calibro 9
10 Marzo 2011 Share

calibro 9

 

 

Santo subito

Fervono i preparativi per il primo maggio. I sindacati per portare in piazza i lavoratori, le parrocchie per portare i devoti a Roma in piazza S. Pietro per la beatificazione di Giovanni Paolo II. Ambedue, anche se in modo diverso, funzionali al mercato. E questo, per lo meno per la chiesa, dovrebbe porre degli interrogativi seri.

Nell’era wojtylana i calendari si sono affollati di nuovi santi sfornati a getto continuo. E questo non ci turba, anche se ci disturbano alcune figure davanti alle quali siamo rimasti a dir poco perplessi. Ma non è un po’ troppo fare santa pure la fabbrica che li ha prodotti?

Un papa non può essere beatificato tanto per le private virtù (che papa sarebbe se non le avesse?), quanto per l’incidenza profetica sulla storia. E questo solo il tempo potrà verificarlo, visto che sono state messe a tacere tutte le voci critiche all’interno della chiesa. Oggi sembra solo un atto di gratitudine da parte di creature che lui nei tanti anni di pontificato ha provveduto a creare. Troppo poco per fare un santo subito!

 

Il dio mercato

Sembrerebbe uno scherzo di carnevale la trovata della Fisascat Cisl di proporre un luogo di culto nei centri commerciali del basso molise. Ma purtroppo è vero. Bene ha fatto allora il vescovo di Termoli a prendere le distanze da una simile tentazione. È un dato che in tanti la domenica si rifugiano nei supermercati, ma la santificazione della festa è alternativa alla spesa. È costruire relazioni non il prendi due e paghi uno. A meno che non andiamo alla ricerca anche del dio che fa i migliori sconti, naturalmente sponsorizzato dalle catene di distribuzione. Perché allora non costruire cappelle negli stadi? O mettere almeno un crocifisso nelle case di appuntamento? Una preghiera, per ingannare l’attesa, non guasta mai!

 

Messa in onda

Il parroco di Baranello (CB) aveva deciso (all’insaputa del suo vescovo?) che dal primo gennaio non avrebbe più celebrato messe ai matrimoni e ai funerali. La rivolta giustamente è stata forte e decisa. Le parrocchie non sono feudi ma comunità, le scelte vanno concordate non decretate, il prete non è il padre-padrone ma l’animatore. Assemblee parrocchiali e consigli pastorali che ci stanno a fare?

Detto questo a scanso di equivoci, dovremmo interrogarci seriamente sull’uso e abusi che facciamo dell’eucaristia: dalle messe a pagamento (quando si creerà netta distinzione tra preghiera e gesti di carità?) alle messe a cui si partecipa per pia abitudine; dalle messe in scena, come se fosse una sacra rappresentazione, alle messe in onda per il pavoneggiamento di prelati che bucano lo schermo. Vorrei che qualcuno tornasse a spiegare perché un tempo, finita la liturgia della Parola, si invitavano i non ancora cristiani ad accomodarsi fuori dal tempio e si chiudevano le porte per la liturgia eucaristica.

Sedata la polemica è stata archiviata la questione. Si è sciupata un’occasione preziosa per avviare una riflessione seria e magari preziosa per riscoprire che non è vero che Parigi vale bene una messa. Fosse pure quella del papa!

adielle

 

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