l’acqua e la comunità
14 Aprile 2010 Share

l’acqua e la comunità

 

Il principale bene comune per la chiesa, alla base della comunità, è la relazione. Risposta alla paura, alla fenomenologia della insicurezza è la relazione: fondamento della vita coniugale, familiare, comunitaria, associativa, ma anche ecclesiale. Vi propongo un’immagine di un mito fondativo della Bibbia: il combattimento di Giacobbe con l’Angelo narrato da Genesi 32,25-31 “Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell’Alba. Quando costui vide che non poteva vincere Giacobbe nella lotta, lo colpì all’articolazione del femore, che si slogò e disse: – lasciami andare perché già spunta l’alba. Giacobbe rispose: – non ti lascerò andare se prima non mi avrai benedetto”. Questa immagine è accompagnata da una intuizione che ci aiuterà a capire come  correlato è l’indissolubile legame presente in ogni autentico rapporto umano tra “ferita” e “benedizione”. Prima o poi ogni persona fa una esperienza che segna l’inizio della sua piena maturità: capisce nella propria carne ed intelligenza che, se vuole sperimentare la benedizione legata al rapporto con l’altro, deve accettare la ferita. Comprende cioè che non c’è vita buona senza passare attraverso il territorio buio e pericoloso dell’altro, e che qualunque via di fuga da questo “combattimento” e da questa agonia conduce inevitabilmente verso una condizione umana senza gioia, all’origine della quale c’è anche la grande illusione che il mercato o l’impresa burocratica e gerarchica, ci possa regalare una buona convivenza senza dolore, ci faccia incontrare un altro che non ci ferisce, che non combatte, ma semplicemente ha con noi scambi innocui. In questa storia simbolica di relazione vi è la storia della nostra relazione tra ferita e benedizione.

Questa ambivalenza tra l’io ed il tu presente nei miti fondativi della Bibbia (Adamo ed Eva, Abele e Caino, Giacobbe e l’Angelo) è una delle verità sull’uomo che non possiamo immunizzare. Ecco i beni comuni, qualunque bene comune anche l’acqua: luogo e spazio delle relazioni. L’altro non è un nemico, uno da sconfiggere, ma l’altro è colui che mi permette di misurarmi, che mi dà identità, che dà senso al mio confrontarmi. L’Io ed il Tu diventano un NOI. “Il nostro non è mio” recita un proverbio africano. Ma il nostro non è per forza solo “Pubblico”. Il nostro è di tutti e di ciascuno. Per questo quando in Curia a Termoli abbiamo invitato tutti i movimenti ecclesiali e non, social forum, Arci ecc. e abbiamo chiesto su cosa avremmo potuto impegnarci tutti insieme, la risposta è stata : “Venite e vedrete”! E così questa Chiesa particolare “Tenda di Dio” si è arrotolata per mettersi in cammino, partecipando alle vertenze, forum, assemblee, manifestazioni con tutti quelli che andavano verso la stessa direzione: un noi ed un nostro dell’acqua minacciata. Perché minacciata? L’impero economico delle multinazionali e delle multiutilities ha sferrato l’attacco globale ai beni essenziali. Come? Dichiarando negli accordi internazionali che questi sono merci o servizi e non più diritti e che la liberalizzazione degli stessi è necessaria per lo sviluppo economico. L’efficienza come valore, propugnata dal privato, rischia di essere più forte del diritto all’accesso. È eticamente inammissibile che imprese private lucrino sul patrimonio naturale e culturale comune fondamentale e insostituibile. Se l’acqua diventa nostra e cominciamo a scorgere dietro di essa un noi, e non più solo un mio ed un tuo, allora essa non solo resterà pubblica, ma anche partecipata. Supereremo gli sprechi ed intorno all’acqua si creerà una cittadinanza che troverà altre connessioni.

Perché aree politiche contrarie, per matrice sociale, al mercato, di fatto, si stanno spostando verso scelte di liberalizzazioni di beni e servizi essenziali e quindi di privatizzazioni? Perché, ad esempio, il centro sinistra, erede anche di quella matrice marxista, si trova oggi ad amministrare proponendo soluzione liberiste? Anche qui un passo indietro. Hobbes, Smith e Marx rappresentano tre momenti cruciali in questo processo epocale nelle scienze sociali. Hobbes con il Leviatano o lo Stato sovrano, Smith con la “mano invisibile” e Marx con la sconfitta della povertà operaia attraverso la collettivizzazione dei mezzi di produzione, hanno cercato un sostituto all’Assoluto come mediatore del rapporto io-tu. Davanti al “non” che la scoperta dell’altro portava con sé, il pensiero politico ed economico moderno non ha voluto affrontare e attraversare quel negativo e quella ferita, ma ha riportato di fatto la struttura relazionale inter-umana alla situazione della pre-modernità: io/mediatore/tu, dove il mediatore, da Dio, diventa il Leviatano o lo Stato sovrano, il mercato, la collettivizzazione, che svolgono – occorre notarlo – la stessa funzione di impedire l’attraversamento di quel rischio che è l’altro che si pone al mio fianco su un piano di eguaglianza. Si passa così dalla Communitas all’Immuni- tas, dalla comunità alla indifferenza o neutralità verso l’altro. Allora questo grande progetto immunitario dell’epoca moderna e dell’occidente, pur avendo come obiettivo quello di rendere le persone più uguali e più libere, in realtà risulta avviato verso una reale implosione. I tre mediatori proposti altro non sono che un unico risultato; con la conseguenza che passare dall’uno all’altro risulta possibile. Il Dio/communitas e la persona risultano essere subordinati all’immunitas espresso dalle diverse visione storiche, politiche e  filosofiche. Questo grande progetto immunitario che vuole fare a meno dell’ascolto, del confronto, della partecipazione presente ad esempio nelle grandi battaglie nonviolente provenienti dal basso, nei vari G7 e G8, nelle tante vertenze: in Piemonte (NO TAV) in Veneto (No dal Molin), in Campania (le discariche di rifiuti), nel Lazio, in Sicilia, Umbria, Toscana ed in altre regioni (acqua pubblica), è il contrario della Communitas che per noi cristiani è segno di un Dio Relazione e che per coloro che hanno altre visioni, a volte distanti,  potrebbe essere la Dialettica, anche se conflittuale,  comunque “non immunitaria”. Fino a quando Dio godrà di simili spettacoli ovvero fino a quando vedrà uomini e donne che si impegnano responsabilmente donando tempo, intelligenza, vita per i beni comuni, questo Dio non si stancherà dell’uomo, perché la persona che vive con questo stile accetta la relazione ovvero l’essenza stessa di Dio ed accetta, amandola, la generazione presente e le generazioni future, l’altro che non c’è ancora .  ☺

adelellis@virgilio.it

 

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