un fiore dell’inverno   di Gildo Giannotti
2 Febbraio 2013 Share

un fiore dell’inverno di Gildo Giannotti

 

Tra le poche piante da fiore che rallegrano il giardino durante l’inverno             vi è l’elleboro. Si tratta di una pianta erbacea perenne, appartenente alla famiglia delle Ranuncolacee, molto rustica, tanto che sopporta egregiamente il freddo. E infatti quando è il gelo a farla da padrone, con neve o venti freddi di tramontana, l’elleboro resta chiuso in se stesso, mantenendo i suoi boccioli stretti nella propria essenza globosa. La fioritura, molto durevole, inizia a metà dicembre e si protrae sino a marzo. È inoltre facile da coltivare; teme solo i ristagni d’acqua.

Tra gli ellebori più belli, tutti reperibili nei più forniti garden center, ricordiamo:

– Helleborus niger, l’elleboro nero, caratterizzato in realtà da fiori bianchi e comunemente conosciuto come «rosa di Natale». Questa curiosa denominazione si può spiegare sia con il fatto che la sua fioritura coincide con il solstizio invernale, sia con la leggenda cristiana della pastorella che, vedendo i magnifici doni dei Magi e disperandosi di non avere nulla da offrire, avrebbe donato a Gesù bambino questi fiori bianchi dalle antere dorate;

– Helleborus orientalis, l’elleboro orientale, da cui sono derivate numerose varietà e ibridi, che stanno riscuotendo grande interesse tra gli appassionati di queste piante per la bellezza dei loro fiori di colore bianco, verde-giallino, rosa, bianco-porpora.

Ma quello che mi ha ispirato a trattare questa pianta è un esemplare, nel massimo splendore proprio in questo periodo, che cresce spontaneo nel nostro territorio. Lo possiamo infatti ammirare in tutta la sua bellezza ai margini del bosco Difesa. È precisamente l’Helleborus foetidus (elleboro puzzolente) noto anche col nome di «cavolo di lupo»; le foglie, sempreverdi e composte da eleganti foglioline, emanano infatti un odore poco gradevole. Presenta dei fiori penduli giallo-verde o verde chiaro bordati di porpora, di circa 2-2,5 cm di diametro (si vedono nelle foto), che compaiono da gennaio ad aprile, in leggero ritardo rispetto alle altre varietà.

Tutti gli ellebori sono velenosi perché ricchi di glicosidi, tra i quali l’elleborina, la cui azione danneggia gravemente il muscolo cardiaco. Contengono inoltre saponine e protoanemonina, altre sostanze tossiche, che provocano una sindrome gastrointestinale violenta, convulsioni, delirio, collasso e morte. Già gli antichi erano a conoscenza del fatto che si tratta di una pianta altamente tossica. Pausania narra nel decimo libro della Guida della Grecia che, mentre i Cirresi stavano assediando Atene, Solone consigliò di gettare dell’ elleboro in un fiumiciattolo da cui i nemici attingevano l’acqua. Grazie allo stratagemma i Cirresi furono colpiti da una dissenteria così grave che li obbligò a desistere dall’assedio.

Ma proprio in virtù delle sue proprietà narcotiche, l’elleboro può essere usato nelle dosi prescritte e sotto controllo medico per calmare chi è in preda ad attacchi epilettici o a crisi di nervi. Per questo motivo, attorno a questa pianta sono nate innumerevoli leggende.

In una favola si racconta che un pastore di nome Melampo, che era nello stesso tempo medico ed indovino, avendo osservato che l’elleboro era in grado di purificare dalle malattie il proprio gregge, pensò di utilizzarlo come medicamento anche nelle malattie degli uomini. Poté guarire, con questa medicina “miracolosa”, la pazzia che aveva colpito le figlie di Preto, re di Argo, che credevano di essere state tramutate in vacche: mescolò l’elleboro all’acqua della fonte dov’erano solite bere, guarendole. In questo modo meritò il titolo onorifico di “Purgatore”, ottenne la fede nuziale di una di loro e una parte del regno di Argo. Da allora la piantina venne ritenuta nei secoli un efficace rimedio contro le malattie mentali. Grazie a questa credenza il fiore avrebbe evocato il modo di dire proverbiale «ha bisogno dell’elleboro» per indicare un matto. Si tramanda che anche l’imperatrice Agrippina preparasse delle insalate di elleboro per il figlio Nerone, per curarne le stravaganze.

In Toscana, secondo un’antica tradizione contadina, l’elleboro viene osservato attentamente perché lo si considera un ottimo oroscopo per l’agricoltura. Il raccolto sarà abbondante se ha quattro ciuffi fiorali, mediocre con tre, pessimo con due. ☺

giannotti.gildo@gmail.com

 

eoc

eoc