Casone di Casacalenda: Politica, tra idealità e pancia
29 Aprile 2017
La Fonte (351 articles)
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Casone di Casacalenda: Politica, tra idealità e pancia

La pagina dedicata alla riflessione intorno alle istituzioni di cura e all’esperienza particolare del Casone di Casacalenda subisce con questo intervento una torsione, ma non una modifica dei suoi obiettivi ultimi: parlare di politica, e di istituzioni politiche, non è poi troppo lontano dall’operare – uma- no tra gli umani – nel contesto terapeutico di una comunità. Politica e cura (intesa come pratica istituzionale, presa in carico della collettività di questioni soggettive: non considero qui le istanze legate al controllo e al conteggio dei corpi di cui parla, ad esempi Foucault e che ha denunciato il movimento basagliano) condividono la straordinaria tensione verso una dimensione di idealità che scardina l’ordine del pratico, per ricollocarlo su un piano non ancora presente: entrambe portano in sé il nucleo di un movimento francamente rivoluzionario, nella sua accezione di modificazione dell’esistente. Entrambe, tuttavia, vivono una forma di regressione talmente evidente da apparire quasi naturale. La pratica di cura in istituzione, rispondendo alle esigenza di ragioneria ma – soprattutto – di ideologia, cavalca l’onda della cancellazione dell’individuo in nome di procedure: valutazioni serrate, protocolli di riabilitazione e preponderanza della farmacoterapia rappresentano le punte più avanzate di quel movimento sotterraneo.
La reintegrazione sociale e lavorativa sono i ritornelli che ascoltiamo spesso, e data la loro inattaccabile solidità appaiono come totem delle buone prassi. Non tutti i giorni mi capita però di incontrare pazienti “reintegrabili”; si tratta dunque di una selezione a monte? Chi può essere riabilitato e chi no? Cosa possiamo immaginare per “gli altri”? Assistenzialismo e laboratori di pittura? L’idea pragmatica – il pratico-inerte, direbbe Sartre – soppianta la necessaria costituzione di un campo altro, di un livello diverso di “integrazione”, che non può passare per il filtro statistico, ma costituirsi a partire dalla consapevolezza di avere di fronte un individuo singolo, unico (di certo strutturalmente collocabile dentro categorie diagnostiche, ma non risolto definitivamente da quelle).
Veniamo alla politica: direi, stessa musica! A cosa assistiamo quando un intero programma viene costruito a partire da esigenze di controllo, espulsione dell’altro, autodifesa paranoica e aggressività (neanche troppo) implicita? Assistiamo all’avanzata del senso comune più becero, al pragmatismo fine a se stesso, alle chiacchiere da bar. Una certa politica oggi si fa decisamente interprete di queste tendenze, facendone un vessillo e traducendole in leggi. Il sentire comune trasposto esattamente com’è dentro l’arena politica. Parliamo dunque dell’ esatto opposto di quanto do- vrebbe fare la politica: sublimare il sentimento comune, costruire prassi e rappresentarle, in una continua tensione tra idealità, teoria e prassi stesse. Rappresentare significa dunque anche tradurre, e non solo spostare la corrida pubblica nel campo della politica.
Esempio classico: le lotte operaie contenevano al proprio interno una potenziale corrente conservativa (difendere i diritti acquisiti e il lavoro degli operai) ed una emancipativa (diritto al lavoro, lotta per un tempo di lavoro ed una paga commisurati, …). Il movimento politico che se ne è fatto interprete è riuscito ad incardinare la dimensione pratica delle richieste in un orizzonte di senso più ampio, in cui sono confluiti l’ internazionalismo, il riconoscimento di classe, la lotta per la pace, per i diritti (non solo quelli legati al mondo del lavoro). Depurata da tale tensione ideale e dagli appigli teorici necessari, una lotta del genere diviene solo sopravvivenza, egoismo individualista, rifiuto dell’altro. In una immagine, si tratta del voto di massa degli operai accordata a partiti come Lega Nord ed estrema destra.
Alessandro Prezioso
In onore di San Giuseppe
Ogni anno a Casacalenda si celebra questo rituale in onore di San Giuseppe. Si preparano spaghetti con la mollica, cauciuni, scripelle e la composta. La sera del diciotto marzo si fanno dei canti sempre in onore del Santo, molto belli, molto rituali, con vari strumenti musicali. La gente del paese ha partecipato attivamente alla preparazione e alla degustazione. È il primo anno che ho visto questo rito per me molto bello e caloroso ed ho partecipato facendo preghiere al Santo che per me è molto importante poiché San Giuseppe è un padre che ci protegge sempre.
Tamara

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