“Ciò che mediante il denaro è a mia disposizione, ciò che io posso pagare, ciò che il denaro può comprare, quello sono io stesso. Ciò che io sono e posso non è quindi affatto determinato dalla mia individualità. Io sono brutto, ma posso comprarmi la più bella tra le donne. E quindi io non sono brutto, perché l'effetto della bruttezza, la sua forza repulsiva è annullata dal denaro. Io sono un uomo malvagio, disonesto, senza scrupoli, ma il denaro è onorato, e quindi anche il suo possessore. Io sono uno stupido, ma il denaro è la vera intelligenza di tutte le cose; e allora come potrebbe essere stupido chi lo possiede? Inoltre costui potrà sempre comprare le persone intelligenti, e chi ha il potere sulle persone intelligenti non è (forse) più intelligente delle persone intelligenti?
Io che con il denaro posso procurarmi tutto quello a cui il cuore umano aspira, non possiedo forse tutte le umane facoltà? Forse che il mio denaro non trasforma tutte le mie deficienze nel loro contrario?”
Il brano potrebbe appartenere al “manuale del manager” moderno invece fa parte dei “Manoscritti economico-filosofici” di K. Marx del 1884!
L'uomo il mercato e il denaro. Sembra ormai accertato che il modello di sviluppo che caratterizza il nostro modo di vivere ha monetizzato ogni cosa perfino i sentimenti. Il mercato e il denaro (U. Galimberti, I miti del nostro tempo ed. Feltrinelli), in nome di una subdola e generica ideologia di indipendenza hanno preso, di fatto, il posto della nostra personale indipendenza creando la dipendenza da essi. Potendo pagare e comprare tutto oggi è possibile soddisfare anche aspetti della sfera affettiva: il mercato ha già pronto ciò che serve per il soddisfacimento degli affetti, delle emotività e della libido. Infatti l'educazione dei bambini è affidata alle baby-sitter o agli asili (spesso scelti più in base al tempo di accudimento che alla qualità educativa), i vecchi affidati alle badanti, la cura della casa delegata alle colf, la preparazione dei cibi alle rosticcerie o ai take away, le nostre emozioni o sollecitazioni sessuali demandate, talvolta, a chi, a pagamento, è disposto ad offrircele. Il denaro, guadagnato nel tempo dedicato al lavoro e sempre più spesso sottratto a quel complesso di atteggiamenti culturali ed etici che va sotto il nome di “affettività”, può soddisfare ogni bisogno.
Sembra che il denaro possa restituirci, tutto quello che perdiamo lavorando con tempi sempre più estesi e ritmi assillanti e che non abbiamo acquisito vivendo!
Ma può il denaro sostituire quel tratto umano che caratterizza comportamenti legati all'esternazione di sentimenti e alla comunicazione affettiva? Può sostituire l'amore e la cura per i figli, le reciproche relazioni familiari, il calore di una carezza, l'emozione di uno sguardo… la meraviglia per un avvenimento?
Il capitalismo odierno, spinge la società e le persone verso i “dis/valori” del mercato allontanando gradualmente ma inesorabilmente l'uomo dalle relazioni umane e dalle emozioni. Ciò che sconcerta maggiormente è il fatto che tutti si adeguano gradualmente e talvolta inconsapevolmente alle regole del mercato.
Probabilmente ci stiamo adoperando per formare generazioni di analfabeti emotivi! ☺
loretizzani@tiscali.it
“Ciò che mediante il denaro è a mia disposizione, ciò che io posso pagare, ciò che il denaro può comprare, quello sono io stesso. Ciò che io sono e posso non è quindi affatto determinato dalla mia individualità. Io sono brutto, ma posso comprarmi la più bella tra le donne. E quindi io non sono brutto, perché l'effetto della bruttezza, la sua forza repulsiva è annullata dal denaro. Io sono un uomo malvagio, disonesto, senza scrupoli, ma il denaro è onorato, e quindi anche il suo possessore. Io sono uno stupido, ma il denaro è la vera intelligenza di tutte le cose; e allora come potrebbe essere stupido chi lo possiede? Inoltre costui potrà sempre comprare le persone intelligenti, e chi ha il potere sulle persone intelligenti non è (forse) più intelligente delle persone intelligenti?
Io che con il denaro posso procurarmi tutto quello a cui il cuore umano aspira, non possiedo forse tutte le umane facoltà? Forse che il mio denaro non trasforma tutte le mie deficienze nel loro contrario?”
Il brano potrebbe appartenere al “manuale del manager” moderno invece fa parte dei “Manoscritti economico-filosofici” di K. Marx del 1884!
L'uomo il mercato e il denaro. Sembra ormai accertato che il modello di sviluppo che caratterizza il nostro modo di vivere ha monetizzato ogni cosa perfino i sentimenti. Il mercato e il denaro (U. Galimberti, I miti del nostro tempo ed. Feltrinelli), in nome di una subdola e generica ideologia di indipendenza hanno preso, di fatto, il posto della nostra personale indipendenza creando la dipendenza da essi. Potendo pagare e comprare tutto oggi è possibile soddisfare anche aspetti della sfera affettiva: il mercato ha già pronto ciò che serve per il soddisfacimento degli affetti, delle emotività e della libido. Infatti l'educazione dei bambini è affidata alle baby-sitter o agli asili (spesso scelti più in base al tempo di accudimento che alla qualità educativa), i vecchi affidati alle badanti, la cura della casa delegata alle colf, la preparazione dei cibi alle rosticcerie o ai take away, le nostre emozioni o sollecitazioni sessuali demandate, talvolta, a chi, a pagamento, è disposto ad offrircele. Il denaro, guadagnato nel tempo dedicato al lavoro e sempre più spesso sottratto a quel complesso di atteggiamenti culturali ed etici che va sotto il nome di “affettività”, può soddisfare ogni bisogno.
Sembra che il denaro possa restituirci, tutto quello che perdiamo lavorando con tempi sempre più estesi e ritmi assillanti e che non abbiamo acquisito vivendo!
Ma può il denaro sostituire quel tratto umano che caratterizza comportamenti legati all'esternazione di sentimenti e alla comunicazione affettiva? Può sostituire l'amore e la cura per i figli, le reciproche relazioni familiari, il calore di una carezza, l'emozione di uno sguardo… la meraviglia per un avvenimento?
Il capitalismo odierno, spinge la società e le persone verso i “dis/valori” del mercato allontanando gradualmente ma inesorabilmente l'uomo dalle relazioni umane e dalle emozioni. Ciò che sconcerta maggiormente è il fatto che tutti si adeguano gradualmente e talvolta inconsapevolmente alle regole del mercato.
Probabilmente ci stiamo adoperando per formare generazioni di analfabeti emotivi! ☺
“Ciò che mediante il denaro è a mia disposizione, ciò che io posso pagare, ciò che il denaro può comprare, quello sono io stesso. Ciò che io sono e posso non è quindi affatto determinato dalla mia individualità. Io sono brutto, ma posso comprarmi la più bella tra le donne. E quindi io non sono brutto, perché l'effetto della bruttezza, la sua forza repulsiva è annullata dal denaro. Io sono un uomo malvagio, disonesto, senza scrupoli, ma il denaro è onorato, e quindi anche il suo possessore. Io sono uno stupido, ma il denaro è la vera intelligenza di tutte le cose; e allora come potrebbe essere stupido chi lo possiede? Inoltre costui potrà sempre comprare le persone intelligenti, e chi ha il potere sulle persone intelligenti non è (forse) più intelligente delle persone intelligenti?
Io che con il denaro posso procurarmi tutto quello a cui il cuore umano aspira, non possiedo forse tutte le umane facoltà? Forse che il mio denaro non trasforma tutte le mie deficienze nel loro contrario?”
Il brano potrebbe appartenere al “manuale del manager” moderno invece fa parte dei “Manoscritti economico-filosofici” di K. Marx del 1884!
L'uomo il mercato e il denaro. Sembra ormai accertato che il modello di sviluppo che caratterizza il nostro modo di vivere ha monetizzato ogni cosa perfino i sentimenti. Il mercato e il denaro (U. Galimberti, I miti del nostro tempo ed. Feltrinelli), in nome di una subdola e generica ideologia di indipendenza hanno preso, di fatto, il posto della nostra personale indipendenza creando la dipendenza da essi. Potendo pagare e comprare tutto oggi è possibile soddisfare anche aspetti della sfera affettiva: il mercato ha già pronto ciò che serve per il soddisfacimento degli affetti, delle emotività e della libido. Infatti l'educazione dei bambini è affidata alle baby-sitter o agli asili (spesso scelti più in base al tempo di accudimento che alla qualità educativa), i vecchi affidati alle badanti, la cura della casa delegata alle colf, la preparazione dei cibi alle rosticcerie o ai take away, le nostre emozioni o sollecitazioni sessuali demandate, talvolta, a chi, a pagamento, è disposto ad offrircele. Il denaro, guadagnato nel tempo dedicato al lavoro e sempre più spesso sottratto a quel complesso di atteggiamenti culturali ed etici che va sotto il nome di “affettività”, può soddisfare ogni bisogno.
Sembra che il denaro possa restituirci, tutto quello che perdiamo lavorando con tempi sempre più estesi e ritmi assillanti e che non abbiamo acquisito vivendo!
Ma può il denaro sostituire quel tratto umano che caratterizza comportamenti legati all'esternazione di sentimenti e alla comunicazione affettiva? Può sostituire l'amore e la cura per i figli, le reciproche relazioni familiari, il calore di una carezza, l'emozione di uno sguardo… la meraviglia per un avvenimento?
Il capitalismo odierno, spinge la società e le persone verso i “dis/valori” del mercato allontanando gradualmente ma inesorabilmente l'uomo dalle relazioni umane e dalle emozioni. Ciò che sconcerta maggiormente è il fatto che tutti si adeguano gradualmente e talvolta inconsapevolmente alle regole del mercato.
Probabilmente ci stiamo adoperando per formare generazioni di analfabeti emotivi! ☺
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