La malattia che ho chiamato “archivitis” l’ho contratta esattamente trentaquattro anni fa, quando ho cominciato a cercare in due continenti e sette paesi tracce della vita di Tina Modotti. Il risultato di sette anni di ricerche è stato oltre una biografia di Tina, pubblicata nel 1989, un archivio inaugurato nel 1992 nel centro interculturale delle donne di Berlino, il centro “S.U.S.I.” Quando, sei anni dopo, il centro ha dovuto traslocare e scegliere uno spazio più ristretto, l’archivio è rimasto orfano. Tutti i raccoglitori hanno trovato il loro posto in sacchi di plastica ammucchiati nella cantina della mia casa a Berlino.
L’anno scorso, il comune di Bonefro ha messo a mia disposizione uno spazio piccolo, ma bellissimo, nell’ex-convento, dove, se tutto va bene, voglio ri-aprire l’archivio nel mese d’agosto, quando saranno passati esattamente 120 anni dalla nascita di Tina.
In questi giorni, quando cerco di ri-ordinare il materiale dell’archivio, mi invadono i ricordi di tanti anni di ricerca, i ricordi delle visite a tanti archivi in tanti paesi. Come la visita all’Archivio di Stato di Roma dove, solo grazie all’aiuto poco ortodosso e forse poco legale di un collaboratore, ho potuto vedere il materiale che cercavo, senza dover riempire un mucchio di moduli di richieste e senza dover aspettare il permesso ufficiale della direzione. Avevo pochi giorni di tempo e pochi soldi per rimanere a Roma, ma quell’archivista ha capito il mio problema e ha fatto un gesto di solidarietà che non ho mai dimenticato, anche se non ricordo più il suo nome.
A Cuba, a La Havana, nell’ Archivio di Storia del Movimento Operaio Cubano, ho capito per la prima volta quanto fosse importante il lavoro di un archivista. In quell’archivio si trovavano sei lettere che Tina aveva ricevuto quando viveva in Messico. Le lettere erano scritte in italiano, ed insieme alle lettere ho trovato un foglio dove un archivista aveva scritto un elenco con i nomi dei mittenti. Fra questi nomi c’era un certo “Ben Bacioni”, e questo era un nome che mai avevo sentito o letto in relazione a Tina. Fui invasa da una specie di attacco di febbre: avevo trovato una nuova traccia? Uno scoop? Chi poteva essere quell’uomo? Leggendo la lettera ho potuto risolvere il mistero: la lettera era scritta dal fratello di Tina che viveva a Los Angeles e si chiamava Benvenuto, aveva firmato la lettera con “BEN” e prima del suo nome aveva scritto “BACIONI”. Sentii una specie di delusione, ma prima di tutto capii che un archivista non solo deve essere accurato e meticoloso, ma deve anche conoscere qualche lingua straniera…
Un archivista deve anche conoscere un po’ di storia. A Berlino, nell’Archivio Statale della Germania (nel frattempo unificata) ho trovato, cercando tracce di Tina in Germania, uno di quei libri che si tengono normalmente negli archivi e dove sono elencati, con poche parole, i materiali ed i nomi delle persone menzionate in ogni documento. Scorrendo questo elenco, con mia grandissima sorpresa, ho letto due nomi che conoscevo bene: Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti. Un anno prima di questa visita all’archivio ero stata a Boston, negli Stati Uniti, ed avevo conosciuto un uomo che era stato amico e compagno di questi due anarchici italiani, ingiustamente condannati a morte e ammazzati sulla sedia elettrica il 27 agosto 1927. Ma perché i loro nomi si trovavano in un documento che accennava ad un evento dell’anno 1930? Anche questo mistero ha trovato una spiegazione: l’evento era stata una riunione del Soccorso Rosso tedesco, organizzata a Berlino. Tra il pubblico deve esserci stata una spia, un informatore, e questa era stata la persona che aveva informato che “della presidenza della riunione facevano parte un certo Nicola Sacco ed un certo Bartolomeo Vanzetti”.
Posso capire che questo informatore non conoscesse l’usanza che si seguiva nelle riunioni dei partiti comunisti ed anche del Soccorso Rosso: quando si presentava la presidenza della riunione, si includevano per tradizione i nomi di qualche martire del movimento, e questa persona o queste persone erano considerati membri di onore della presidenza. Nel 1930, tre anni dopo l’uccisione di Sacco e Vanzetti, furono scelti i loro nomi, col tempo, quando ho preso parte ad eventi simili, venivano scelti i nomi di Angela Davis, di Nelson Mandela, di Che Guevara ed altri…
Posso capire l’ignoranza di quell’ informatore berlinese, ma non capisco come l’archivista degli anni ‘90 del secolo scorso non sia stato capace di correggere questo errore. Come quell’altro archivista, questa volta nell’archivio della Università Humboldt di Berlino, che aveva elencato la corrispondenza di un professore tedesco, amico di Tina Modotti, esiliato, come lei stessa, nel Messico. In quell’elenco si trovava “lettera del professore A.G. diretta alla polizia di sorveglianza degli stranieri” negli Stati Uniti. Leggendo questo, non volevo credere ai miei occhi! Il professore forse era stato informatore della polizia?
Anche in questo caso, la colpa era rappresentata da un errore di lingua. L’ archivista aveva letto “foreign policy” ed aveva capito “polizia”, senza sapere che si trattava, invece, del Comitato di Politica Estera del Congresso degli Stati Uniti.
Tante storie mi vengono in mente riordinando il mio archivio, e voglio sperare che, quando questo archivio aprirà, nessun visitatore vi troverà un mio errore linguistico o di storia. ☺
La malattia che ho chiamato “archivitis” l’ho contratta esattamente trentaquattro anni fa, quando ho cominciato a cercare in due continenti e sette paesi tracce della vita di Tina Modotti. Il risultato di sette anni di ricerche è stato oltre una biografia di Tina, pubblicata nel 1989, un archivio inaugurato nel 1992 nel centro interculturale delle donne di Berlino, il centro “S.U.S.I.” Quando, sei anni dopo, il centro ha dovuto traslocare e scegliere uno spazio più ristretto, l’archivio è rimasto orfano. Tutti i raccoglitori hanno trovato il loro posto in sacchi di plastica ammucchiati nella cantina della mia casa a Berlino.
L’anno scorso, il comune di Bonefro ha messo a mia disposizione uno spazio piccolo, ma bellissimo, nell’ex-convento, dove, se tutto va bene, voglio ri-aprire l’archivio nel mese d’agosto, quando saranno passati esattamente 120 anni dalla nascita di Tina.
In questi giorni, quando cerco di ri-ordinare il materiale dell’archivio, mi invadono i ricordi di tanti anni di ricerca, i ricordi delle visite a tanti archivi in tanti paesi. Come la visita all’Archivio di Stato di Roma dove, solo grazie all’aiuto poco ortodosso e forse poco legale di un collaboratore, ho potuto vedere il materiale che cercavo, senza dover riempire un mucchio di moduli di richieste e senza dover aspettare il permesso ufficiale della direzione. Avevo pochi giorni di tempo e pochi soldi per rimanere a Roma, ma quell’archivista ha capito il mio problema e ha fatto un gesto di solidarietà che non ho mai dimenticato, anche se non ricordo più il suo nome.
A Cuba, a La Havana, nell’ Archivio di Storia del Movimento Operaio Cubano, ho capito per la prima volta quanto fosse importante il lavoro di un archivista. In quell’archivio si trovavano sei lettere che Tina aveva ricevuto quando viveva in Messico. Le lettere erano scritte in italiano, ed insieme alle lettere ho trovato un foglio dove un archivista aveva scritto un elenco con i nomi dei mittenti. Fra questi nomi c’era un certo “Ben Bacioni”, e questo era un nome che mai avevo sentito o letto in relazione a Tina. Fui invasa da una specie di attacco di febbre: avevo trovato una nuova traccia? Uno scoop? Chi poteva essere quell’uomo? Leggendo la lettera ho potuto risolvere il mistero: la lettera era scritta dal fratello di Tina che viveva a Los Angeles e si chiamava Benvenuto, aveva firmato la lettera con “BEN” e prima del suo nome aveva scritto “BACIONI”. Sentii una specie di delusione, ma prima di tutto capii che un archivista non solo deve essere accurato e meticoloso, ma deve anche conoscere qualche lingua straniera…
Un archivista deve anche conoscere un po’ di storia. A Berlino, nell’Archivio Statale della Germania (nel frattempo unificata) ho trovato, cercando tracce di Tina in Germania, uno di quei libri che si tengono normalmente negli archivi e dove sono elencati, con poche parole, i materiali ed i nomi delle persone menzionate in ogni documento. Scorrendo questo elenco, con mia grandissima sorpresa, ho letto due nomi che conoscevo bene: Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti. Un anno prima di questa visita all’archivio ero stata a Boston, negli Stati Uniti, ed avevo conosciuto un uomo che era stato amico e compagno di questi due anarchici italiani, ingiustamente condannati a morte e ammazzati sulla sedia elettrica il 27 agosto 1927. Ma perché i loro nomi si trovavano in un documento che accennava ad un evento dell’anno 1930? Anche questo mistero ha trovato una spiegazione: l’evento era stata una riunione del Soccorso Rosso tedesco, organizzata a Berlino. Tra il pubblico deve esserci stata una spia, un informatore, e questa era stata la persona che aveva informato che “della presidenza della riunione facevano parte un certo Nicola Sacco ed un certo Bartolomeo Vanzetti”.
Posso capire che questo informatore non conoscesse l’usanza che si seguiva nelle riunioni dei partiti comunisti ed anche del Soccorso Rosso: quando si presentava la presidenza della riunione, si includevano per tradizione i nomi di qualche martire del movimento, e questa persona o queste persone erano considerati membri di onore della presidenza. Nel 1930, tre anni dopo l’uccisione di Sacco e Vanzetti, furono scelti i loro nomi, col tempo, quando ho preso parte ad eventi simili, venivano scelti i nomi di Angela Davis, di Nelson Mandela, di Che Guevara ed altri…
Posso capire l’ignoranza di quell’ informatore berlinese, ma non capisco come l’archivista degli anni ‘90 del secolo scorso non sia stato capace di correggere questo errore. Come quell’altro archivista, questa volta nell’archivio della Università Humboldt di Berlino, che aveva elencato la corrispondenza di un professore tedesco, amico di Tina Modotti, esiliato, come lei stessa, nel Messico. In quell’elenco si trovava “lettera del professore A.G. diretta alla polizia di sorveglianza degli stranieri” negli Stati Uniti. Leggendo questo, non volevo credere ai miei occhi! Il professore forse era stato informatore della polizia?
Anche in questo caso, la colpa era rappresentata da un errore di lingua. L’ archivista aveva letto “foreign policy” ed aveva capito “polizia”, senza sapere che si trattava, invece, del Comitato di Politica Estera del Congresso degli Stati Uniti.
Tante storie mi vengono in mente riordinando il mio archivio, e voglio sperare che, quando questo archivio aprirà, nessun visitatore vi troverà un mio errore linguistico o di storia. ☺
L'attività dell'archivista è interessante ma presenta vari gradi di difficoltà. Sulle tracce di Tina Madotti si sono intrecciate tante storie e diversi errori nella documentazione. Come la lettera del fratello, scritta in italiano, e attribuita ad un certo Ben Bacioni solo per la formula del saluto: "Bacioni, Ben". Che dire della presenza di Sacco e Vanzetti, uccisi nel 1927, e presenti ad una riunione del Soccorso Rosso del 1930 a Berlino?
La malattia che ho chiamato “archivitis” l’ho contratta esattamente trentaquattro anni fa, quando ho cominciato a cercare in due continenti e sette paesi tracce della vita di Tina Modotti. Il risultato di sette anni di ricerche è stato oltre una biografia di Tina, pubblicata nel 1989, un archivio inaugurato nel 1992 nel centro interculturale delle donne di Berlino, il centro “S.U.S.I.” Quando, sei anni dopo, il centro ha dovuto traslocare e scegliere uno spazio più ristretto, l’archivio è rimasto orfano. Tutti i raccoglitori hanno trovato il loro posto in sacchi di plastica ammucchiati nella cantina della mia casa a Berlino.
L’anno scorso, il comune di Bonefro ha messo a mia disposizione uno spazio piccolo, ma bellissimo, nell’ex-convento, dove, se tutto va bene, voglio ri-aprire l’archivio nel mese d’agosto, quando saranno passati esattamente 120 anni dalla nascita di Tina.
In questi giorni, quando cerco di ri-ordinare il materiale dell’archivio, mi invadono i ricordi di tanti anni di ricerca, i ricordi delle visite a tanti archivi in tanti paesi. Come la visita all’Archivio di Stato di Roma dove, solo grazie all’aiuto poco ortodosso e forse poco legale di un collaboratore, ho potuto vedere il materiale che cercavo, senza dover riempire un mucchio di moduli di richieste e senza dover aspettare il permesso ufficiale della direzione. Avevo pochi giorni di tempo e pochi soldi per rimanere a Roma, ma quell’archivista ha capito il mio problema e ha fatto un gesto di solidarietà che non ho mai dimenticato, anche se non ricordo più il suo nome.
A Cuba, a La Havana, nell’ Archivio di Storia del Movimento Operaio Cubano, ho capito per la prima volta quanto fosse importante il lavoro di un archivista. In quell’archivio si trovavano sei lettere che Tina aveva ricevuto quando viveva in Messico. Le lettere erano scritte in italiano, ed insieme alle lettere ho trovato un foglio dove un archivista aveva scritto un elenco con i nomi dei mittenti. Fra questi nomi c’era un certo “Ben Bacioni”, e questo era un nome che mai avevo sentito o letto in relazione a Tina. Fui invasa da una specie di attacco di febbre: avevo trovato una nuova traccia? Uno scoop? Chi poteva essere quell’uomo? Leggendo la lettera ho potuto risolvere il mistero: la lettera era scritta dal fratello di Tina che viveva a Los Angeles e si chiamava Benvenuto, aveva firmato la lettera con “BEN” e prima del suo nome aveva scritto “BACIONI”. Sentii una specie di delusione, ma prima di tutto capii che un archivista non solo deve essere accurato e meticoloso, ma deve anche conoscere qualche lingua straniera…
Un archivista deve anche conoscere un po’ di storia. A Berlino, nell’Archivio Statale della Germania (nel frattempo unificata) ho trovato, cercando tracce di Tina in Germania, uno di quei libri che si tengono normalmente negli archivi e dove sono elencati, con poche parole, i materiali ed i nomi delle persone menzionate in ogni documento. Scorrendo questo elenco, con mia grandissima sorpresa, ho letto due nomi che conoscevo bene: Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti. Un anno prima di questa visita all’archivio ero stata a Boston, negli Stati Uniti, ed avevo conosciuto un uomo che era stato amico e compagno di questi due anarchici italiani, ingiustamente condannati a morte e ammazzati sulla sedia elettrica il 27 agosto 1927. Ma perché i loro nomi si trovavano in un documento che accennava ad un evento dell’anno 1930? Anche questo mistero ha trovato una spiegazione: l’evento era stata una riunione del Soccorso Rosso tedesco, organizzata a Berlino. Tra il pubblico deve esserci stata una spia, un informatore, e questa era stata la persona che aveva informato che “della presidenza della riunione facevano parte un certo Nicola Sacco ed un certo Bartolomeo Vanzetti”.
Posso capire che questo informatore non conoscesse l’usanza che si seguiva nelle riunioni dei partiti comunisti ed anche del Soccorso Rosso: quando si presentava la presidenza della riunione, si includevano per tradizione i nomi di qualche martire del movimento, e questa persona o queste persone erano considerati membri di onore della presidenza. Nel 1930, tre anni dopo l’uccisione di Sacco e Vanzetti, furono scelti i loro nomi, col tempo, quando ho preso parte ad eventi simili, venivano scelti i nomi di Angela Davis, di Nelson Mandela, di Che Guevara ed altri…
Posso capire l’ignoranza di quell’ informatore berlinese, ma non capisco come l’archivista degli anni ‘90 del secolo scorso non sia stato capace di correggere questo errore. Come quell’altro archivista, questa volta nell’archivio della Università Humboldt di Berlino, che aveva elencato la corrispondenza di un professore tedesco, amico di Tina Modotti, esiliato, come lei stessa, nel Messico. In quell’elenco si trovava “lettera del professore A.G. diretta alla polizia di sorveglianza degli stranieri” negli Stati Uniti. Leggendo questo, non volevo credere ai miei occhi! Il professore forse era stato informatore della polizia?
Anche in questo caso, la colpa era rappresentata da un errore di lingua. L’ archivista aveva letto “foreign policy” ed aveva capito “polizia”, senza sapere che si trattava, invece, del Comitato di Politica Estera del Congresso degli Stati Uniti.
Tante storie mi vengono in mente riordinando il mio archivio, e voglio sperare che, quando questo archivio aprirà, nessun visitatore vi troverà un mio errore linguistico o di storia. ☺
[caption id="attachment_16559" align="alignleft" width="222"] Anonimo, Tina Modotti, S. Francisco 1918 ca.[/caption]
[ot-link url="http://www.comitatotinamodotti.it/tina.htm"]Per saperne di più su Tina Modotti, clicca qui[/ot-link]
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