Io sono Giuseppe, il vostro fratello, quello che voi avete venduto”…
Baciò tutti i fratelli e pianse» (Gen 45,4.15).
Una delle storie più avvincenti della Bibbia è quella di Giuseppe (Gen 37-50). Dopo l’eziologia metastorica dei primi undici capitoli alla ricerca delle origini del mondo e dell’umanità oltre i confini della storia, siamo condotti sotto le tende dei patriarchi per conoscere la fragilità e la grandezza umane. Homo viator è l’essere umano sin dall’alba della storia: deve attraversare spazi, ricercare, avanzare per rabberciare dinamiche relazionali.
Giuseppe è il piccolo di casa, il pupillo dell’anziano padre Giacobbe/Israele. L’occhio di riguardo del padre che gli confeziona un abito speciale e il modo di fare del diciassettenne che si atteggia a sognatore scatenano l’odio dei fratelli che non riescono a parlargli amichevolmente. Fratelli si nasce o si diventa? Il sangue non è automatismo che sprigiona amore e simpatia. Una relazione è trama che si tesse a quattro mani, solo se si vuole, solo se si percepisce l’altro come surplus e non sottrazione. Nella Bibbia se l’altro è oggetto di amore, di predilezione non è per lasciare gli altri a bocca asciutta ma per incarnare una missione: depositare amore nei granai del proprio cuore e dispensarlo a tutti in tempi di carestia affettiva.
Come Giuseppe che, venduto dai fratelli, dato per morto e privato dei suoi cari, giunge in terra straniera, vi mette radici e sboccia: è l’uomo che fa carriera, l’uomo della provvidenza. Da lui passerà la vita per l’Egitto e per i suoi. Sarà lui ad aprire per tutti, durante la carestia, i silos di grano riempiti nel tempo dell’abbondanza. Sarà lui a dischiudere i granai della giustizia che perdona e a guarire il cuore dei fratelli che un tempo avevano esposto il piccolo di casa (Giuseppe) mentre ora, proprio grazie a lui, proteggono il nuovo piccolo di casa (Beniamino), nato dopo la partenza di Giuseppe. Solo un perdono educativo, che fa comprendere la portata dell’errore e offre una nuova chance di riscatto, può mutare il cuore freddo del nemico nel cuore amichevole e ospitale di un fratello.
Fratelli non si nasce, si diventa… attraverso un percorso che sa di lacrime e richiede tanta maturità umana. La storia di Giuseppe narrata nella Genesi mostra come la fraternità necessiti di un cuore capace di costruirla a partire dalle sue macerie, sulla roccia di un perdono che non sia semplice cancellazione del debito ma strategia educativa volta a convertire al bene il cuore dell’altro.
Io sono Giuseppe, il vostro fratello, quello che voi avete venduto”…
Baciò tutti i fratelli e pianse» (Gen 45,4.15).
Una delle storie più avvincenti della Bibbia è quella di Giuseppe (Gen 37-50). Dopo l’eziologia metastorica dei primi undici capitoli alla ricerca delle origini del mondo e dell’umanità oltre i confini della storia, siamo condotti sotto le tende dei patriarchi per conoscere la fragilità e la grandezza umane. Homo viator è l’essere umano sin dall’alba della storia: deve attraversare spazi, ricercare, avanzare per rabberciare dinamiche relazionali.
Giuseppe è il piccolo di casa, il pupillo dell’anziano padre Giacobbe/Israele. L’occhio di riguardo del padre che gli confeziona un abito speciale e il modo di fare del diciassettenne che si atteggia a sognatore scatenano l’odio dei fratelli che non riescono a parlargli amichevolmente. Fratelli si nasce o si diventa? Il sangue non è automatismo che sprigiona amore e simpatia. Una relazione è trama che si tesse a quattro mani, solo se si vuole, solo se si percepisce l’altro come surplus e non sottrazione. Nella Bibbia se l’altro è oggetto di amore, di predilezione non è per lasciare gli altri a bocca asciutta ma per incarnare una missione: depositare amore nei granai del proprio cuore e dispensarlo a tutti in tempi di carestia affettiva.
Come Giuseppe che, venduto dai fratelli, dato per morto e privato dei suoi cari, giunge in terra straniera, vi mette radici e sboccia: è l’uomo che fa carriera, l’uomo della provvidenza. Da lui passerà la vita per l’Egitto e per i suoi. Sarà lui ad aprire per tutti, durante la carestia, i silos di grano riempiti nel tempo dell’abbondanza. Sarà lui a dischiudere i granai della giustizia che perdona e a guarire il cuore dei fratelli che un tempo avevano esposto il piccolo di casa (Giuseppe) mentre ora, proprio grazie a lui, proteggono il nuovo piccolo di casa (Beniamino), nato dopo la partenza di Giuseppe. Solo un perdono educativo, che fa comprendere la portata dell’errore e offre una nuova chance di riscatto, può mutare il cuore freddo del nemico nel cuore amichevole e ospitale di un fratello.
Fratelli non si nasce, si diventa… attraverso un percorso che sa di lacrime e richiede tanta maturità umana. La storia di Giuseppe narrata nella Genesi mostra come la fraternità necessiti di un cuore capace di costruirla a partire dalle sue macerie, sulla roccia di un perdono che non sia semplice cancellazione del debito ma strategia educativa volta a convertire al bene il cuore dell’altro.
Io sono Giuseppe, il vostro fratello, quello che voi avete venduto”… Baciò tutti i fratelli e pianse» (Gen 45,4.15).
Io sono Giuseppe, il vostro fratello, quello che voi avete venduto”…
Baciò tutti i fratelli e pianse» (Gen 45,4.15).
Una delle storie più avvincenti della Bibbia è quella di Giuseppe (Gen 37-50). Dopo l’eziologia metastorica dei primi undici capitoli alla ricerca delle origini del mondo e dell’umanità oltre i confini della storia, siamo condotti sotto le tende dei patriarchi per conoscere la fragilità e la grandezza umane. Homo viator è l’essere umano sin dall’alba della storia: deve attraversare spazi, ricercare, avanzare per rabberciare dinamiche relazionali.
Giuseppe è il piccolo di casa, il pupillo dell’anziano padre Giacobbe/Israele. L’occhio di riguardo del padre che gli confeziona un abito speciale e il modo di fare del diciassettenne che si atteggia a sognatore scatenano l’odio dei fratelli che non riescono a parlargli amichevolmente. Fratelli si nasce o si diventa? Il sangue non è automatismo che sprigiona amore e simpatia. Una relazione è trama che si tesse a quattro mani, solo se si vuole, solo se si percepisce l’altro come surplus e non sottrazione. Nella Bibbia se l’altro è oggetto di amore, di predilezione non è per lasciare gli altri a bocca asciutta ma per incarnare una missione: depositare amore nei granai del proprio cuore e dispensarlo a tutti in tempi di carestia affettiva.
Come Giuseppe che, venduto dai fratelli, dato per morto e privato dei suoi cari, giunge in terra straniera, vi mette radici e sboccia: è l’uomo che fa carriera, l’uomo della provvidenza. Da lui passerà la vita per l’Egitto e per i suoi. Sarà lui ad aprire per tutti, durante la carestia, i silos di grano riempiti nel tempo dell’abbondanza. Sarà lui a dischiudere i granai della giustizia che perdona e a guarire il cuore dei fratelli che un tempo avevano esposto il piccolo di casa (Giuseppe) mentre ora, proprio grazie a lui, proteggono il nuovo piccolo di casa (Beniamino), nato dopo la partenza di Giuseppe. Solo un perdono educativo, che fa comprendere la portata dell’errore e offre una nuova chance di riscatto, può mutare il cuore freddo del nemico nel cuore amichevole e ospitale di un fratello.
Fratelli non si nasce, si diventa… attraverso un percorso che sa di lacrime e richiede tanta maturità umana. La storia di Giuseppe narrata nella Genesi mostra come la fraternità necessiti di un cuore capace di costruirla a partire dalle sue macerie, sulla roccia di un perdono che non sia semplice cancellazione del debito ma strategia educativa volta a convertire al bene il cuore dell’altro.
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