Avevo premesso alla mia conversazione sul libro di Loredana Alberti, Dialoghi di un anno con il testimone, parole di Marina Cvetaeva, che poi non ho letto la sera del 5 maggio in occasione della performance della stessa Loredana insieme alla musicista Fiorella Petrònici; l’atmosfera era così magica, Loredana e Fiorella così straordinarie e contemporanee, che sarebbe stato inopportuno e inutile.
Ma voglio scrivere ora queste parole, perché mi sembra che offrano una delle tante ragioni per leggere “Dialoghi” di L.A. e ascoltare il cd allegato al libro, Oratorio su Dialoghi di Fiorella Petrònici: “Non amare un’opera è, in primo luogo, non riconoscerla: non riconoscere in lei il già noto. La prima causa del rifiuto di un’opera è l’imprepa- razione a quell’opera (…). – Non vedo nulla in questo quadro e per questo non voglio guardarlo – e per vedere, invece, bisogna proprio guardare, per scorgere bisogna fissare a lungo (…) Non concedo a nessuno il diritto di giudicare i poeti (…), soltanto i poeti sanno, ma loro non giudicano mai” (Il poeta e il tempo, Marina Cvetaeva, edizioni Adelphi, Mi, 1984).
Dialoghi, come la performance del 5 maggio al Caffè Letterario del Dopolavoro Ferroviario (al primo binario, una location molto out, uno spazio storico aperto e a suo modo allegro e alternativo), sono stati un “continuo accumulo di sorprese” (Roberto Roversi da “Il grido”, postfazione a “Dialoghi”): i testi intensi e molto contemporanei, sottolineati e re-interpretati da una seconda scrittura, quella musicale, intesa da Fiorella come traccia, anche molto straniante e seduttiva, dei componimenti poetici.
Una operazione suggestiva e coinvolgente, soprattutto in una comunità come la nostra che fa fatica a risollevarsi dal silenzio di decenni, dopo la grande stagione dei “movimenti”, quando eravamo in tantissime a far sentire la nostra testarda volontà di cambiamento, di innovazione; quando provammo, e ci riuscimmo, a incidere sulle istituzioni, sulla sanità e la partecipazione alla politica, sull’organizzazione del sapere, della fruizione culturale, sui canoni ormai superati che a scuola non aggregavano, non coinvolgevano, non suscitavano interesse.
Attraverso Per Amelia – dear girl, Dafne – dell’inquietudine, Cleopatra, Africa, Il pianto di Antigone, Io adesso sono Palestina, e poi Passioni, La lettera perduta, Il 15 novembre del ’93 (da Oratorio su dialoghi) abbiamo avuto l’occasione di ascoltare due coraggiose protagoniste dei movimenti degli anni settanta e ottanta, donne che ancora oggi continuano con energia e ricerca formale sempre più raffinata il loro percorso iniziato in quella straordinaria stagione nella quale nasce Il Teatro del Guerriero, fondato a Bologna da Fiorella Petrònici.
Nel 1979 ha inizio la collaborazione artistica mai più interrotta tra Fiorella e Loredana, indirizzata fin da allora alla ricerca di interazione tra testo poetico-voce e linguaggio musicale. Nascono da questa intesa profonda opere come Assolo per donna bianca, Mixage, Genesi di un massacro, Passioni e molte altre.
Loredana dice di sé e di Fiorella: “Eravamo-siamo un binomio perfetto, due donne, primo esempio di teatropoesiamusica in Europa. Anni dopo Amelia Rosselli ci consigliava: – Dovete girare, siete uniche! – Lo diceva con voce dolce ma sicura a Fiorella, affermando che le provocavo le stesse emozioni di Juliette Greco”.
In Molise Loredana e Fiorella hanno lavorato, tra l’altro, su un progetto, Le sfollate, che poi non è stato mai finanziato (!), la storia del Campo di concentramento di Casacalenda, storia ritrovata “con le sue piccole grandi offese alla dignità umana, pietra preziosa riemersa da una stanza polverosa e piena di faldoni, accuratamente studiata e amata dall’autrice – L.A. – fin dal lontano 1984. La sorte di queste donne ha avuto una seconda beffa, quando, commissionato da Rai Tre nel contenitore de “La macchina del tempo”, essendo cambiato il direttore di rete, ad una settimana dal primo ciak, il progetto si fermò, fu sepolto”.
È per tutto questo che sento di avere vissuto un’espe- rienza molto stimolante, esserci in una serata particolarissima, lucente di energia positiva e di bellezza, di passioni, di disperazione, di inquietudini, di percorsi sonori inaspettati, di tensione e testimonianza politica.
È per tutto questo che, a conclusione della mia ri-lettura della partitura poetica di Dialoghi di un anno con il testimone, ho sentito di dover dedicare la serata del 5 maggio a Gheorghe Radu, bracciante agricolo rumeno di 35 anni, morto di lavoro in Molise il 29 luglio 2008. ☺
bizzarra48@yahoo.it
Avevo premesso alla mia conversazione sul libro di Loredana Alberti, Dialoghi di un anno con il testimone, parole di Marina Cvetaeva, che poi non ho letto la sera del 5 maggio in occasione della performance della stessa Loredana insieme alla musicista Fiorella Petrònici; l’atmosfera era così magica, Loredana e Fiorella così straordinarie e contemporanee, che sarebbe stato inopportuno e inutile.
Ma voglio scrivere ora queste parole, perché mi sembra che offrano una delle tante ragioni per leggere “Dialoghi” di L.A. e ascoltare il cd allegato al libro, Oratorio su Dialoghi di Fiorella Petrònici: “Non amare un’opera è, in primo luogo, non riconoscerla: non riconoscere in lei il già noto. La prima causa del rifiuto di un’opera è l’imprepa- razione a quell’opera (…). – Non vedo nulla in questo quadro e per questo non voglio guardarlo – e per vedere, invece, bisogna proprio guardare, per scorgere bisogna fissare a lungo (…) Non concedo a nessuno il diritto di giudicare i poeti (…), soltanto i poeti sanno, ma loro non giudicano mai” (Il poeta e il tempo, Marina Cvetaeva, edizioni Adelphi, Mi, 1984).
Dialoghi, come la performance del 5 maggio al Caffè Letterario del Dopolavoro Ferroviario (al primo binario, una location molto out, uno spazio storico aperto e a suo modo allegro e alternativo), sono stati un “continuo accumulo di sorprese” (Roberto Roversi da “Il grido”, postfazione a “Dialoghi”): i testi intensi e molto contemporanei, sottolineati e re-interpretati da una seconda scrittura, quella musicale, intesa da Fiorella come traccia, anche molto straniante e seduttiva, dei componimenti poetici.
Una operazione suggestiva e coinvolgente, soprattutto in una comunità come la nostra che fa fatica a risollevarsi dal silenzio di decenni, dopo la grande stagione dei “movimenti”, quando eravamo in tantissime a far sentire la nostra testarda volontà di cambiamento, di innovazione; quando provammo, e ci riuscimmo, a incidere sulle istituzioni, sulla sanità e la partecipazione alla politica, sull’organizzazione del sapere, della fruizione culturale, sui canoni ormai superati che a scuola non aggregavano, non coinvolgevano, non suscitavano interesse.
Attraverso Per Amelia – dear girl, Dafne – dell’inquietudine, Cleopatra, Africa, Il pianto di Antigone, Io adesso sono Palestina, e poi Passioni, La lettera perduta, Il 15 novembre del ’93 (da Oratorio su dialoghi) abbiamo avuto l’occasione di ascoltare due coraggiose protagoniste dei movimenti degli anni settanta e ottanta, donne che ancora oggi continuano con energia e ricerca formale sempre più raffinata il loro percorso iniziato in quella straordinaria stagione nella quale nasce Il Teatro del Guerriero, fondato a Bologna da Fiorella Petrònici.
Nel 1979 ha inizio la collaborazione artistica mai più interrotta tra Fiorella e Loredana, indirizzata fin da allora alla ricerca di interazione tra testo poetico-voce e linguaggio musicale. Nascono da questa intesa profonda opere come Assolo per donna bianca, Mixage, Genesi di un massacro, Passioni e molte altre.
Loredana dice di sé e di Fiorella: “Eravamo-siamo un binomio perfetto, due donne, primo esempio di teatropoesiamusica in Europa. Anni dopo Amelia Rosselli ci consigliava: – Dovete girare, siete uniche! – Lo diceva con voce dolce ma sicura a Fiorella, affermando che le provocavo le stesse emozioni di Juliette Greco”.
In Molise Loredana e Fiorella hanno lavorato, tra l’altro, su un progetto, Le sfollate, che poi non è stato mai finanziato (!), la storia del Campo di concentramento di Casacalenda, storia ritrovata “con le sue piccole grandi offese alla dignità umana, pietra preziosa riemersa da una stanza polverosa e piena di faldoni, accuratamente studiata e amata dall’autrice – L.A. – fin dal lontano 1984. La sorte di queste donne ha avuto una seconda beffa, quando, commissionato da Rai Tre nel contenitore de “La macchina del tempo”, essendo cambiato il direttore di rete, ad una settimana dal primo ciak, il progetto si fermò, fu sepolto”.
È per tutto questo che sento di avere vissuto un’espe- rienza molto stimolante, esserci in una serata particolarissima, lucente di energia positiva e di bellezza, di passioni, di disperazione, di inquietudini, di percorsi sonori inaspettati, di tensione e testimonianza politica.
È per tutto questo che, a conclusione della mia ri-lettura della partitura poetica di Dialoghi di un anno con il testimone, ho sentito di dover dedicare la serata del 5 maggio a Gheorghe Radu, bracciante agricolo rumeno di 35 anni, morto di lavoro in Molise il 29 luglio 2008. ☺
Avevo premesso alla mia conversazione sul libro di Loredana Alberti, Dialoghi di un anno con il testimone, parole di Marina Cvetaeva, che poi non ho letto la sera del 5 maggio in occasione della performance della stessa Loredana insieme alla musicista Fiorella Petrònici; l’atmosfera era così magica, Loredana e Fiorella così straordinarie e contemporanee, che sarebbe stato inopportuno e inutile.
Ma voglio scrivere ora queste parole, perché mi sembra che offrano una delle tante ragioni per leggere “Dialoghi” di L.A. e ascoltare il cd allegato al libro, Oratorio su Dialoghi di Fiorella Petrònici: “Non amare un’opera è, in primo luogo, non riconoscerla: non riconoscere in lei il già noto. La prima causa del rifiuto di un’opera è l’imprepa- razione a quell’opera (…). – Non vedo nulla in questo quadro e per questo non voglio guardarlo – e per vedere, invece, bisogna proprio guardare, per scorgere bisogna fissare a lungo (…) Non concedo a nessuno il diritto di giudicare i poeti (…), soltanto i poeti sanno, ma loro non giudicano mai” (Il poeta e il tempo, Marina Cvetaeva, edizioni Adelphi, Mi, 1984).
Dialoghi, come la performance del 5 maggio al Caffè Letterario del Dopolavoro Ferroviario (al primo binario, una location molto out, uno spazio storico aperto e a suo modo allegro e alternativo), sono stati un “continuo accumulo di sorprese” (Roberto Roversi da “Il grido”, postfazione a “Dialoghi”): i testi intensi e molto contemporanei, sottolineati e re-interpretati da una seconda scrittura, quella musicale, intesa da Fiorella come traccia, anche molto straniante e seduttiva, dei componimenti poetici.
Una operazione suggestiva e coinvolgente, soprattutto in una comunità come la nostra che fa fatica a risollevarsi dal silenzio di decenni, dopo la grande stagione dei “movimenti”, quando eravamo in tantissime a far sentire la nostra testarda volontà di cambiamento, di innovazione; quando provammo, e ci riuscimmo, a incidere sulle istituzioni, sulla sanità e la partecipazione alla politica, sull’organizzazione del sapere, della fruizione culturale, sui canoni ormai superati che a scuola non aggregavano, non coinvolgevano, non suscitavano interesse.
Attraverso Per Amelia – dear girl, Dafne – dell’inquietudine, Cleopatra, Africa, Il pianto di Antigone, Io adesso sono Palestina, e poi Passioni, La lettera perduta, Il 15 novembre del ’93 (da Oratorio su dialoghi) abbiamo avuto l’occasione di ascoltare due coraggiose protagoniste dei movimenti degli anni settanta e ottanta, donne che ancora oggi continuano con energia e ricerca formale sempre più raffinata il loro percorso iniziato in quella straordinaria stagione nella quale nasce Il Teatro del Guerriero, fondato a Bologna da Fiorella Petrònici.
Nel 1979 ha inizio la collaborazione artistica mai più interrotta tra Fiorella e Loredana, indirizzata fin da allora alla ricerca di interazione tra testo poetico-voce e linguaggio musicale. Nascono da questa intesa profonda opere come Assolo per donna bianca, Mixage, Genesi di un massacro, Passioni e molte altre.
Loredana dice di sé e di Fiorella: “Eravamo-siamo un binomio perfetto, due donne, primo esempio di teatropoesiamusica in Europa. Anni dopo Amelia Rosselli ci consigliava: – Dovete girare, siete uniche! – Lo diceva con voce dolce ma sicura a Fiorella, affermando che le provocavo le stesse emozioni di Juliette Greco”.
In Molise Loredana e Fiorella hanno lavorato, tra l’altro, su un progetto, Le sfollate, che poi non è stato mai finanziato (!), la storia del Campo di concentramento di Casacalenda, storia ritrovata “con le sue piccole grandi offese alla dignità umana, pietra preziosa riemersa da una stanza polverosa e piena di faldoni, accuratamente studiata e amata dall’autrice – L.A. – fin dal lontano 1984. La sorte di queste donne ha avuto una seconda beffa, quando, commissionato da Rai Tre nel contenitore de “La macchina del tempo”, essendo cambiato il direttore di rete, ad una settimana dal primo ciak, il progetto si fermò, fu sepolto”.
È per tutto questo che sento di avere vissuto un’espe- rienza molto stimolante, esserci in una serata particolarissima, lucente di energia positiva e di bellezza, di passioni, di disperazione, di inquietudini, di percorsi sonori inaspettati, di tensione e testimonianza politica.
È per tutto questo che, a conclusione della mia ri-lettura della partitura poetica di Dialoghi di un anno con il testimone, ho sentito di dover dedicare la serata del 5 maggio a Gheorghe Radu, bracciante agricolo rumeno di 35 anni, morto di lavoro in Molise il 29 luglio 2008. ☺
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