Tra tutte le definizioni possibili, la più conosciuta in letteratura è quella di Katz e Bender (1976) secondo cui “i gruppi di self-help sono strutture di piccolo gruppo, a base volontaria, finalizzata al mutuo aiuto e al raggiungimento di particolari scopi. Essi sono costituiti da pari che si uniscono per assicurarsi reciproca assistenza nel soddisfare bisogni comuni, per superare un comune handicap o un problema di vita, oppure per impegnarsi a produrre desiderati cambiamenti personali o sociali. I promotori e i membri di questi gruppi hanno la convinzione che i loro bisogni non siano, o non possano essere, soddisfatti da o attraverso le normali istituzioni sociali. I gruppi di self-help enfatizzano le interazioni sociali faccia a faccia e il senso di responsabilità personale dei membri. Essi spesso assicurano assistenza materiale e sostegno emotivo; tuttavia, altrettanto spesso appaiono orientati verso una qualche “causa”, proponendo una “ideologia” o dei valori sulla base dei quali i membri possano acquisire o potenziare il proprio senso di identità personale”.
Il modello che ha ispirato questa forma di aiuto, è il gruppo degli Alcolisti Anonimi, fondato nell’Ohio nel 1935, ormai attivo da più di sessant’anni. Sulla scia del successo conseguito da questa forma di sostegno terapeutico non tradizionale, si sono moltiplicati i gruppi per persone afflitte da analoghi problemi. Sono sorti così gruppi caratterizzati da una molteplicità di destinatari: da chi soffre di depressione cronica alle donne vittime di violenza; dagli individui che vivono il disagio psichico; dai mangiatori compulsavi ai soggetti dipendenti dalla droga, dai farmaci, dall’alcol; dai malati di cancro, alle persone in lutto, dai familiari di disabili, ecc.
Negli ultimi anni si è assistito alla diffusione dei gruppi di mutuo aiuto, che rappresentano un fenomeno di crescente rilevanza sociale. La diffusione di questi gruppi è particolarmente evidente in campo sanitario. Molti li definiscono gruppi di “autoaiuto” per sottolineare il principio dell’aiutarsi, non delegando ad altri (ai professionisti) il compito di farli stare bene; o di “mutuo aiuto”, in quanto il gruppo offre il contesto non solo per aiutare se stessi, ma anche per aiutarsi reciprocamente e superare le crisi della vita.
Poiché i membri del gruppo condividono il medesimo problema, l’aiuto scambiato è maggiormente efficace. Infatti, chi ha condiviso una situazione esistenziale o ha provato ad affrontare un identico problema è spesso più credibile nel porsi come “modello” nei confronti dell’altro e di coinvolgersi più profondamente nella sua situazione.
le finalità dei gruppi
di mutuo aiuto
Esistono molte variabili riguardanti la struttura, le dimensioni, la durata e il funzionamento dei gruppi di mutuo aiuto. Si possono, comunque, individuare quattro obiettivi che, più frequentemente, li caratterizzano:
1) Il sostegno emotivo: il gruppo diventa il luogo in cui i partecipanti possono dare voce al proprio dolore, alle proprie paure e speranza, raccontando la storia dei propri insuccessi e progressi. Il poter esprimere i propri sentimenti e il sentirsi compresi costituiscono la base su cui costruire la fiducia e l’esperienza del mutuo aiuto.
2) Il supporto sociale: il vissuto di un problema doloroso può generare solitudine, isolamento, sfiducia. La solitudine contribuisce, talvolta, a ingigantire i problemi e produce atteggiamenti di vittimismo, di diffidenza verso il prossimo o di scarsa autostima. La presenza di altre persone che condividono una simile sofferenza instaura legami di solidarietà, schiude spazi di speranza, migliora le abilità comunicative e interpersonali, favorisce un clima di positività e reciproco sostegno, che aiuta a reimmergersi nella vita e nella progettualità.
3) L’informazione e l’educazione reciproca: spesso, i meccanismi adottati singolarmente per affrontare le difficoltà risultano controproducenti. Dal confronto con altri si possono apprendere modalità più costruttive per affrontare i problemi, scoprire vie inesplorate o imitare l’esempio di chi ha risolto positivamente gli stessi dilemmi.
4) Potenziare le capacità personali per affrontare e risolvere i problemi della vita. Il gruppo è un’àncora a cui ci si può aggrappare nei momenti di smarrimento. L’àncora non è, però, una dimora, così come il gruppo non deve divenire per il naufrago una dipendenza o l’unico luogo del mondo dove si sente sicuro. Lo scopo del gruppo non è creare dipendenze o dare “false” sicurezze a quanti lo frequentano, quanto aiutarli a guarire le proprie ferite, per abilitarli a riprendere il viaggio. L’obiettivo è far sì che il rapporto con gli altri promuova la fiducia personale, renda più consapevoli dei propri bisogni e stati d’animo, stimoli ad assumere quelle iniziative e quei rischi che fanno emergere le proprie potenzialità latenti.
i benefici del gruppo
Il graduale conseguimento degli obiettivi sopraesposti, che abbracciano la sfera psicologica, sociale, mentale e spirituale, comporta una serie di benefici per quanti vi partecipano, tra cui:
– la consapevolezza che altri hanno sentimenti e problemi analoghi ai propri;
– la comunicazione orizzontale (tra pari) più che verticale (aiutante-aiutato) che facilita la comunicazione;
– nuove opportunità di socializzazione;
– la conseguente caduta delle difese o delle barriere psicologiche e la condivisione spontanea di emozioni e pensieri;
– lo scambio di informazioni sui diversi modi di affrontare le prove condivise;
– l’apprendimento di nuove strategie utili alla soluzione dei problemi;
– la crescente capacità di adattamento alle proprie situazioni;
– lo sviluppo di abilità personali e interpersonali tese a promuovere una migliore autostima. (scrittura, teatro, corsi vari);
– l’impegno pubblico nella lotta contro la stigmatizzazione.☺
ninive@aliceposta.it
Tra tutte le definizioni possibili, la più conosciuta in letteratura è quella di Katz e Bender (1976) secondo cui “i gruppi di self-help sono strutture di piccolo gruppo, a base volontaria, finalizzata al mutuo aiuto e al raggiungimento di particolari scopi. Essi sono costituiti da pari che si uniscono per assicurarsi reciproca assistenza nel soddisfare bisogni comuni, per superare un comune handicap o un problema di vita, oppure per impegnarsi a produrre desiderati cambiamenti personali o sociali. I promotori e i membri di questi gruppi hanno la convinzione che i loro bisogni non siano, o non possano essere, soddisfatti da o attraverso le normali istituzioni sociali. I gruppi di self-help enfatizzano le interazioni sociali faccia a faccia e il senso di responsabilità personale dei membri. Essi spesso assicurano assistenza materiale e sostegno emotivo; tuttavia, altrettanto spesso appaiono orientati verso una qualche “causa”, proponendo una “ideologia” o dei valori sulla base dei quali i membri possano acquisire o potenziare il proprio senso di identità personale”.
Il modello che ha ispirato questa forma di aiuto, è il gruppo degli Alcolisti Anonimi, fondato nell’Ohio nel 1935, ormai attivo da più di sessant’anni. Sulla scia del successo conseguito da questa forma di sostegno terapeutico non tradizionale, si sono moltiplicati i gruppi per persone afflitte da analoghi problemi. Sono sorti così gruppi caratterizzati da una molteplicità di destinatari: da chi soffre di depressione cronica alle donne vittime di violenza; dagli individui che vivono il disagio psichico; dai mangiatori compulsavi ai soggetti dipendenti dalla droga, dai farmaci, dall’alcol; dai malati di cancro, alle persone in lutto, dai familiari di disabili, ecc.
Negli ultimi anni si è assistito alla diffusione dei gruppi di mutuo aiuto, che rappresentano un fenomeno di crescente rilevanza sociale. La diffusione di questi gruppi è particolarmente evidente in campo sanitario. Molti li definiscono gruppi di “autoaiuto” per sottolineare il principio dell’aiutarsi, non delegando ad altri (ai professionisti) il compito di farli stare bene; o di “mutuo aiuto”, in quanto il gruppo offre il contesto non solo per aiutare se stessi, ma anche per aiutarsi reciprocamente e superare le crisi della vita.
Poiché i membri del gruppo condividono il medesimo problema, l’aiuto scambiato è maggiormente efficace. Infatti, chi ha condiviso una situazione esistenziale o ha provato ad affrontare un identico problema è spesso più credibile nel porsi come “modello” nei confronti dell’altro e di coinvolgersi più profondamente nella sua situazione.
le finalità dei gruppi
di mutuo aiuto
Esistono molte variabili riguardanti la struttura, le dimensioni, la durata e il funzionamento dei gruppi di mutuo aiuto. Si possono, comunque, individuare quattro obiettivi che, più frequentemente, li caratterizzano:
1) Il sostegno emotivo: il gruppo diventa il luogo in cui i partecipanti possono dare voce al proprio dolore, alle proprie paure e speranza, raccontando la storia dei propri insuccessi e progressi. Il poter esprimere i propri sentimenti e il sentirsi compresi costituiscono la base su cui costruire la fiducia e l’esperienza del mutuo aiuto.
2) Il supporto sociale: il vissuto di un problema doloroso può generare solitudine, isolamento, sfiducia. La solitudine contribuisce, talvolta, a ingigantire i problemi e produce atteggiamenti di vittimismo, di diffidenza verso il prossimo o di scarsa autostima. La presenza di altre persone che condividono una simile sofferenza instaura legami di solidarietà, schiude spazi di speranza, migliora le abilità comunicative e interpersonali, favorisce un clima di positività e reciproco sostegno, che aiuta a reimmergersi nella vita e nella progettualità.
3) L’informazione e l’educazione reciproca: spesso, i meccanismi adottati singolarmente per affrontare le difficoltà risultano controproducenti. Dal confronto con altri si possono apprendere modalità più costruttive per affrontare i problemi, scoprire vie inesplorate o imitare l’esempio di chi ha risolto positivamente gli stessi dilemmi.
4) Potenziare le capacità personali per affrontare e risolvere i problemi della vita. Il gruppo è un’àncora a cui ci si può aggrappare nei momenti di smarrimento. L’àncora non è, però, una dimora, così come il gruppo non deve divenire per il naufrago una dipendenza o l’unico luogo del mondo dove si sente sicuro. Lo scopo del gruppo non è creare dipendenze o dare “false” sicurezze a quanti lo frequentano, quanto aiutarli a guarire le proprie ferite, per abilitarli a riprendere il viaggio. L’obiettivo è far sì che il rapporto con gli altri promuova la fiducia personale, renda più consapevoli dei propri bisogni e stati d’animo, stimoli ad assumere quelle iniziative e quei rischi che fanno emergere le proprie potenzialità latenti.
i benefici del gruppo
Il graduale conseguimento degli obiettivi sopraesposti, che abbracciano la sfera psicologica, sociale, mentale e spirituale, comporta una serie di benefici per quanti vi partecipano, tra cui:
– la consapevolezza che altri hanno sentimenti e problemi analoghi ai propri;
– la comunicazione orizzontale (tra pari) più che verticale (aiutante-aiutato) che facilita la comunicazione;
– nuove opportunità di socializzazione;
– la conseguente caduta delle difese o delle barriere psicologiche e la condivisione spontanea di emozioni e pensieri;
– lo scambio di informazioni sui diversi modi di affrontare le prove condivise;
– l’apprendimento di nuove strategie utili alla soluzione dei problemi;
– la crescente capacità di adattamento alle proprie situazioni;
– lo sviluppo di abilità personali e interpersonali tese a promuovere una migliore autostima. (scrittura, teatro, corsi vari);
– l’impegno pubblico nella lotta contro la stigmatizzazione.☺
Tra tutte le definizioni possibili, la più conosciuta in letteratura è quella di Katz e Bender (1976) secondo cui “i gruppi di self-help sono strutture di piccolo gruppo, a base volontaria, finalizzata al mutuo aiuto e al raggiungimento di particolari scopi. Essi sono costituiti da pari che si uniscono per assicurarsi reciproca assistenza nel soddisfare bisogni comuni, per superare un comune handicap o un problema di vita, oppure per impegnarsi a produrre desiderati cambiamenti personali o sociali. I promotori e i membri di questi gruppi hanno la convinzione che i loro bisogni non siano, o non possano essere, soddisfatti da o attraverso le normali istituzioni sociali. I gruppi di self-help enfatizzano le interazioni sociali faccia a faccia e il senso di responsabilità personale dei membri. Essi spesso assicurano assistenza materiale e sostegno emotivo; tuttavia, altrettanto spesso appaiono orientati verso una qualche “causa”, proponendo una “ideologia” o dei valori sulla base dei quali i membri possano acquisire o potenziare il proprio senso di identità personale”.
Il modello che ha ispirato questa forma di aiuto, è il gruppo degli Alcolisti Anonimi, fondato nell’Ohio nel 1935, ormai attivo da più di sessant’anni. Sulla scia del successo conseguito da questa forma di sostegno terapeutico non tradizionale, si sono moltiplicati i gruppi per persone afflitte da analoghi problemi. Sono sorti così gruppi caratterizzati da una molteplicità di destinatari: da chi soffre di depressione cronica alle donne vittime di violenza; dagli individui che vivono il disagio psichico; dai mangiatori compulsavi ai soggetti dipendenti dalla droga, dai farmaci, dall’alcol; dai malati di cancro, alle persone in lutto, dai familiari di disabili, ecc.
Negli ultimi anni si è assistito alla diffusione dei gruppi di mutuo aiuto, che rappresentano un fenomeno di crescente rilevanza sociale. La diffusione di questi gruppi è particolarmente evidente in campo sanitario. Molti li definiscono gruppi di “autoaiuto” per sottolineare il principio dell’aiutarsi, non delegando ad altri (ai professionisti) il compito di farli stare bene; o di “mutuo aiuto”, in quanto il gruppo offre il contesto non solo per aiutare se stessi, ma anche per aiutarsi reciprocamente e superare le crisi della vita.
Poiché i membri del gruppo condividono il medesimo problema, l’aiuto scambiato è maggiormente efficace. Infatti, chi ha condiviso una situazione esistenziale o ha provato ad affrontare un identico problema è spesso più credibile nel porsi come “modello” nei confronti dell’altro e di coinvolgersi più profondamente nella sua situazione.
le finalità dei gruppi
di mutuo aiuto
Esistono molte variabili riguardanti la struttura, le dimensioni, la durata e il funzionamento dei gruppi di mutuo aiuto. Si possono, comunque, individuare quattro obiettivi che, più frequentemente, li caratterizzano:
1) Il sostegno emotivo: il gruppo diventa il luogo in cui i partecipanti possono dare voce al proprio dolore, alle proprie paure e speranza, raccontando la storia dei propri insuccessi e progressi. Il poter esprimere i propri sentimenti e il sentirsi compresi costituiscono la base su cui costruire la fiducia e l’esperienza del mutuo aiuto.
2) Il supporto sociale: il vissuto di un problema doloroso può generare solitudine, isolamento, sfiducia. La solitudine contribuisce, talvolta, a ingigantire i problemi e produce atteggiamenti di vittimismo, di diffidenza verso il prossimo o di scarsa autostima. La presenza di altre persone che condividono una simile sofferenza instaura legami di solidarietà, schiude spazi di speranza, migliora le abilità comunicative e interpersonali, favorisce un clima di positività e reciproco sostegno, che aiuta a reimmergersi nella vita e nella progettualità.
3) L’informazione e l’educazione reciproca: spesso, i meccanismi adottati singolarmente per affrontare le difficoltà risultano controproducenti. Dal confronto con altri si possono apprendere modalità più costruttive per affrontare i problemi, scoprire vie inesplorate o imitare l’esempio di chi ha risolto positivamente gli stessi dilemmi.
4) Potenziare le capacità personali per affrontare e risolvere i problemi della vita. Il gruppo è un’àncora a cui ci si può aggrappare nei momenti di smarrimento. L’àncora non è, però, una dimora, così come il gruppo non deve divenire per il naufrago una dipendenza o l’unico luogo del mondo dove si sente sicuro. Lo scopo del gruppo non è creare dipendenze o dare “false” sicurezze a quanti lo frequentano, quanto aiutarli a guarire le proprie ferite, per abilitarli a riprendere il viaggio. L’obiettivo è far sì che il rapporto con gli altri promuova la fiducia personale, renda più consapevoli dei propri bisogni e stati d’animo, stimoli ad assumere quelle iniziative e quei rischi che fanno emergere le proprie potenzialità latenti.
i benefici del gruppo
Il graduale conseguimento degli obiettivi sopraesposti, che abbracciano la sfera psicologica, sociale, mentale e spirituale, comporta una serie di benefici per quanti vi partecipano, tra cui:
– la consapevolezza che altri hanno sentimenti e problemi analoghi ai propri;
– la comunicazione orizzontale (tra pari) più che verticale (aiutante-aiutato) che facilita la comunicazione;
– nuove opportunità di socializzazione;
– la conseguente caduta delle difese o delle barriere psicologiche e la condivisione spontanea di emozioni e pensieri;
– lo scambio di informazioni sui diversi modi di affrontare le prove condivise;
– l’apprendimento di nuove strategie utili alla soluzione dei problemi;
– la crescente capacità di adattamento alle proprie situazioni;
– lo sviluppo di abilità personali e interpersonali tese a promuovere una migliore autostima. (scrittura, teatro, corsi vari);
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