overdose
19 Aprile 2010 Share

overdose

 

Domenica 10 Dicembre ad Agnone si è svolta una fiaccolata, per le vie del paese, in memoria di Giuseppe, un giovane di 22 anni morto di overdose in casa. Al termine della fiaccolata un momento di riflessione nella cattedrale gremita di persone attonite. Padre Giorgio, parroco del giovane, richiama tutti all’importanza del momento, al coraggio delle scelte, al desiderio di prevenire tali situazioni, il tutto senza giudicare chi non vuole impegnarsi. Anche io, insieme ai  ragazzi della comunità il noce di Termoli, Gianpaolo, Monica, Marianna, Ezio ed alla operatrice Maria Grazia, invitati da Don Alberto Conti, abbiamo espresso la nostra solidarietà alla famiglia ed in particolare a Francesca, la giovane madre di Giuseppe. L’emozione della fiaccolata ed il silenzio in chiesa ci davano lo spessore del dolore della morte di un figlio giovanissimo. Nel contempo abbiamo provato una grande serenità nel raccontare le nostre storie, i nostri lutti e le nostre fatiche nel coinvolgere, lottare, sperare. Parole poche, ma cariche di una intensità profonda. Attorno a noi lacrime, silenzi partecipi ed applausi spontanei, espressione di un desiderio di riscatto per una assenza, riempita, almeno  per pochi attimi, dalla presenza di altri giovani come Giuseppe.

Le parole che esprimevano l’impotenza di Francesca ed il suo abbraccio  ai ragazzi del Noce sono state le cose più commoventi. Abbiamo pianto tutti, almeno dentro, ma l’an-goscia non ci ha pervaso. Avremmo voluto dire di più, ma quando comprendi che è doveroso “il parlare essenziale per lasciare spazio al silenzio”, allora una pace ti raggiunge. “Abitare il dolore” è stato forse  il risultato della nostra testimonianza fatta di parole che come pietre si lasciano cadere lentamente in uno stagno alterandone l’equilibrio, ma non la quiete. Perché è morto Giuseppe? Dai racconti della mamma Giuseppe aveva usato sostanze sin da adolescente e viveva con esuberanza e vivacità la sua giovinezza, ma dentro soffriva a tal punto da decidere di domenica, ad ora di pranzo di iniettarsi una dose di eroina. Perché così? Perché in casa a quell’ora quando comunque si sarebbero resi conto? Giuseppe lancia un messaggio al mondo adulto: non giudicate dalle apparenze! Anche noi giovani viviamo, forse con superficialità, ma soffriamo per una vita priva di senso. La mamma ci racconta degli interrogativi che si addensano nella mente: forse se avessimo capito, ascoltato, se avessi colto i segnali di disagio. Guardandoci negli occhi dopo aver ripreso il cammino di ritorno, abbiamo pensato tutti la stessa cosa: Giuseppe ha sottovalutato la vita, le sostanze, perfino la morte, sfidandola così come aveva fatto sempre con la sua esistenza e forse, non è stato possibile seguire la famiglia nel modo giusto. I ragazzi in macchina sono provati, commossi, ma proviamo a scherzare per rendere vivibile il clima. Ci è venuta una gran voglia di parlare, di stare davvero insieme. Forse è questo l’insegnamento più autentico di questa giornata: vivere una vita ricca di volti da guardare, da ascoltare, da amare. Siamo smarriti, ma avvertiamo il bisogno di scaldarci per continuare a vivere. Con la famiglia ci siamo scambiati i numeri, verranno a trovarci in comunità. Siamo entrati nel dolore di una comunità, di una famiglia e ne abbiamo avvertito l’onore e la responsabilità, ma anche la gioia per la piccola consolazione offerta e per la grande dignità ricevuta. La tentazione dell’efficienza avrebbe suggerito di proporre interventi di prevenzione, la lettura del territorio, l’apertura di centri di ascolto, la costituzione di associazioni, ma la morte di Giuseppe ha lasciato un dolore profondo come il solco che l’aratro incide sulla terra. Oggi è la giornata della testimonianza ovvero della semina. Ed il raccolto?

Quando la comunità si prenderà cura dei propri figli? quando ci impegneremo non per riordinarla, non per rifarla su nostra misura, ma per amarla? per amare anche quello che non siamo capaci di accettare, anche quello che ci sembra non amabile. ☺

 

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