Calici e parole
10 Maggio 2019
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Calici e parole

Sicuramente a tanti di noi è capitato, assaggiando un vino o tenendo in mano un calice e ascoltandone il profumo, di non riuscire a dare voce alle nostre immediate sensazioni, di fermarsi a cercare la parola giusta avvertita lì sulla punta della lingua, ma sfuggente ed evanescente tanto da non riuscire alla fine a pronunciarla.

Non è facile parlare di vino perché investe la sfera dei sensi e, a volte, il linguaggio può apparire troppo povero per restituire le sollecitazioni. Bisogna imparare il linguaggio degli addetti ai lavori, produttori, somme- lier e divulgatori che sanno verbalizzare le percezioni olfattive, gustative e tattili utilizzando una terminologia specifica, padroneggiando un vero e proprio lessico professionale.

Del resto, fin da tempi remoti, la degustazione era un’arte con sue regole precise. Già i greci usavano centinaia di aggettivi per descrivere il vino, mentre nell’antica Roma i degustatori, gli haustores, seguivano regole precise nell’assaggio. Plinio ci racconta che il vino non andava degustato né a digiuno, né a stomaco troppo pieno, né avendo mangiato cibo salato, né acido; ci insegna che bisognava tenere sulla lingua il sorso da assaggiare, per poi sputarlo senza deglutirlo e che questa operazione era meglio eseguirla in una giornata con vento di tramontana piuttosto che di scirocco. Nell’alto Medioevo la Scuola salernitana individuava i criteri per la degustazione: “Vina probantur odore, sapore, nitore, colore”.

Tuttavia fino al XVIII secolo i vocaboli e i trattati parlano dei meriti e dei benefici del vino, più che del gusto vero e proprio. Solo due secoli e mezzo fa, in un’epoca di grande sviluppo sia economico che culturale, nascono i vini di qualità nel senso moderno e per descriverli si diffonde una terminologia più specifica e legata al sapore del vino che si arricchirà, in seguito, con l’acquisizione di nuove conoscenze in campo enologico e con lo sviluppo della chimica.

Oggi il lessico di Dioniso si compone di circa un migliaio di termini che aiutano a sviluppare la sensibilità al gusto, ricordando che basta un buon bicchiere di vino e un po’ di attenzione per poter esprimere ciò che i nostri sensi riescono a percepire, uno sforzo che vale la pena di fare.

Ne cominciamo a conoscere qualcuno immaginando di tenere tra le mani un calice di vino rosso Montepulciano Doc, e di annusarlo: avviciniamo il nostro naso all’apertura del bicchiere, chiudiamo gli occhi e immergiamoci nella sensazione olfattiva… Potremo dire di istinto che il vino è “fruttato”, perché ci ricorda la frutta rossa matura (ciliegie, more, lamponi), “secco” perché non percepiamo odori dolci non essendoci residui zuccherini.

Assaggiamolo e mastichiamolo e potremmo dire che ha “corpo” è “robusto, armonico e persistente”. Tutti questi aggettivi descrivono le sensazioni gusto-olfattive e hanno un preciso significato. Il vino ha “corpo” quando ha in bocca una buona consistenza quasi fosse una materia solida, è “robusto” quando i tannini sono presenti nella giusta quantità, è “armonico” se bevendolo si ricava un’impressione di equilibrio perché le componenti del vino, principalmente dolce, acido e amaro sono proporzionate, in armonia. Infine è “persistente” quando, dopo aver bevuto, le sensazioni percepite a livello gusto-olfattivo persisteranno a lungo.

Anche l’impressione visiva ha una grande importanza nella fase di degustazione. L’analisi del colore e dell’aspetto del vino sono il primo passo per entrare nel mondo così complesso e ricco che ci si sta svelando.

Osservando il nostro bicchiere di Montepulciano potremmo dire, pertanto, che il  nostro vino presenta “colorazioni molto intense”. Il vitigno infatti cede ai mosti una notevole quantità di sostanze coloranti, portando ad una trasparenza piuttosto limitata e colore di tonalità decisamente intense e profonde. Se è giovane presenterà un “rosso rubino intenso e profondo”, con nette sfumature rosso porpora. Queste tenderanno a scomparire nei primi anni ed il Montepulciano mostrerà sfumature che tenderanno al granato dopo alcuni anni di affinamento.

Due parole infine sul grado alcolico, spesso diciamo che un vino è “forte” per riferirci appunto al suo grado alcolico ma la parola giusta è “vinoso”. E ora questo vino rosso rubino intenso, fruttato, secco di buon corpo robusto, persistente e venoso ce lo possiamo davvero godere … Nunc est bibendum e prosit!

 

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