Nicodemo: uscire dalla paura
5 Luglio 2014 Share

Nicodemo: uscire dalla paura

Tra i personaggi più emblematici e allo stesso tempo sorprendenti del Vangelo di Giovanni, c’è Nicodemo, un fariseo affascinato da Gesù, ma che non ha il coraggio di incontrarlo alla luce del sole e quindi va da lui di notte (3,2). Tra Gesù e Nicodemo si svolge un dialogo molto particolare, a tratti ironico, che rimane in sospeso senza nessuna spiegazione. Dopo un primo scambio serrato di parole, infatti, Gesù fa un lungo discorso (3,10-21) che riguarda la sua missione, le due possibili risposte degli uomini alla sua presenza: una positiva e l’altra negativa. Inspiegabilmente, subito dopo Gesù si sposta altrove senza nessun altro accenno a Nicodemo. In realtà questo personaggio non scompare, perché lo ritroviamo in altri momenti del vangelo, ed è proprio attraverso questi accenni che comprendiamo la complessità ma anche la grandezza di Nicodemo che passa da un’adesione timorosa a Gesù ad un’accoglienza piena e alla luce del sole. Il nome stesso del personaggio ha una valenza simbolica, in quanto può significare: colui che vince tra il popolo oppure: il popolo vincitore.

Il fariseo Nicodemo rappresenta quella parte del popolo giudaico che passa da un’accoglienza dubbiosa e ambigua ad una convinta adesione a Gesù come messia e salvatore. L’oggetto del dialogo tra lui e Gesù, infatti, riguarda proprio il rapporto tra Gesù e Dio: Nicodemo lo riconosce come maestro che insegna la legge di Mosè e opera dei segni; Gesù invece gli fa capire che è più di tutto questo, perché è il segno della presenza attiva di un Dio che ama fino a dare la vita. Il paragone con il serpente innalzato da Mosè nel deserto fa capire che Gesù è più grande di tutto ciò che Mosè rappresenta e della legge stessa che è stata rivelata attraverso di lui. Di fronte a questa rivelazione si è chiamati a scegliere e Gesù dice chiaramente a Nicodemo che non può continuare a rimanere nella notte, ma deve uscire alla luce del sole e accogliere Gesù come ultima e definitiva parola di Dio: “Chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio” (3,21). Nicodemo non risponde a quest’ultimo appello e scompare nell’ombra mentre Gesù va altrove. Il seguito del vangelo ci fa capire che Nicodemo non ha avuto ancora il coraggio di fare questa scelta, perché è troppo legato alle sue radici, al senso di appartenenza alle convinzioni della gente a cui appartiene, anche se mantiene un atteggiamento di apertura nei confronti di Gesù. Quando, infatti, i suoi colleghi del Sinedrio accuseranno Gesù di essere un maledetto, Nicodemo proverà a prendere le sue difese, dicendo che va giudicato in modo corretto, ma verrà messo a tacere in malo modo: “Sei forse anche tu della Galilea? Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea” (7,52). Anche in questo caso, Nicodemo si ritira nell’ombra; ha tentato di prendere le difese di Gesù ma ha prevalso forse la paura o comunque il tornaconto, l’interesse a restare nel gruppo, anche se in palese contrasto con le proprie convinzioni profonde.

La sorpresa arriva verso la fine del vangelo, quando Gesù è già morto ma è ancora sulla croce. Accanto a Giuseppe di Arimatea che chiede a Pilato il corpo di Gesù, troviamo infatti Nicodemo che porta una quantità enorme di unguenti per la sepoltura, come se stesse per seppellire un re (19,38-42). Il momento è significativo in quanto sta per iniziare la Pasqua e, secondo la legge ebraica, chi seppellisce un morto non può celebrare la Pasqua perché è impuro, Inoltre la morte di Gesù è avvenuta in pieno giorno e quindi Nicodemo sceglie apertamente di non celebrare la festa più importante, mostrando di tenere più a Gesù che alla sua appartenenza religiosa. Da un interessamento timoroso, Nicodemo giunge ad un’adesione piena a quel Gesù che è diventato ormai discriminante per l’appartenenza religiosa ebraica. Il vangelo di Giovanni, infatti, è stato scritto in un momento storico (fine I secolo) in cui l’ebraismo fa quadrato, si ricostituisce su nuove basi dopo la distruzione del Tempio (70 d. C.) e vengono esclusi quei gruppi marginali che non accettano tutte le regole della legge giudaica, tra cui i cristiani.

Il messaggio del vangelo è chiaro: accogliere Gesù significa anche mettere in discussione la propria identità religiosa, sociale e politica, magari rischiando di diventare (come in effetti è avvenuto) anche oggetto di persecuzione di un’autorità romana che, mentre riconosceva l’ebraismo accettando che non aderisse al culto ufficiale dell’ imperatore, non tollerava gruppi non più ebrei i quali, poiché non sacrificavano all’ imperatore, passavano per traditori dello Stato (di questo ci parla l’Apocalisse, scritta nella stessa epoca). Nicodemo, alla fine del vangelo, incarnando proprio quei cristiani giudei coraggiosi, fa la scelta di seguire Gesù anche a costo della propria vita o della propria posizione sociale.

Uscito dalla notte della paura, questo personaggio simboleggia tutti coloro che nella storia hanno lottato per la giustizia, magari dopo un primo tentennamento e hanno saputo affrontare con coraggio le conseguenze delle loro scelte controcorrente. Oscar Romero tra tutti ha incarnato pienamente la figura di Nicodemo: da uomo di chiesa allineato con il potere oppressivo di dittatori “devoti” è diventato martire della giustizia per aver scelto i poveri e i perseguitati anziché nascondersi dietro il paravento dei riti sacri. ☺

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