica. Alcuni dei profeti biblici si servivano spesso di immagini per annunciare il cambiamento. Le immagini usate sono tratte spesso dall’esperienza quotidiana, non ridotta a semplice abitudinarietà, ma accolta sempre con un’apertura di desiderio verso il futuro. È questa la differenza tra chi ha a cuore la sorte dell’umanità e chi invece si lascia scivolare addosso quanto accade con cinismo, quando le cose vanno bene o con rassegnazione quando vanno male. Geremia, ad esempio, vedendo un ramo di mandorlo o una pentola sul fuoco (Ger 1,11-13), coglie l’occasione per dare un insegnamento sulla presenza misteriosa ma efficace di Dio nella storia e sulla situazione politica internazionale che ha necessariamente delle ripercussioni anche sul piccolo regno di Giuda. Il profeta sviluppa una capacità di analisi perché non è anestetizzato, come la maggior parte dei suoi connazionali, ma si interroga, pone i fatti su un orizzonte più ampio, non si accontenta del sentito dire o dell’opinione di chi detiene il potere e gestisce la propaganda ufficiale.

Anche il nostro tempo sta attraversando profondi cambiamenti non legati soltanto o principalmente al progresso tecnico, quanto piuttosto all’ incapacità o alla mancanza di volontà che tale progresso vada di pari passo con la crescita dei diritti che, anzi, stanno arretrando. Il progresso materiale è stato infatti accompagnato dall’aumento esponenziale dell’accaparramento delle ricchezze sia sul piano mondiale che, in scala ridotta, sul piano delle beghe provinciali delle politiche nazionali e locali. L’idea che, se ci sono risorse, bisogna sfruttarle ha portato chi poteva a fare man bassa di tutto, denaro e privilegi, a scapito della stragrande maggioranza dei cittadini che si sono accontentati delle briciole o sono stati distratti dagli specchietti per allodole quali i gadget tecnologici e il gioco d’azzardo. Tutto questo ha portato a non accorgersi del pericolo della crisi finanziaria, figlia e compagna della crisi di valori politici. C’era chi non stava al gioco e annunciava che presto ne avremmo pagato il conto ma, come ogni profeta che si rispetti, non era ascoltato. Ma il mondo è cambiato e come ai tempi dei profeti biblici, chi vedeva nero aveva ragione. Tuttavia non basta vedere il nero, bisogna indicare delle strade percorribili per uscire dalla crisi; i profeti hanno predicato la necessità di tornare a dei valori condivisi, rappresentati dall’insegnamento di Mosè, la legge che Dio aveva dato sul Sinai e che parlava di solidarietà, di cura del debole, di equa distribuzione delle risorse, di non mercificazione della persona; avevano anche compreso che la crisi era salutare e necessaria perché ci si svegliasse dal sonno ideologico degli idoli, che allora erano le divinità della fertilità e della forza bellicosa, oggi sono l’idolo del mercato che si controlla da sé, oppure dell’interesse particolare a scapito del bene comune.

La crisi economica mondiale ha dato una mazzata a tutti quelli che si illudevano di un progresso valido per sé ma non per gli altri, anzi meglio se contro gli altri, per temprare lo spirito. Ora si stanno raccogliendo i cocci ma sta anche emergendo una maggiore consapevolezza, una voglia di occuparsi di nuovo della cosa pubblica. La nascita di tanti movimenti di opinione che non siano il semplice supporto del riciclato di turno è segno che c’è voglia di riprendersi la facoltà di decisione nelle proprie mani. C’è però la cattiva abitudine che ancora permane e che deriva dagli ultimi decenni della cultura del telecomando: la convinzione che basti parlare o fare qualche manifestazione perché le cose cambino, senza pagare lo scotto del sacrificio e della rinuncia che attende in un lontano futuro la ricompensa. Anni di pubblicità che promettono paradisi a basso costo o gioie che derivano dall’acquisto a rate di quella particolare macchina, hanno prodotto molto danno per cui non si è ancora arrivati realmente al fondo, anche se ci stiamo ormai vicini. Il ritorno di certi personaggi plastificati e le strategie per conquistare le poltrone, la sfacciataggine di chi ha lasciato una legge elettorale che è un’offesa per i suini, dice a chi si sforza di guardare lontano, che non sono ancora sufficienti i segni per un cambio di rotta, anche se chi sta lottando per il cambiamento deve continuare a impegnarsi per raccogliere poi la sfida della costruzione di una società migliore.

In tal senso è giusto non lasciare mano libera a chi ci ha portato allo sfascio e, anche se in pochi, avere il coraggio di stare nell’agone, per non uccidere la profezia. Per chi raccoglie la sfida, tuttavia, è importante ricordare che anche i profeti a volte sono stati comprati e che non basta recitare un ruolo, come la storia recente ci insegna.☺

mike.tartaglia@virgilio.it

 

 

 

 

 

 

 

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