spudoratezza
19 Febbraio 2010 Share

spudoratezza

“Se sono gli avvoltoi a guidare il popolo, la meta non può che essere un asino morto”. Questo antico proverbio africano sintetizza la drammatica situazione che stiamo vivendo: a livello locale, nazionale e internazionale.

Copenhagen è stato un fallimento perché i Paesi industrializzati non si sono impegnati seriamente per ridurre le emissioni che alterano in modo irreversibile il clima. “L’umanità – ha annotato Leonardo Boff – è penetrata in uno spazio di tenebre e di orrore. Stiamo andando incontro al disastro”. Non essendo sufficienti i danni che arrechiamo alla natura è sopraggiunto anche il terremoto a sconquassare Haiti in modo indicibile. Ho il fondato timore che neppure quelle scene, uniche nella loro drammaticità, basteranno a farci impostare relazioni nuove con i paesi in via di sviluppo, come eufemisticamente li chiamiamo.

Berlusconi col volto debitamente piagato si è mostrato alle sue televisioni per farci quisquigliare sul partito dell’amore e quello dell’odio; e così la politica è uscita dalla sfera della ragione per naufragare nel sentimento. A tal punto che sono bastati dieci anni per far dimenticare tangenti, conti esteri e capitali mai restituiti, insomma le malefatte di Craxi, per farne uno statista morto in esilio, anziché un condannato scappato all’estero per non pagare i conti con la giustizia. D’altronde il suo degno erede e successore sulla scena politica ci si proclama già da vivo. Santi subito, l’importante è che non ci siano processi (nemmeno quelli di beatificazione!). Premesso che è un gesto deprecabile, una domanda mi tormenta: se Tartaglia, anziché scagliare la riproduzione del duomo di Milano, avesse sferrato al premier un solenne calcio nel sedere, Berlusconi avrebbe mostrato le natiche urbi et orbi?

Intanto sono proprio i lavoratori a ricevere pedate senza che la politica ne risenta minimamente, trascinata a discutere di giustizia e salvacondotti. È pur vero che in parlamento non ce li abbiamo mandati noi; vi ristagnano grazie al perverso sistema elettorale che essi stessi criticano, guardandosi bene dal cambiarlo. Un po’ di pudore non guasterebbe! La Gelmini ha disastrato la scuola mandando a casa persone colpevoli di fare bene il loro lavoro, e ora che è incinta non vuole che la sua prole si ritrovi con oltre il 30% di stranieri in classe. Brunetta, non essendo all’altezza, vuole abbassare la Costituzione; testualmente dice: “Stabilire che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro non significa assolutamente nulla. La riforma della Costituzione non dovrà riguardare solo la seconda parte della Carta ma anche la prima. A partire dall’articolo 1” (2 gennaio 2010). Il duo Berlusconi-Tremonti da oltre un anno fa a gara a chi si contraddice con maggiore spudoratezza. Ci hanno ripetuto all’infinito che la crisi non c’è, anzi l’abbiamo superata meglio e prima delle altre nazioni; che possiamo togliere le tasse o forse no, non è il momento; che è in atto un forte rilancio economico.

Le bugie che ci propinano si scontrano con un dato incontrovertibile in continua ascesa: licenziamenti e disoccupazione. Se i lavoratori più organizzati riescono a far sentire la loro voce e il loro dramma, sui più cala una cortina di silenzio indecente. La soglia di povertà cresce paurosamente, molte famiglie sono sul lastrico e segnali di uscita dalla crisi non se ne vedono. La guerra tra poveri rischia di avere come vittime designate gli immigrati sfruttati, disprezzati e scacciati. Ogni volta che vedo persone umane abitare luoghi non idonei neppure per le bestie, come accade in tante Rosarno d’Italia, mi chiedo: ma i cristiani che abitano quella parrocchia come hanno potuto non vedere? È possibile rendere culto a Dio e nel contempo bestemmiarlo in modo così eclatante e imperdonabile? Non è evangelico fare buone azioni e preparare pacchi dono quando il problema è strutturale. Da perfetto leghista il ministro Maroni, con le ruspe, ha risolto il problema alla ‘ndrangheta che aveva deciso di sbarazzarsi di persone ormai scomode in quanto non più convenienti alla raccolta degli agrumi. Lo sciopero del primo marzo degli immigrati che lavorano in Italia può essere un buon punto di partenza per far aprire gli occhi a tutti i razzisti che credono che gli extracomunitari vengono a togliere lavoro o peggio che sono tutti delinquenti.

Nel Molise le cose non vanno assolutamente meglio, come documentiamo in queste pagine. Il presidente della giunta regionale in mezzo a tanta crisi ha creato due nuovi posti di lavoro portando gli assessori esterni da sei a otto! E Nicola Romagnuolo, che ormai vedeva a rischio il ruolo di sub commissario per la ricostruzione, può fare sonni tranquilli su uno scranno del consiglio regionale. Anche il sindaco di Casacalenda con la sua giunta, speculando sulla disperazione di chi è senza lavoro, continua a promettere posti a iosa, proprio lui che lo ha trovato facendo il primo cittadino. Di certo ritardando colpevolmente e inspiegabilmente l’apertura della casa di riposo sta mettendo a rischio il futuro di sette operatori e delle loro famiglie.

Forse non è superfluo ribadire che il lavoro è un diritto, non una concessione clientelare del signorotto di turno; che non può essere considerato come semplice merce o elemento impersonale dell’organizzazione produttiva; che il lavoro è superiore ad ogni altro fattore di produzione; che il lavoro ha una priorità intrinseca rispetto al capitale. Questo dovrebbero saperlo bene gli avvoltoi, ma anche il popolo che si lascia guidare.☺ 

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