l’aquila chiama
28 Marzo 2011 Share

l’aquila chiama

 

Il 6 aprile saremo in Abruzzo. Porteremo la nostra solidarietà ai cittadini di un piccolo centro colpito dal sisma, poi renderemo omaggio alle vittime della Frazione di Onna, visiteremo Paganica e infine parteciperemo, insieme alle Autorità Locali, agli eventi commemorativi del secondo anniversario del terremoto nel Centro Storico de L’Aquila. Porteremo l’esperienza molisana, fatta di rassegnazione e scatti d’orgoglio, di tante ombre e di rari sprazzi di luce. Il nostro mensile testimonia il coraggio di una comunità locale che reagisce, non si abbatte, vigila, denuncia e propone. A ripensarci non saprei spiegare com’è stato possibile unire persone diverse, preti, sindacalisti, esperti, volontari, docenti e amministratori, in una redazione atipica. Rappresentiamo l’emblema della forza spirituale che sconfigge la materialità e supera impedimenti, ostacoli e difficoltà in nome di quell’ideale della giustizia sociale che ci accomuna.

Pur essendo temprato da aspre vertenze sindacali, vi assicuro che non è stato semplice nemmeno per me resistere in trincea, per nove anni, per controllare le storture della ricostruzione e per non far mancare il sostegno a chi chiede una casa vera, una scuola sicura e un lavoro per non andar via. Eppure, camminando insieme ci siamo tenuti per mano e pur nell’impossibilità materiale di poter risolvere tutti i problemi, abbiamo fatto il possibile. La Protezione Civile arrivò sulla scuola di San Giuliano dopo 6 ore e la Gru che provò a imbracare la struttura per tardare lo schiacciamento giunse da Napoli dopo 10 ore. Se gran parte dei bimbi morirono per asfissia e non aver mezzi immediatamente disponibili è responsabilità di quello stesso Stato che, pur sapendolo da 4 anni, dispose la riclassificazione sismica dell’area solo a Maggio 2003. Ma vi pare serio che nel mentre la gente scavava con le mani, alle 22.30 di quella notte venne montato un Set di luci per accogliere il Presidente del Consiglio che si collegò in diretta con Porta a Porta di Bruno Vespa? Due battute, una passerella, qualche immagine dal luogo del disastro e scappò via senza nemmeno salutare gli amministratori comunali. Una vergogna proseguita con le dichiarazioni rilasciate il giorno del funerale circa una ricostruzione lampo da fare in 24 mesi coi laghetti, cigni e architetti di Milano2.

Per affermare questa rapidità d’intervento si inventò il Modello Molise, accentrò tutti i poteri alla Presidenza del Consiglio e nominò Commissario Michele Iorio. Fummo la prima cavia di una tipologia derogatoria che Berlusconi allargò ai Grandi Eventi, al Vertice di Pratica di Mare e a tutte le altre calamità degli anni successivi. Ebbene noi molisani abbiamo un dovere in più rispetto agli altri italiani. È nostra responsabilità far sapere all’Italia che quel Modello è l’emblema dello sperpero e dell’inefficacia. Dopo aver speso 850 milioni di euro la ricostruzione della prima casa è al 30%, la ricostruzione generale è al 13%, le scuole sono per lo più in prefabbricati costruiti con fondi della solidarietà, l’economia dell’area del cratere langue e i cittadini sono costretti a distanza di nove anni a vivere ancora in casette di legno. L’accentramento dei poteri nelle mani del Capo del Governo che li ha esercitati tramite un Commissario Straordinario ha prodotto un furto della democrazia e non ha risolto il problema.

Spetta al Molise allertare l’Italia, far conoscere la nostra storia perché non abbia a ripetersi altrove e avvertire i corregionali abruzzesi del rischio cui vanno incontro. Sapremo vigilare perché chi ha sbagliato paghi e chi aspetta una casa ce l’abbia. Un conto è chi ha sperperato i danari e altra cosa è il terremotato che vive nelle casette. Contestualmente cercheremo di costruire una rete di solidarietà con le altre aree nazionali colpite da calamità naturali per batterci tutti insieme per cambiare il Modello di intervento e tornare alla legge quadro nazionale. Per questo abbiamo ospitato l’Abruzzo il 4 febbraio e per la stessa ragione saremo a L’Aquila il 6 aprile. Perché i nostri errori servano almeno da insegnamento per gli altri ed evitino a 50 mila sfollati di ritrovarsi tra nove anni ancora in attesa di avere una casa, una scuola e un lavoro. ☺

petraroia.michele@virgilio.it

 

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