il miglio   di Gildo Giannotti
3 Settembre 2013 Share

il miglio di Gildo Giannotti

 

             Il miglio (Panicum miliaceum L.) è una pianta appartenente alla famiglia delle Graminacee, che rientra nel raggruppamento dei cereali minori. Viene definito Panicum (“panìco”) perché con la sua farina si otteneva il pane, anche se qualitativamente inferiore a quello ottenuto dal frumento. Nel nostro dialetto è conosciuto col nome di ’u muggh’dinije (leteralmente “il miglio d’ India”) per le sue chiare origini medio orientali, di cui la più accreditata è quella dall’India.

La sua coltivazione è oggi limitata ad alcune regioni dell’Asia e dell’Africa, ma è accertato che risalga ad epoche preistoriche: in Italia è stato ritrovato infatti in alcune tombe del periodo Neolitico. Largamente utilizzato per l’alimentazione umana all’epoca dei Romani, raggiunse la massima diffusione nel primo Medioevo, periodo durante il quale veniva considerato un ottimo sostituto della carne nei periodi di astinenza prescritti dalla Chiesa. Grazie alla sua lunga conservabilità, che ne permise lo stoccaggio nei magazzini cittadini, gli abitanti di Venezia, assediata dai Genovesi nel 1378, si salvarono dalla morte per fame. Per secoli la polenta di miglio fu un piatto tipico dell’Italia settentrionale, in particolare in Veneto, Lombardia e Trentino Alto Adige. Successivamente il miglio iniziò un lento declino, perché sostituito da altri cereali più produttivi.

Oggi il suo unico impiego economico è come componente di mangime e becchime per i piccoli uccelli. Minuscolo e dorato, il semino di questo cereale ai nostri giorni gode in Italia di un’immeritata cattiva fama: da noi viene infatti considerato, a torto, soltanto mangime per gli uccelli.

Che sia gradito ai piccoli uccelli mi fa tornare alla mente ’a chiangherelle, diminutivo di ’a chianghe “macelleria”. Si tratta di una tecnica che, in pieno inverno, usavano un tempo i ragazzi, me compreso, per catturare i piccoli volatili affamati e infreddoliti dalla neve, con cui sfamarsi e gustare finalmente un po’ di carne. La tecnica consisteva nell’utilizzare una pannocchia di semi di miglio, collocata sotto un’asse di legno alquanto pesante, poggiata con una estremità sul terreno e sorretta all’altra da un piolo legato all’apice da una cordicella piuttosto lunga. Quando un buon numero di uccelli era intento a beccare il miglio, bastava dare uno strappo e il gioco era fatto: quasi tutti i passeri rimanevano intrappolati.

In realtà l’unico scopo della coltivazione del miglio era quello di ricavarne il materiale per costruire, con sapiente maestria e creatività, solitamente nei mesi invernali, quando le abbondanti nevicate impedivano ai contadini di recarsi nei campi, le indispensabili e utilissime scope, ’i ’renare.

La pianta ha infatti un portamento cespitoso, con più fusti robusti che possono raggiungere i 150 cm di altezza. Fino agli anni Sessanta era frequente, se non la norma, trovare piante di miglio che, a volte intercalate ai filari di quelle di mais, ma più spesso ai bordi o agli angoli dello stesso campo per non sottrarre spazio alla coltura principale, sovrastavano le piante di mais delle varietà nostrane, di taglia più bassa rispetto agli attuali ibridi.

Inconfondibile è poi la sua infiorescenza a pannocchia terminale, spesso pendente da un lato. I frutti sono delle cariossidi ellittiche, lucide, di colore rosso bruno, molto piccole (il peso di 1000 semi è di 5-7 grammi). Il suo minuscolo chicco ha ispirato il simbolo della “piccolezza”, come testimonia il motto proverbiale: “grande quanto un grano di miglio” per indicare qualcosa di piccolissimo. In Occidente questa piccolezza ha evocato il simbolo della miseria: sognare  miglio è considerato un cattivo presagio perché annuncerebbe un periodo di vacche magre.

Anche nell’alimentazione umana odierna il miglio ha interesse marginale, essendo impiegato per produrre farine e semole utilizzate soprattutto dalla cucina macrobiotica. Il valore dietetico è elevato per il discreto tenore in proteine (11% in peso), sali minerali e fibra grezza. È inoltre ricco di vitamina A e del gruppo B, acido folico, calcio, ferro, potassio. Per il suo alto contenuto in acido salicilico è spesso considerato un vero e proprio prodotto di bellezza per pelli e capelli, unghie e smalto dei denti. Il miglio non contiene glutine e quando viene combinato con gomma arabica può essere utilizzato per produrre pane lievitato per celiaci. È consigliato inoltre in fitoterapia per contrastare lo stress, l’anemia, la depressione e la stanchezza, in particolare quella di origine intellettuale.

È abbastanza rapido da cucinare e non ha bisogno di ammollo. Di sapore dolce e delicato, risulta ben digeribile e si può mangiare in tanti modi: una volta cotto, grazie alla presenza dell’amido, si presta molto bene a realizzare sformati, crocchette e polpette insieme a verdure, spezie o a quello che più si preferisce. ☺

giannotti.gildo@gmail.com

 

eoc

eoc