voci al tramonto (recensione)
31 Maggio 2010 Share

voci al tramonto (recensione)

 

Conciliare la fragilità e la tenacia: questa l’essenzialità del messaggio che si ricava da Voci al tramonto, di Maria Gargotta, edizioni Guida. Storia di una relazione, quella di una figlia e della propria madre, rivissuta dalla seconda protagonista, la figlia, sul filo del ricordo, con gli occhi di bambina che scopre l’inconsapevole assenza della madre, con l’animo di adolescente che tenta prepotentemente di confrontarsi e contemporaneamente prendere le distanze dalla figura materna, col corpo di donna che, per salvarsi, fa forza proprio sul sentimento d’amore. Vivendolo con innocenza, ingenuità e passione, anche se nessuno glielo ha mai insegnato.

Accusa e perdono si rincorrono, in un gioco di mediazione dei contrasti richiesto dalla sofferenza fisica della madre, dall’urgenza esistenziale della figlia che desidera rintracciare per se stessa, oltre che per Tatiana, e prima che sia troppo tardi, i motivi di contrasti mai risolti.

La sensazione che se ne ricava è quella del confronto, non dialogo, di due sofferenze, quella fisica di una madre, quella esistenziale di una figlia assetata di tenerezza.

La riconciliazione con se stessa e con la propria storia giunge alla fine di un percorso faticoso, iniziato con l’accoglienza della fragilità e del limite, con la rimozione di paure e insicurezze.

 Solo allora le voci di madre e figlia si incontreranno; solo allora l’esistenza apparirà ad entrambe più pacifica, non pacificata.

Si legge tutto d’un fiato questo lungo racconto sapientemente giocato tra passato e presente. A catturare il lettore un linguaggio audace, impietoso, e insieme lirico, che suggerisce inquietanti domande e liberatorie soluzioni ☺

Annamaria Mastropietro

 

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